Lo scalo turistico portuale di Imperia continua a far discutere. Ad intervenire sulla vicenda alla luce dei nuovi sviluppi giudiziari sono i tre esponenti di Rifondazione Comunista: Alberto Gabrielli, (responsabile Ambiente e territorio), Pasquale Indulgenza, (del Comitato Politico Regionale) e Mariano Mij (segretario provinciale).
“Anche le ultime contestazioni sollevate dalla Procura di Imperia sulla conformità delle opere realizzate nel Porto Turistico di Imperia alle prescrizioni stabilite nei documenti di VIA (e la cui osservanza sta alla base dell’ autorizzazione a procedere nei lavori), che si aggiungono alle inchieste già definite e ai procedimenti già intrapresi, ricalcano il filone di presunte irregolarità denunciate dal nostro esposto alla magistratura del 14 marzo 2012 inerente le modalità di formazione della “spiaggia artificiale”, elemento urbanistico e paesaggistico fondamentale, insieme al Parco Urbano, al fine di connettere anche funzionalmente e visivamente le città di Oneglia e Porto Maurizio, la cui unificazione istituzionale nella città di Imperia avvenne giusto 90 anni or sono.
In particolare avanzavamo dubbi sul fatto che i materiali impiegati per la realizzazione della spiaggia fossero conformi alle prescrizioni, segnalando che per la stabilità della spiaggia è non solo necessario che la stessa sia costituita di idoneo materiale – quanto a composizione chimica ed a granulometria, tanto in superficie che in profondità – ma anche che la realizzazione della diga soffolta, presuntamente posta a difesa dalla stabilità trasversale della spiaggia, non fosse stata eseguita con il corretto posizionamento dei massi da scogliera sia per quanto riguarda tipologia e numero (circa 27.500 massi da scogliera di seconda categoria, cioè di peso compreso fra 1000 e 3000 kg) sia per quanto riguarda le modalità di posizionamento – che si sarebbe dovuto effettuare da chiatte, e non da autocarri percorrenti una pista di materiale terroso che fatalmente finiva per costituire la base dell’ opera stessa – ed in modo da garantire il corretto scorrimento delle acque fra gli interstizi sia per l’equilibrio statico dei sedimenti sia per il necessario ricambio ai fini biologici.
Nel richiamato esposto, sottolineavamo anche la necessità di tenere in stretta relazione la problematica di un corretto ripascimento con quella dei fenomeni di erosione delle coste e degli interventi finalizzati a ridurre questa azione, ricordando come fosse noto che la “Posidonia oceanica” (presente con significativi insediamenti nello specchio acqueo in argomento), costituisca una barriera naturale all’erosione, sia nella formazione di praterie a Posidonia, sia quando, recisa dagli strascichi o per altri motivi, si adagia sulla battigia.
Nel fare riferimento ad altre esperienze (in Francia anche sulla battigia essa non si può rimuovere, e la cittadinanza è tenuta informata con cartelloni ambientali istallati persino sulle spiagge più remote; lo stesso accade alle Isole Canarie. Anche in Toscana, all’Argentario, la Posidonia spiaggiata viene lasciata in loco anche d’estate), evidenziavamo come la protezione della Posidonia rappresenti un vero e proprio investimento per i litorali e per le attività marittime, oltre che azione di protezione e qualificazione ambientale.
Si tratta di rilevantissime problematiche ambientali e urbanistiche che, a nostro avviso, sono state gravemente sottovalutate nella realizzazione del porto turistico e nella conseguente trasformazione di fronte-mare e litorale, e che tuttora, malgrado macroscopiche evidenze, giudiziarie e di fatto, non trovano adeguata attenzione da parte degli attori pubblici istituzionali, a cominciare dall’Amministrazione Comunale.
Tocca tuttora alla magistratura, ed ai suoi tempi, cercare di trovare il bandolo di una matassa che consenta, finalmente, di riconoscere il gravissimo danno che l’ intera impresa ha apportato, ed apporta alla città e al territorio, in termini di qualità ambientale e urbana, valore economico e finanziario, immagine e dignità, danni la cui riparazione non potrà avvenire – riteniamo – se non con un drastico “reset” dell’ operazione, decretando il fallimento della “Porto di Imperia spa” ed il risarcimento prioritario all’ Ente comunale per i danni subiti.
Noi, convinti che la cittadinanza debba conoscere la verità e riconoscere l’autentico interesse pubblico in gioco, che è ben altro che una ritenuta sommatoria di interessi privati e va dalla tutela delle nostre risorse e bellezze naturali fino alla promozione di un sano e vincente turismo, proseguiremo nella battaglia civile nella quale ci siamo impegnati dall’inizio di questa sciagurata vicenda, otto anni fa”.