Condannato a tre mesi di carcere. Questa la sentenza pronunciata dal giudice Francesca Minieri (PM Francesca Bugane Pedretti), in Tribunale a Imperia, nell’ambito del processo che vedeva sul banco degli imputati M.M., 50enne, (difeso dall’avvocato Eugenio Aluffi, del foro di Imperia), accusato di aver ucciso a colpi di spranga Rufus (reato di animalicidio), il cane della famiglia Privitera (tutelata dall’avvocato Mauro Gradi, del foro di Genova), nel dicembre del 2016.
Il nucleo familiare Privitera (Giuseppe e il figlio Jacopo, i due denuncianti, e la mamma De Cesare) e la Lega Nazionale per la Difesa del Cane (LNDC), rappresentata dall’avvocato Michele Pezone, si erano costituite parte civile.
Imperia: 50enne condannato per animalicidio
“Purtroppo il nostro cane non tornerà più – commenta Giuseppe Privitera a ImperiaPost – ma la giustizia ha fatto il suo corso. È stato dimostrato che non c’era la necessità di ucciderlo e che è stato ucciso volontariamente. È ciò che abbiamo sempre sostenuto durante questi quasi 6 anni. Ciò che ci ha amareggiato, in tutta questa storia, è anche il fatto che non abbiamo mai ricevuto una parola di scusa o di pentimento”.
“Giustizia è stata fatta per il povero Rufus – commenta l’avvocato Mauro Gradi a ImperiaPost – l’imputato è stato condannato per animalicidio a 3 mesi di reclusione, secondo il regime sanzionatorio previsto (la pena è stata ridotta di un terzo data la scelta dell’imputato del rito abbreviato) e al risarcimento danni, più il rimborso delle spese legali. La provvisionale è di mille euro per ogni parte civile (tre per la famiglia Privitera e due associazioni).
In questa materia è difficile arrivare a giudizio e non sempre si arriva alla condanna. In questo caso era pacifico che avesse ucciso il cane, come ammesso dallo stesso imputato, ma non basta la volontarietà, occorre che lo si sia fatto senza necessità e con crudeltà. Tramite la raccolta delle testimonianze, la consulenza tecnica per ricostruire lo stato dei luoghi e le distanze siamo arrivati alla sentenza”.
La ricostruzione della vicenda
“La condotta si è sviluppata in due distinti momenti sia spaziali che temporali – spiega l’avvocato – Rufus, uscendo da un varco nella rete della proprietà della famiglia Pritivera, è andato verso il cancello del vicino dove c’era l’altro cane. I due cani hanno iniziato a mordersi il muso attraverso la ringhiera, quindi non c’era un pericolo imminente. I due cani erano fratellastri della stessa stazza (due meticci maremmani) ed erano soliti mordicchiarsi il muso. L’imputato era all’interno del cancello e invece di allontanare il proprio cane dalla ringhiera ha aperto il cancello, così il suo cane è uscito e i due animali hanno iniziato ad aggredirsi a vicenda.
L’imputato a quel punto è uscito dalla sua proprietà e invece di dividere i due animali ha iniziato a colpire Rufus con una sbarra di ferro pesante. L’autopsia ha rilevato lo sfondamento della scatola cranica. Ferito gravemente, Rufus è riuscito ad allontanarsi con le sue zampe andando verso la sua proprietà verso il varco da dove era uscito, percorrendo una distanza di circa 35/40 metri. L’imputato lo ha seguito per tutta quella distanza e gli ha dato il colpo di grazia. Non è stato visto colpire, ma il testimone oculare, quando è arrivato, lo ha visto con spranga in posizione di carico inveire verso il cane che era già in una pozza di sangue.
Una riflessione che mi sento di fare, a prescindere dal caso in oggetto – conclude il legale – è che per casi relativi a questa materia il legislatore dovrà porsi il problema di adeguamento del regime sanzionatorio, dato che ora la pena va da un minimo di 4 mesi al massimo di 2 anni. Questo regime sanzionatorio andrebbe rivisto anche alla luce della riforma costituzionale che prevede, all’art. 9, la tutela degli animali che prima non era prevista e considerando il fatto della sensibilità che sta crescendo a livello italiano ed europeo”.