Dopo la notizia del Decreto con il quale il Tribunale di Imperia ha avviato la procedura per la revoca del concordato preventivo di Rivieracqua, anticipata dal nostro giornale e i successivi approfondimenti sulla vicenda, oggi è intervenuto in videoconferenza il Cda di Rivieracqua, con la presenza in piattaforma del presidente Gian Alberto Mangiante, della vicepresidente Sara Rodi, del sindaco di Diano Marina Giacomo Chiappori, membro del Cda per i piccoli Comuni, del direttore generale Angela Ferrari e del direttore tecnico Valerio Chiarelli.
Lo sfogo di Mangiante: “Basta con le strumentalizzazioni”
Spiega il presidente Mangiante: “Il nostro Cda è totalmente privo di deleghe operative e abbiamo solo potere rappresentativo. Se dobbiamo comprare una matita, non possiamo perché non abbiamo la gestione finanziaria sui conti. Ci è parso doveroso intervenire nei confronti di tutti, a cominciare dai dipendenti, che si impegnano perché Rivieracqua fornisca un servizio, certamente migliorabile in quanto nato dall’aggregazione di vari Enti, ma svolto con grande impegno, abnegazione e spirito di servizio, che va quindi tutelato. Ci sono state strumentalizzazioni, che non devono intaccare il valore e le prestazioni dei lavoratori. Con il Decreto del 3 agosto, il Tribunale inizia la procedura per la revoca del concordato preventivo, chiesto il 5 luglio 2018. Ho fatto diversi concordati in carriera e dico anche io che non ho mai visto una durata così estesa per una procedura come questa. Difficile trovarla. Perché? Il Tribunale parla del Covid e della situazione che abbiamo trovato, ad iniziare dall’istanza di fallimento di Amat per 2,5 milioni. Tutto sarà trasfuso in una memoria che presenteremo in udienza il 14 settembre. Il Decreto, però, non dice che ci è stato detto di omogenizzare le procedure di concordato con quelle di Amat e Aiga e che questo ha ulteriormente allungato i tempi.
Dopo anni, il primo utile operativo nel bilancio di Rivieracqua
Oggi ci si accorge che il concordato si è protratto troppo a lungo e il Tribunale ritiene di revocare questo e cominciarne magari un altro, azzerando il contatore. Considera poi che mancano tre aspetti fondamentali della nostra proposta di concordato del 30 giugno 2020, che sono tutti elementi che prescindono dalla volontà di Rivieracqua. Parlo della stesura del Piano d’ambito, dei valori di indennizzo e della gara europea per il socio privato. Aspetti di esclusivo appannaggio del commissario Gaia Checcucci, che ringrazio perché ha lavorato bene e tempestivamente. Il Tribunale inoltre prende atto che attualmente l’aggregazione dei gestori cessati ha comportato un utile operativo, che mai si era verificato nella gestione di Rivieracqua e parla delle possibili azioni di responsabilità nei confronti di precedenti amministratori. Rivieracqua è assistita da una primaria società di revisione italiana e da primari studi legali europei e con loro io avevo ipotizzato di essere noi a revocare il concordato, per risparmiare costi procedurali e sottrarci a una cappa di verifiche.
Ripartire da zero mal si concilia con l’attuale situazione di Rivieracqua. È evidente che le aggregazioni avrebbero portato ad aumenti per i costi del personale, visto che fino a dicembre avevamo 40 addetti e oggi ne abbiamo 180, oltre all’indotto. Era chiaro che ci accollavamo delle spese con uno sfasamento per le entrate delle bollettazioni. Era ovvio che i primi mesi del 2021 sarebbero stati di tensione finanziaria.
Le azioni di responsabilità nei confronti di precedenti amministratori sconsigliate dai legali e bocciate dai sindaci
Le Azioni di responsabilità. Ci siamo posti il problema se vi fossero gli estremi per intervenire in questo senso. Il Cda non ha titolo per esperire direttamente un’azione di responsabilità, ma deve essere autorizzato dall’Assemblea dei soci, che deve passare prima dalla Conferenza sindaci. Abbiamo chiesto il parere allo studio legale e discusso in Conferenza dei sindaci, che ha ritenuto di non procedere, in quanto vi erano forti dubbi sulle risultanze di simili azioni e avremmo rischiato di accollarci ulteriori costi.
