“Il più meraviglioso fallimento”. Questa, secondo Antonio Iovane, scrittore e giornalista romano, è una delle migliori descrizioni di Luigi Tenco, il cantautore morto nella notte tra il 26 e il 27 gennaio del 1967, dopo essersi esibito sul palco del Festival di Sanremo con la sua “Ciao amore, ciao”.
A distanza di 55anni dalla tragedia, Iovane, nel suo ultimo libro “Un uomo solo”, che ha presentato presso il Bistrot Isnardi su invito di Mondadori Imperia, ha ricostruito le ultime ore di vita di Tenco, seguendolo passo dopo passo in quello che sarà il vortice che porterà alla morte. Il tutto ambientato nella vicina città dei fiori dove, proprio in questi giorni, sta andando in scena la 72esima edizione della kermesse.
ImperiaPost ha incontrato l’autore, ecco cosa ha dichiarato ai nostri microfoni.
Imperia: Antonio Iovane presenta il libro “Un uomo solo” su Luigi Tenco
Come mai ha deciso di affrontare questo tema?
“Il motivo è molto semplice. Discutendo con un mio amico su quale fosse la più bella canzone dedicata a Tenco a un certo punto ha sparigliato le carte dicendomi ‘il migliore di tutti però era lui, il più meraviglioso fallimento’. Da quel momento mi è scattato qualcosa e ho capito che non c’è niente di più romanzesco di un meraviglioso fallimento e Tenco è stato in effetti il più meraviglioso fallimento.
In questo libro cerco di pedinarlo dalla mattina del 26 gennaio del 1967 dal suo risveglio fino a quando entra in questo vortice terribile che lo porterà alla morte”.
Come ha ricostruito la storia?
“Per realizzarlo ho naturalmente dovuto fare un’escursione a Sanremo, è stato molto piacevole. Ho consultato tutta la bibliografia su Tenco, gli articoli di giornale, diverse testimonianze. Più dell’indagine sulla morte di Tenco mi interessava la persona, quindi ho cercato di parlare con persone che fossero state vicine a lui, per esempio Donatella Turri, l’attrice con cui lui ha girato ‘La Cuccagna’, il film di Luciano Salce. Lei mi ha fatto davvero dei bei ritratti di Tenco”.
C’è qualcosa che l’ha sorpresa di Tenco?
“Mi ha sorpreso la determinazione, lo zelo, il ruolo quasi missionario di cui si sentiva investito nella sua ricerca di contatto con il pubblico, di diffusione delle sue idee. Allora era conosciuto più come autore che come interprete. Voleva essere riconosciuto come autore di canzoni che parlassero di problemi sociali. Però capì che perchè il suo messaggio fosse veicolato a sufficienza c’era bisogno di una platea il più ampia possibile, allora decise di andare a Sanremo. Quando si trovò a Sanremo capì che quello non è il suo pubblico, che stava forzando la sua natura e lì nacque la sua tragedia e il suo avvolgimento in questa spirale terribile”.
Com’è cambiato il Festival di Sanremo oggi?
“Allora si cercò di dimenticare il più presto possibile quello che era successo. Già il giorno dopo il cadavere di Tenco fu portato via da Sanremo in tempi che andavano contro le leggi. Non venne fatta l’autopsia. Gli organizzatori fecero di tutto per non parlare di questa morte, addirittura Mike Bongiorno, all’apertura della serata successiva, non fece neanche il nome. Dedicò 11 secondi per un ricordo a un ‘valente protagonista della musica italiana’ senza nominarlo. Oggi probabilmente non sarebbe possibile per una serie di motivi, non ultimo il fatto che ci sarebbe l’indignazione via social che fermerebbe tutto.
Quello era un mondo di Sanremo più dedicato alle canzoni, oggi è diventato più spettacolo, a mio avviso, rispetto a una mostra di canzoni, e credo che sia meglio così”.