23 Novembre 2024 18:24

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23 Novembre 2024 18:24

“Una vita, cento vite”: nel documentario su Caterina Caselli anche il discografico imperiese Stefano Senardi. “Grande emozione. A lei devo molto” / Le immagini

In breve: Dopo l'emozionante proiezione in anteprima alla Mostra del Cinema di Roma, Stefano Senardi ha raccontato a ImperiaPost le emozioni della serata

Anche il discografico imperiese Stefano Senardi è tra i protagonisti di “Caterina Caselli – Una vita, cento vite”, il documentario, firmato Renato De Maria, sulla storia della grande cantante e produttrice discografica italiana, presentato alla Mostra del Cinema di Roma, che approderà nelle sale il 13, 14, 15 dicembre.

Dopo aver partecipato alla proiezione in anteprima, Stefano Senardi ha raccontato a ImperiaPost le emozioni della serata.

“Una vita, cento vite”: nel documentario su Caterina Caselli anche il discografico imperiese Stefano Senardi

Com’è andata la proiezione?

La proiezione è stata straordinaria. L’auditorium della Sala Sinopoli era gremito. Caterina è arrivata con un abito splendido, da regina, firmato Gucci, accompagnata da Renato De Maria, il regista del documentario, marito di Isabella Ferrari.

È stata una bellissima serata, proseguita anche dopo, a cena, in un’atmosfera molto gioviale e familiare, insieme agli artisti più importanti della sua scuderia, gli agenti, i produttori, i registi e anche la sua famiglia. Caterina mi ha indicato il mio posto vicino a lei, un grande onore per me.

È un orgoglio aver avuto un posto nel documentario. Ci tengo a ringraziare Elisabetta Biganzoli, una delle produttrici del film, dirigente di spicco della discografia italiana e della Sugar, di cui è oggi presidente Filippo figlio di Caterina e di Piero.

All’interno del documentario intervengo varie volte chiacchierando con Caterina. Oltre al sottoscritto, chiacchierano con lei Paolo Conte e Francesco Guccini. Per me è un grande onore, quindi, essere tra questi grandi personaggi”.

Cosa pensa del documentario?

“Nel documentario Caterina si racconta in maniera diretta e sincera, parlando della sua infanzia in povertà e di vicende che non erano conosciute.

A 16 anni Caterina ha capito che la sua vita era la musica e che voleva diventare una cantante. Con la forza di volontà, lottando, è riuscita a ottenere quello che volevs. È stata una ribelle, sempre mantenendo grande rispetto per la sua famiglia. È un documentario che andrebbe proposto nelle scuole, specialmente per le ragazze giovani che vengono bullizzate, mostrando come una donna, grazie alla sua forza di volontà, riesca a riscattarsi, andando oltre ogni pregiudizio.

Caterina ha suonato nei night, ha fatto la gavetta, fino ad arrivare al Piper a Roma, diventando famosissima. Cantava, suonava il basso, è diventata una rappresentante del beat italiano, che era qualcosa di più della musica, era una presa di posizione oltre il pensiero comune, un modo di presentare le canzoni diverso dal modo tradizionale di quei tempi in Italia. Ha firmato poi il contratto con Ladislao Sugar, che diventerà poi suo suocero quando si sposerà con il figlio Piero. Da lì ha deciso, per rispetto delle colleghe e dei suoi colleghi, senza abbandonare il mondo della musica, di mettersi un po’ da parte.

Lei è una delle più importanti personalità della musica italiana, è stata rivoluzionaria nel suo modo di cantare, ma non solo, anche nel modo in cui si presentava, in cui si vestiva. Il casco d’oro fu veramente un’icona”.

Com’è iniziato il vostro rapporto?

La conosco dal ’79, quando sono stato assunto nell’azienda di suo suocero, la CGD. Ho lavorato al suo fianco tanti anni e poi non ho mai interrotto i contatti con lei.

Caterina è eccezionale. A lei devo molto, come ho sempre detto. È stata fondamentale nella mia carriera, ho imparato tanto grazie ai suoi consigli, sia nella vita professionale che in quella privata”.

Il ricordo più bello dei vecchi tempi?

“Ricordo che pochi mesi dopo che entrai alla CGD mi volevo licenziare, non ero sicuro di stare a Milano, avevo 23 anni, ero giovane e ribelle, e non andavo d’accordo con il mio capo, ma lei venne in corridoio e disse ‘Anche se è poco che lavora con noi, non voglio che lo perdiamo’. Mi portò nel suo ufficio e lì lavorai per mesi allo stesso tavolo al suo fianco. Imparavo come una spugna. Dalla sua grande esperienza come cantante di successo ho imparato tantissimo. Aprì la prima etichetta indipendente “Ascolto”, per la quale mi prese a lavorare. Ero come Pinocchio nel paese dei balocchi. Grazie a lei e a Guido Carota, suo collaboratore di allora, ho conosciuto la maggior parte delle personalità più importanti del mondo della musica.

Sono fortunato di aver avuto una maestra e un’amica così. Siamo molto legati a livello affettivo e c’è tanto rispetto professionale”.

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