“Siamo docenti del Liceo Artistico di Imperia e ci è sembrato doveroso dire pubblicamente la nostra a proposito dell’incresciosa situazione in cui versa la scuola in cui lavoriamo, recentemente balzata agli onori della cronaca per la (condivisibilissima) protesta che gli studentihanno messo in atto in questi gioni”. Inizia così la lettera aperta inviata da alcuni docenti dell’Istituto d’Arte di Imperia per fare chiarezza sulle tante problematiche della scuola, dal freddo nelle aule (con relative proteste degli studenti) alla mancanza di una sede unica e idonea, sino alla carenza di strumentazione.
Imperia: Istituto d’Arte nel caos, la rabbia dei docenti
“In realtà, già all’inizio di quest’anno scolastico – prosegue la lettera – avevamo cercato di denunciare alcune gravi carenze che ci sono state presentate come necessarie ed inderogabili dalle istituzione preposte, ma senza sortire alcun risultato.
Abbiamo perciò sperato, in questa settimana, che studenti e genitori avessero maggiore seguito ed impatto, ma ci siamo evidentemente illusi.
E’ triste, infatti, notare come, quando si parla di diritto allo studio, scuola e cultura, si razzoli sempre piuttosto male, se non malissimo.
Ricapitolando brevemente: gli studenti del nostro Liceo hanno organizzato due giorni di sciopero per protestare su questioni che stanno loro, evidentemente, a cuore. Denunciavano il gelo nelle aule di Piazza Ulisse Calvi, la delocalizzazione del loro istituto (sparso in quattro sedi diverse sul territorio), la grande perdita di tempo che le migrazioni da una sede all’altra comportano, la mancanza di laboratori, l’alto numero di studenti per classe. Lo hanno fatto civilmente, argomentando le loro posizioni per rivendicare diritti sacrosanti.
E’ questo, in fondo, ciò che cerchiamo di insegnare con il nostro lavoro: ad essere cittadini consapevoli, soggetti attivi che pensano e si battono per i propri ed altrui diritti, che denunciano e si indignano di fronte alle ingiustizie e scorrettezze, che difendono le proprie posizioni con cognizione di causa.
Meriterebbero, dunque, una risposta chiara da chi di dovere, sia gli allievi che gli insegnanti, così come il
personale Ata, gli educatori, i genitori e tutte quelle realtà che gravitano intorno ed insieme al mondo dell’educazione.
Chi di dovere si è invece limitato a liquidare la questione ‘freddo nelle aule‘ garantendo l’accensione dei
termosifoni qualche ora prima rispetto al solito ed ignorando volutamente tutte le altre istanze, ben più pregnanti, sollevate dai ragazzi.
Perchè le basse temperature sono un problema, in effetti. Ancora di più se si tratta di edifici pubblici preposti ad un servizio. Diventa poi fatto increscioso, per ovvi motivi, se tale servizio è quello di un ospedale o, appunto, di una scuola.
Tuttavia le problematiche sono anche altre, ed altrettanto urgenti.
Non avere le aule e la strumentazione adeguata per svolgere le ore di laboratorio è, per un Liceo Artistico, l’equivalente, per un autista, di essere sprovvisto di chiavi per far partire la macchina. La teoria, in questo percorso di studi, è senz’altro importantissima, ma la pratica è fondamentale. Gli studenti si iscrivono a questo tipo di Liceo anche per imparare a fare. Pertanto, negare loro un luogo idoneo è, de facto, negare il loro diritto ad un’ istruzione completa.
Su questo, nessuno dall’Amministrazione ha mai dato risposte chiare e soddisfacenti a docenti, famiglie e ragazzi. Nessuna rassicurazione, nessun tentativo di intavolare un dibattito o di mettere sul piatto proposte concrete per risolvere il problema.
Così come del resto nessuno si è sentito in dovere di giustificare pubblicamente il perchè di scelte logistiche
che fin dall’inizio sono apparse scriteriate: perchè i ragazzi e i docenti devono essere costretti a spostarsi continuamente fra una sede e l’altra? Perchè in un anno pandemico invece che ampliare lo spazio di un istituto che risaputamente ha classi molto numerose, si sono scelti spazi più angusti? Perchè data la necessità di lasciare la sede storica del Liceo, non si è cercata una sistemazione più idonea così da garantire, almeno, che nessuno fosse costretto a fare lezione nei corridoi? Perchè c’è una classe ‘isolata’ in via Santa Lucia, in barba a tutti i bei discorsi sulla necessità di socializzare degli studenti? Quando si potrà fare ritorno in via Agnesi ( nella sede da cui il Liceo è stato ‘sfrattato’ per adeguamenti antisismici destinati ad edilizia scolastica, che vincolano la destinazione d’uso dell’edificio per 10 anni)?
Ecco, noi pensiamo che di fronte a simili domande, rispondere parlando di orari di accensione del
riscaldamento sia poco soddisfacente. E diseducativo”.