“È ingiusto che una persona, per poter esercitare il proprio lavoro che si è conquistato con fatica, si trova costretto a dover fare il vaccino su cui esprime dei dubbi. Io non intendo farlo e pagherò 200 euro al mese di tamponi per conservare il mio lavoro”. Sono le parole di Matteo Bavassano, docente di Matematica del CPIA di Imperia che, nel pomeriggio di oggi, ha preso la parola nel corso della manifestazione “no green pass” in piazza San Giovanni.
Alla protesta, che si è svolta senza tensioni, alla presenza delle forze dell’ordine, hanno aderito circa 80 persone. Presente Giuseppe Lo Iacono, coordinatore regionale del movimento politico “Più Italia”, che, recentemente, ha presentato una denuncia contro il sindaco di Imperia Claudio Scajola per presunte violazioni alla legge che il primo cittadino avrebbe messo in atto in occasione dell’ordinanza, poi stoppata per intervento del Garante della Privacy (interpellato dallo stesso Lo Iacono), con la quale mirava a imporre l’accesso a Palazzo comunale solo ai possessori di Green pass.
Tra il pubblico anche Laura Muratore, la collaboratrice scolastica dell’Istituto Ruffini saltata agli onori della cronaca nei giorni scorsi per essersi presentata tre giorni di seguito a scuola senza green pass, con il conseguente intervento delle forze dell’ordine.
Matteo Bavassano Docente CPIA Imperia
“Mi trovo in questa piazza in quanto ritengo ingiusto che una persona, per poter esercitare il proprio lavoro che si è conquistato con fatica, si trova costretto a dover fare il vaccino su cui esprime dei dubbi. Il vaccino risulta essere ancora in una fase sperimentale. Il regolamento europeo sui vaccini dice che devono passare 5 anni perchè sia approvato e di uso pubblico.
Non mi trovo minimamente d’accordo con il DL 111 che ci impone il green pass. È vero che c’è l’alternativa dei tamponi, ma sono esami invasivi e inoltre costosi per il dipendenti. La legge 300 del 70 imporrebbe che il dipendente non debba sostenere delle spese per poter esercitare il proprio lavoro. Inoltre, la delibera 953 della Comunità Europea dice che il green pass non dev’essere uno strumento discriminatorio ma semplicemente uno strumento che agevoli la mobilità tra stati. Dice esplicitamente che non si deve essere discriminati per non essere vaccinati.
È per questo che ci opponiamo, non vogliamo fare una battaglia di principio. Semplicemente abbiamo paura e non vogliamo sottoporci a un vaccino in seguito al quale alcuni dei nostri colleghi sono stati veramente male e questo ci spaventa”.
Come si è organizzato quindi per poter esercitare il suo lavoro?
“Da quando è iniziato l’anno scolastico faccio i tamponi ogni 48 ore a mie espese. Per fortuna posso permettermelo economicamente, stiamo parlando di più di 200 euro al mese. Ho chiesto alla mia dirigente di disapplicare il decreto legge 111 del 2021, però lei preferisce applicarlo nonostante sia in contrasto con la delibera 953 del consiglio d’Europa. Io però pur di conservare il mio lavoro sono disposto a fare i tamponi, costosi e abbastanza dolorosi, dato che vengono fatti nel naso”.
Cosa pensa di fare quindi?
“La legge italiana dice che il ricorso si può fare solo se si è subito un danno. Io non posso fare ricorso finchè non sono sospeso e non voglio farmi sospendere. Preferisco farmi i tamponi nella speranza che il 31 dicembre, con il termine dello stato di emergenza, venga meno la richiesta del green pass. Fino a quella data farò i tamponi, poi spero che finisca questa cosa, se no continuerò ad oltranza. Io il vaccino non intendo farlo, non mi fido. Vedo anche dal numero di morti improvvise di persone in giovane età, dopo il vaccino, una correlazione che l’Aifa e le varie agenzie si ostinano a negare”.