La prima azione di responsabilità vagliata riguardava la fase gestionale e di redazione dei bilanci in periodi antecedenti al nostro, che evidenziavano utili, anche se risicati, mentre il nostro bilancio del 2017 evidenziava subito una perdita. Vi erano dubbie evoluzioni dal punto di vista legale. Poi si è valutata anche la relazione sulla transazione Rivieracqua, Amat e Amaie e anche qui sono emersi dubbi sul risultato dell’azione. Parrebbero non sussistere i presupposti. Così dicono i pareri legali.
La conferma di Mangiante: “Del Decreto del Tribunale avevo avvisato tutti i sindaci”
Conclude Mangiante: “Io avrei confidato informalmente ad alcuni sindaci del Decreto del Tribunale? Io l’ho detto a tutti alla Conferenza dei sindaci e ho detto che lavoravamo a una procedura alternativa. (E’ dunque vero che i sindaci sapevano del Decreto in anticipo e hanno taciuto – ndr) Tanti debiti? Si. Possono stupire, ma non ci si può stupire che Rivieracqua generi debiti. Stiamo parlando di un concordato che paga almeno il 90% dei propri creditori chirografari. Questo dimostra grande attenzione verso creditori. Perché ricorrere a un altro concordato o ad altra procedura? Per poter contare su misure protettive, fra cui l’impossibilità di aggredire Rivieracqua, che oggi è un soggetto abbastanza fragile dal punto di vista finanziario e che deve essere tutelato. Per questo ricorreremo ancora ad una procedura concorsuale che tuteli il patrimonio di Rivieracqua”.
Sara Rodi sposa le parole del presidente e parla di “accanimento nei confronti di Rivieracqua”.
Chiappori accusa i Comuni rimasti a lungo fuori da Rivieracqua: “Ci hanno soffocato”
Giacomo Chiappori punta il dito contro i Comuni che non hanno aderito subito alla società pubblica e dice: “Io non parlo di accanimento. Ognuno fa il suo mestiere. I giornalisti fanno il loro. Io sono una memoria storica e ho nel cuore il combattimento che tutti i sindaci hanno fatto per non far fallire questa società e farla crescere. I sindaci non sono supertecnici o economisti, ma persone che lavorano tutti i giorni per i cittadini. In questa società dovevano entrare in un anno, un anno e mezzo tutti gli attori principali e così non è stato e Rivieracqua è rimasta in piedi grazie ai piccoli comuni. Amat, Amie, Aiga e Secom hanno rallentato lo sviluppo di questa società. Sono quei comuni che non sono entrati subito che hanno rallentato. Questa società vale 42 milioni e non avremmo bisogno manco del socio privato, ma tutto si è svolto lentamente. Siamo oltre i confini della realtà. Se tutti avessero fatto il loro dovere, non saremmo in queste condizioni. Oggi abbiamo il recovery e Toti che dice che ci sono 29 milioni. Se ci crede lo Stato che questa società non deve in assoluto fallire, ci crediamo anche noi”.
“Sono stato l’unico a fare una diffida all’Ato provinciale, a seguito della quale la Regione nominò come commissario la Checcucci, che ritengo sia stata il bene di questa società. Bordighera la deve smettere di rimanere fuori. I comuni non hanno più competenze sull’acqua. Ora pare che finalmente abbia scelto di entrare. Se il 14 noi arriviamo e portiamo quello che c’è da portare, io credo che non ci siano assolutamente problemi. Le responsabilità sono di chi ha tentato di affondare questa società, che nasceva con tutti dentro, ma tutti non sono entrati, hanno aspettato e ci hanno soffocato. Nel 2012, il presidente della Regione Claudio Burlando, nella Sala consigliare del Comune di Diano Marina, disse ad Amat che avrebbe dovuto già aver sistemato il tubo del Roja, con tutti i soldi che aveva intascato dai comuni e invece niente è mai stato fatto”.
Conclude Chiappori: “Se tutto andasse come deve, non avremmo neanche bisogno del socio privato. Basta rivolgersi a un Istituto di credito e farsi prestare 20 milioni, perché con una commessa da 42 milioni ce li darebbero”.