Lucio Sardi, esponente di Sinistra Italiana, interviene con una lunga nota stampa per ricordare i fatti avvenuti a Genova 20 anni fa, durante lo svolgimento del G8.
Durante la riunione dei capi di governo dei maggiori paesi industrializzati, i movimenti no-global e le associazioni diedero vita a manifestazioni di dissenso, con scontri tra forze dell’ordine e manifestanti. Durante uno di questi venne ucciso il manifestante Carlo Giuliani.
G8, venti anni dopo: parla Lucio Sardi
“Le iniziative per commemorare i vent’anni dal G8 di Genova sono utili a ricordare, soprattutto ai più giovani, una delle pagine più buie della nostra democrazia ma ci riportano all’amara considerazione che sono stati vent’anni perduti.
Il giudizio critico su quei giorni di violenza cieca delle forze dell’ordine contro manifestanti pacifici, di violazioni dei diritti umani con le torture nella caserma di Bolzaneto, della mattanza nella scuola Diaz sono oggi un pezzo della coscienza democratica del nostro paese, nonostante i depistaggi ed i tentativi della destra di darne una lettura distorta.
Quando però si analizza la risposta dei potenti del mondo alle istanze delle associazioni e dei movimenti politici che animavano il mondo dei “no global” è chiaro che ci si trovò di fronte anche alla repressione dell’idea di un nuovo modello di società che a vent’anni di distanza si può amaramente misurare.
Nessuna delle proposte per un nuovo modello ambientale, per una economia non governata dalla finanza, per un mondo del lavoro che ne rispetti la dignità, per nuove politiche sui fenomeni delle migrazioni, per il disarmo e per ridurre le disuguaglianze sono seriamente entrate in questi vent’anni nell’agenza politica dei governanti dei paesi del G8 e poi G20.
L’immagine di Genova blindata con le cancellate della zona rossa e la violenta repressione delle manifestazioni sono state il simbolo del rifiuto violento dei potenti del mondo verso chi chiedeva di cambiarlo lanciando il messaggio “un nuovo mondo è possibile”.
Le conseguenze di quella repressione culturale, con cui si sono soffocate le istanze di cambiamento di una generazione e che ha imposto negli ultimi 20 anni il modello unico neo liberista, le troviamo oggi di fronte a noi.
Nelle catastrofi ambientali che colpiscono il cuore dell’Europa, nella crescita delle disuguaglianze sociali con l’abnorme concentrazione della ricchezza in poche mani, nella perdita di diritti e degrado nelle condizioni del lavoro rispetto allo strapotere delle multinazionali, nel dramma dei migranti lasciati nelle mani di trafficanti e abbandonati a morire nel Mediterraneo.
Tutte questioni queste che già vent’anni fa chi manifestava a Genova chiedeva di affrontare con politiche nuove.
Per il nostro paese questi venti anni perduti li troviamo drammaticamente dentro la vicenda della mattanza messa in atto contro i detenuti del carcere di Santa Maria Capua a Vetere (si attende ancora dopo vent’anni l’introduzione del codice di riconoscimento sui caschi delle forze dell’ordine) e nelle fulgide carriere di molti di quei funzionari delle forze dell’ordine, anche con ruoli di vertice, che si resero responsabili di violenze, falsificazioni ed omertà incompatibili con tale delicato ruolo.
Sono stati venti anni perduti anche per la politica ed il Parlamento che non ha saputo raccogliere la necessità di istituire una commissione parlamentare di inchiesta che facesse luce su una vicenda che è stata definita la più grave sospensione dei diritti democratici di un paese occidentale dal dopoguerra.
Per chi in quei giorni era presente o seguiva i fatti di Genova in un susseguirsi di entusiasmo, paura e poi sgomento per le violenze contro i manifestanti pacifici, sono anche i vent’anni perduti di Carlo Giuliani a cui è stato negato il futuro.
Scendendo al piccolo della nostra città sono stati i vent’anni perduti dietro le ambizioni di un politico che dimostrò allora tutta la sua inadeguatezza e scarso senso dello stato.
Per difendersi da chi nella sua città gli chiedeva esponendo un lenzuolo, di dimettersi da ministro degli Interni per quella disastrosa gestione dell’ordine pubblico, Scajola non esitò infatti ad ingaggiare una misera prova di forza chiedendo ai suoi sostenitori di rispondere a quella “provocazione” esponendo alle finestre la bandiera italiana, usando così, da ministro della Repubblica, il simbolo di tutti come un simbolo di parte.
Che quella prova di forza fosse invece un segno di debolezza lo dimostrò la vicenda delle frasi irrispettose su Marco Biagi, ucciso dalle BR dopo che il Ministero degli Interni guidato da Scajola gli aveva tolto la scorta, che lo costrinsero a dimissioni tanto tardive quanto poco dignitose.
Il giudizio dei cittadini imperiesi sui vent’anni persi della nostra città, scanditi dalla vicenda del porto turistico e da un declino che si cerca di mascherare con un frenetico quanto maldestro e superficiale piano di opere pubbliche, sembra però lontano dal poter far maturare una reale prospettiva di rinnovamento di una città che sembra ancora prigioniera del suo soffocante passato.
Alla generazione di questi venti anni perduti è necessario chiedere in questo ventennale di non abbandonarsi ad un passaggio rievocativo o nostalgico, ma di rilanciare l’esigenza di un cambiamento che le nuove generazioni possano raccogliere e portare a compimento”.