Giovedì, 26 agosto, la Cassazione metterà la parola fine al processo per la morte di Martina Rossi, la studentessa imperiese che perse la vita nell’agosto del 2011 cadendo dal sesto piano dell’Hotel Sant’Ana di Palma de Maiorca mentre era in vacanza con le amiche. Due gli imputati, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, accusati di tentata violenza sessuale, condannati in Appello Bis a tre anni di carcere. Secondo l’accusa Martina sarebbe precipitata nel tentativo di sfuggire a un tentativo di stupro.
A pochi giorni dall’atto conclusivo di un lungo e complesso iter giudiziario, Luca Vanneschi ha deciso di pubblicare online, sul sito www.processomartinarossi.org, tutti gli atti del processo, presentandosi all’opinione pubblica come vittima di un errore giudiziario.
Morte Martina Rossi: imputato apre sito web e pubblica atti processo
“Martina Rossi – Anatomia di un errore giudiziario. Presunti colpevoli! Storia di un processo penale indiziario e mediatico” si legge aprendo la home page, dove campeggia il J’accuse di Emile Zola.
Una decisione che ha inasprito ulteriormente un clima già teso, a pochi giorni dal verdetto della Cassazione, anche perché tra i contenuti pubblicati figura un capitolo dal titolo “Le condizioni psicofisiche e di salute di Martina fino al 2011“, con allegati referti medici.
Non solo, Vanneschi pubblica anche la testimonianza dell’unica testimone oculare, Francisca Puga, dipendente dell’albergo Sant’Ana, e alcune chat whatsapp tra Luca Palamara e Giuseppe Fanfani (ex legale della famiglia di Martina Rossi, prima di lasciare l’incarico al figlio), depositate agli atti del processo che vede l’ex magistrato a processo per corruzione. Il tutto condito da considerazioni e commenti atti a smentire la tesi accusatoria.
Un tentativo di difendersi pubblicamente dalle accuse, o meglio, di accusare la parte offesa, che non è andato giù alla famiglia di Martina Rossi. Il legale, Stefano Savi, contattato da ImperiaPost dichiara: “Non ho intenzione neanche di aprirlo. Mi hanno riferito i contenuti, ci riserviamo di valutarli soprattutto per quel che concerne la tutela della privacy”.
“Il processo non è a Martina Rossi – tuona papà Bruno Rossi – Lei, mia figlia, è la vittima, che non si è potuta difendere. Il processo è ad Albertoni e Vanneschi, che sono stati condannati. Hanno lasciato morire Martina, senza neanche soccorrerla. Hanno raccontato un sacco di bugie”.