Ha preso il via questa mattina, con l’audizione dei primi testimoni, il processo, dinnanzi alla Corte d’Assise di Imperia (presidente Carlo Indellicati, Marta Maria Bossi a latere), per la morte dell’orafo imperiese Luciano Amoretti, 77 anni, avvenuta a Sanremo nella notte tra l’1 e il 2 agosto del 2020.
All’origine del delitto una lite per la mancata restituzione di alcuni gioielli che Bonturi (che ha sempre negato la premeditazione) aveva consegnato ad Amoretti.
Imperia: omicidio Luciano Amoretti, al via il processo
Il processo si è aperto con la testimonianza della figlia di Luciano Amoretti, Paola, costituasi parte civile insieme alla sorella, rappresentate dall’avvocato Bruno di Giovanni del Foro di Imperia. La donna, che per prima ha trovato il corpo esanime del padre, chiamando soccorsi e forze dell’ordine, ha riferito di essersi subito allarmata dopo aver visto l’auto di Luciano Amoretti parcheggiata diversamente dal solito.
Il Pubblico Ministero Francesca Buganè Pedretti successivamente ha chiamato a testimionare i due vicini di casa, marito e moglie, della vittima.
“Tra le 21 e le 21.30 ho sentito alcune persone litigare – ha dichiatarato la donna – Poi urla, schiaffi, sberle, un tavolo rovesciato e una voce spaventata. ‘Mario ma sei pazzo, Mario basta’. Sono uscita sul balcone e ho urlato ‘basta’, dopodichè non ho più sentito alcun rumore”.
“Ricordo di aver sentito il rumore di piatti che si rompevano e di tavoli che si spostavano e di aver udito qualche parola, del tipo ‘basta’ – ha dichiarato il marito – Presumo fosse una voce maschile. Non capivo, però, da dove venissero con esattezza le urla. Mia moglie uscì di casa e urlò ‘Basta, smettetela’. Le dissi di smettere, perché poteva essere una qualunque lite familiare. Non ricordo di aver sentito altri rumori. Ero in soggiorno e sentii poco dopo un cancello che si apriva e si chiudeva. Il tutto in un lasso di tempo abbastanz breve”.
Il Pubblico Ministero, dopo i vicini di casa ha chiamato a testimoniare il titolare di un negozio di orologi a Sanremo e un commerciante di preziosi.
“Non avevo alcun rapporto particolare con Luciano Amoretti, lo conoscevo di vista – ha spiegato il titolare del negozio di orologi – Mio fratello mi disse di portare diamanti e gioielli ad Amoretti. Non aveva i soldi per pagarli, mio fratello mi disse di darglieli lo stesso in quanto gli aveva assicurato che sabato avrebbe incontrato un cliente a Torino per concludere la vendita e martedì sarebbe venuto in negozio da noi a Sanremo per il pagamento”.
“Con Luciano Amoretti avevo principalmente un rapporto di amicizia – ha dichiarato il commerciante di preziosi – Per il restante 10% c’era un rapporto di lavoro. Gli davo della merce, in conto vendita, perché sapevo che era in difficoltà economiche. Lo conoscevo molto bene, avevo le chiavi della sua casa di Sanremo, dove ho dormito diverse volte. Due giorni prima della sua morte gli diedi dei diamanti di laboratorio, sciolti, in una bustina. Doveva venderli, se non fosse riuscito me li avrebbe ridati. Il sacchetto con quei diamanti è stato trovato vicino al suo cadavere. La pietra più preziosa non è mai stata ritrovata. Amoretti aveva dei debiti con me? Si confermo”.
Ultimo test dell’udienza odierna il vice ispettore della Polizia di Stato, Salvatore Florio, che si occupò dei rilievi sulla scena del crimine.
“Abbiamo fatto un primo accesso con la telecamera, successivamente abbiamo proceduto a evidenziaretutti i punti di interesse,fotografandoli – ha spiegato Florio – Abbiamo trovato imbrattamenti di sostanze ematiche (sangue, ndr) su pavimenti e pareti, in prossimità degli interruttori della corrente elettrica, e sulla porta di ingresso. Imbrattamenti che fanno pensare che una persona abbia provato a spostarsi nel corridoio, appoggiandosi da una parte all’altra. Camera e bagno erano in ordine, mentre la cucina è stata individuata quale scena del crimine.
C’era un disordine totale, molte cose per terra, segni di colluttazione, tavoli e sedie rovesciate. Poi c’era il cadavere. I divani erano imbrattati di sostanze ematiche, che erano presenti anche a terra, in prossimità del cadavere. Abbiamo trovato anche oggetti di interesse, in particolare un foglietto con numeri telefonici e una scatoletta con farmaci e pillole. Ai piedi della vittima c’era una bustina di colore azzurro, sporca di sangue, successivamente sequestrata dalla Polizia Giudiziaria. All’interno c’erano dei preziosi.
La presenza di schizzi di sangue sulle pareti hanno fatto subito ritenere che si trattasse di una morte violenta. La vittima è stata attinta con vari colpi”.
Il processo è stato aggiornato al 16 dicembre.