“No vax, termine sommario e frettoloso che etichetta coloro che esprimono perplessità sull’attuale campagna anti covid”. Lo scrive, in una lettera aperta inviata ai giornali, il giornalista e alpinista Stefano Sciandra.
Covid, Imperia: lettera aperta di Stefano Sciandra
Da atleta, giornalista e comune cittadino, desidero da tempo esprimere la mia opinione sull’argomento. Ascolto quotidianamente frasi preconfezionate, pronunciate da professionisti del Settore che riducono un atteggiamento prudente e critico a un mero pregiudizio. Una delle più gettonate è la classica: ‘Chi esprime dubbi è perché non ha vissuto sulla propria pelle la pandemia’.
Al riguardo posso dire, purtroppo, di aver pagato un prezzo molto alto, avendo perso il 15 aprile del 2020 mio Padre Romano, deceduto a causa del virus contratto nel corso della drammatica situazione creatasi nella Casa di Riposo ‘Orengo-Demora’ a Borgomaro, struttura di cui era ospite, vicenda per altro che avevo portato all’epoca all’attenzione dei media. Un epilogo che ha lasciato in me ferite profonde e difficilmente rimarginabili che hanno condizionato e condizionano tuttora la mia carriera di alpinista di alta quota, ma che non mi impedisce di pensare con la mia testa.
Al momento ritengo che l’unica affermazione corretta sarebbe quella inerente a una campagna sperimentale dove nessuno ha verità in tasca a partire dai professionisti che assurgono alla ribalta televisiva dispensando pillole di certezze che non sono in grado di avere. Se è giusto rispettare chi aderisce alla campagna dei sieri anti covid, a tal proposito preferisco chiamarli per ciò che sono, ritenendo i vaccini altra cosa (al riguardo mi riferisco agli Studi che i ricercatori stanno conducendo per arrivare a un vaccino intestinale), altrettanto doveroso è rispettare chi solleva dubbi e motivi di riflessione.
All’uopo credo che sia motivo di attenzione il caso riportato da molte testate on line riguardante il 72enne Paolo Di Maro, professionista Maranese, deceduto per Covid (non per effetti collaterali o reazioni avverse), dopo aver ricevuto la doppia dose di siero AstraZeneca, vicenda estremamente sconcertante considerato che alla richiesta di effettuare un tampone alla comparsa di gravi sintomi gli era stato negato in quanto gli stessi erano riconducibili (a detta dei Sanitari) a effetti collaterali della somministrazione, sino ad acclarare la completa infezione da Covid che ne ha causato il decesso.
Ancor più sconcertante il fatto che l’intera Famiglia sia risultata infetta nonostante anche gli altri componenti del nucleo si fossero sottoposti a procedura di immunizzazione con altri sieri (leggasi Pzifer).
Gradirei ascoltare dibattiti su queste tematiche che emergono spesso attraverso una ricerca personale attingendo sovente da testate minori mentre il fil rouge informativo è quasi sempre volto a tessere una tela unidirezionale. Trasformare il campo in un confronto tra Guelfi e Ghibellini non ha alcun senso: in sintesi oggi qualunque decisione si prenda si può sbagliare, sia si scelga di aderire alla campagna, sia di non aderire, avendo piena consapevolezza di correre il rischio di ammalarsi.
Da cittadino, ma anche da giornalista, e vado a concludere, confesso di provare un profondo fastidio nell’ascoltare dichiarazioni chiare e nette da parte di un infettivologo come Matteo Bassetti che ha coniato lo slogan ‘Chi non aderisce alla Campagna non merita questa Sanità’.
Temo che la luce dei riflettori crei una sorta di delirio di onnipotenza e mi permetto, con molta modestia, di suggerire atteggiamenti cauti, aperti al dialogo e al confronto, evitando inutili ruoli da influencer, perché un tempo le masse si condizionavano con i comizi in piazza e oggi lo si fa attraverso il mondo dell’etere, dei Social, il che è anche molto più pericoloso perché tutti sono raggiungibili e non tutti si fermano a pensare e cercare risposte da se stessi, considerato che chi dovrebbe fornirle, sotto questo aspetto è estremamente latitante”.