Il Tribunale di Imperia con Decreto del 3 agosto scorso ha “aperto d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato preventivo di Rivieracqua S.c.p.A., in persona del Presidente del Consiglio d’Amministrazione“, fissando per “la comparizione della società l‘udienza del giorno 14 settembre 2021 ore 11,00“. I giudici Silvana Oronzo (Presidente), Roberto De Martino e Alessandro Cento hanno anche inviato il Decreto al Pubblico ministero.
Il 14 settembre l’udienza per l’avvio del procedimento di revoca del concordato
Una tegola pesantissima per la società consortile per la gestione del ciclo idrico imperiese e andorese, che in un comunicato emesso il 4 agosto, vale a dire il giorno dopo il Decreto del Tribunale, faceva sapere di “essere stata convocata il prossimo 14 settembre davanti allo stesso tribunale al fine di valutare, congiuntamente agli organi della procedura, se proseguire il percorso concordatario intrapreso o se, viceversa, intraprendere strumenti alternativi volti comunque alla tutela dell’interesse dei creditori“.
Alla luce della realtà della sentenza, il comunicato di Rivieracqua del 4 agosto suona a dir poco come un maldestro e disperato tentativo di gettare acqua sul fuoco. I giudici scrivono infatti nero su bianco che “le variabili ancora da definire sono tali e tante che non consentono realisticamente di portare alla votazione un piano di concordato ben definito e che consenta a ciascun creditore di aver certezza della solidità delle assunzioni anche nell’ottica della continuità aziendale“. Non solo, aggiungono che “un piano definitivo, che tenga conto della plausibile verificabilità in tempi certi delle basi su cui si fonda la proposta a suo tempo vagliata, allo stato non sussiste e poco rileva che ciò possa dipendere da accadimenti indipendenti dalla volontà della società Rivieracqua”.
Per il giudici del Tribunale di Imperia, “si tratta di una situazione oggettivamente allarmante, che può trovare soluzione, come prospettato, solo in un’ottica di esecuzione del concordato il cui differimento rischia quindi di pregiudicare le ragioni creditorie”. Non solo. Il Decreto del Tribunale che avvia la procedura di revoca del concordato di Rivieracqua, evidenzia che “le operazioni di accertamento dell’entità attuale del valore di rimborso degli impianti ceduti al gestore unico da AMAT spa hanno fatto emergere una situazione alquanto complessa sulla gestione societaria precedente, soprattutto in punto pagamento corrispettivo per le forniture di acqua, tale da giustificare azioni di responsabilità verso gli amministratori di cui non si e mai fatto alcun cenno”.
Il Tribunale pone interrogativi sul passaggio di beni e impianti da Amat a Rivieracqua
“La procedura è stata caratterizzata da un percorso condiviso fra Rivieracqua ed AMAT su cui il Tribunale aveva chiesto chiarimenti potendosi ravvisare un’ipotesi di transazione non autorizzata e quindi suscettibile, per violazione dell’art. 167 L.F., di dar corso alla revoca dell’ammissione ex art. 173 L.F.”.
In particolare, i giudici, analizzando con grande attenzione i conti della società pubblica, hanno infatti evidenziato come i precedenti amministratori di Rivieracqua, nel 2016, avessero sottoscritto un accordo (scrittura privata) con Amat per la fornitura di acqua per il Golfo Dianese, pagando la stessa “0,556477 euro a metro cubo per consumo effettivo”, mentre Amat acquistava la stessa acqua da Amaie a “0,123312 euro al metro cubo”. Un’operazione giustificata dal fatto che ad Amat sarebbero stati riconosciuti anche i costi per la condotta del Roja Bis, che per i giudici in realtà “non erano dovuti”.
A riguardo, nel decreto si legge che “Rivieracqua si è fatta carico di un costo dell’acqua sensibilmente superiore al dovuto in quanto lo stesso doveva compensare i costi di realizzo dell’acquedotto cd Roja bis di cui si erano già fatto carico i Comuni nella cui gestione era subentrata la società in concordato in forza di scrittura privata dell’anno 2016″.
Nel dettaglio, secondo i giudici, “Rivieracqua ha corrisposto complessivamente ad AMAT a partire dal 2015 e considerando negli anni 2015 e 2016 l’erogazione relativa solo alla parte dell’anno per la quale non c’è stata la corresponsione da parte dei comuni, un importo di 14.789.733,20 euro”.
Il Tribunale, nel decreto, cita anche un parere della società Rivieracqua del luglio 2021, allegato alle memorie. Nel quale è scritto: “Emerge che nella stipulazione della Scrittura Privata, gli ex amministratori di Rivieracqua hanno omesso di adottare ‘quelle cautele’, ‘quelle verifiche’ e ‘quelle informazioni preventive‘ che ‘il dovere di diligente gestione ragionevolmente impone, secondo il metro della normale professionalità’ e che avrebbe consentito di avvedersi dell’irragionevolezza del prezzo corrisposto ad AMAT per l’acquisto dell’acqua all’ingrosso. In alcuni casi si è visto che tali comportamenti sono avvenuti anche in violazione delle procedure e degli obblighi imposti alla Società dalla normativa che ha introdotto la gestione unica unitaria del S.I.I.”.
Insomma, appare evidente che la stessa Rivieracqua, come sottolineato dai giudici, contesti l’operato dei precedenti amministratori. Lo si evince da un ulteriore passaggio del parere. “Rivieracqua ha subito un’ingiustificata anticipazione finanziaria a favore di AMAT di incerta quantificazione, tenuto anche conto che Rivieracqua non ha neanche integralmente pagato quanto dovuto ad AMAT, ai sensi della Scrittura Privata. essendo AMAT attualmente ammessa al passivo di Rivieracqua per Euro 1.631.878,90″.
A pesare negativamente sul concordato di Rivieracqua anche la gara per l’individuazione del soggetto privato che dovrebbe diventare socio di minoranza
A pesare sulla fattibilità del Piano concordatario presentato, dopo una serie di proroghe e modifiche, da Rivieracqua, secondo i giudici, vi è poi la questione della gara ad evidenza pubblica con doppio oggetto, per l’individuazione del socio di minoranza privato che dovrebbe conferire capitali e assumere la gestione tecnica del servizio idrico. Nel Decreto del Tribunale si evidenzia come “si tratta a ben vedere di un lunghissimo percorso, come ha correttamente evidenziato il Commissario ad acta, che non si esaurisce nell’espletamento della gara, ma che richiede passaggi a monte ed a valle delle stessa, che coinvolgono plurimi soggetti pubblici“.
I giudici chiudono il capitolo su scrittura privata e costi dell’acqua, ma lasciano spazio a possibili ulteriori risvolti giudiziari per Amat e Rivieracqua
“Per una società avente problemi di sottocapitalizzazione e gestionali, anticipare per anni somme non dovute non è irrilevante, il che ben avrebbe potuto costituire un elemento da vagliare anche in sede di attestazione, ove portato ritualmente a conoscenza dcl professionista, sotto il profilo di azioni di responsabilità che potevano essere quantomeno prudenzialmente prospettate”.
Una situazione che ha portato i giudici a valutare, sul fronte della fattibilità del concordato, che “la tempistica necessaria alla realizzazione di alcuni pilastri del piano appare del tutto diversa da quella ipotizzata in sede di proposta concordataria: ad oltre sette mesi dall’apertura della procedura gli unici obiettivi raggiunti sono la determinazione dei valori di indennizzo e il conferimento dei beni aziendali da parte dei gestori cessati ed alcuni Comuni, di cui non si disconosce certamente l’importanza, anche considerando il lunghissimo contenzioso che ha caratterizzato e probabilmente determinato le difficoltà gestionali di Rivieracqua proprio in punto conferimenti e valori rimborso, ma che non sono sufficienti a caratterizzarne in modo definitivo il piano”.
In conclusione, i giudici del Tribunale di Imperia ritengono “di dover dar corso al procedimento di revoca dell’ammissione al concordato preventivo di Rivieracqua scpa, sussistendo molteplici fattori sicuramente incidenti sulla fattibilità giuridica del piano fra cui la dilatazione e la non rispondenza dei tempi della procedura rispetto a quanto contenuto nella proposta, la sostanziale assenza alto stato di un piano definito, il rischio che il protrarsi net tempo della continuità aziendale comporti pregiudizio alle ragioni creditorie per l’incremento della prededuzione in assenza di adeguate risorse finanziarie, la sussistenza di potenziali atti lesivi costituiti dall’omessa valutazione della mala gestio dei precedenti amministratori”.
Parole che non lasciano spazio a interpretazioni e che stridono con il comunicato di Rivieracqua del 4 agosto scorso. L’unica soluzione alternativa al fallimento della società, cui i giudici lasciano spazio è infatti la “valutazione dei creditori“.