13 Novembre 2024 10:23

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13 Novembre 2024 10:23

Essere celiaco a Imperia: l’odissea di chi vive gluten free. “Chiuso un altro locale AIC, rimasti solo 3. Serve più informazione e sensibilità. Assurdo sentirsi ancora chiedere: quanto sei celiaco?”

In breve: Per conoscere più da vicino le difficoltà che affronta ogni giorno una persona celiaca, abbiamo intervistato una concittadina che ha deciso di rimanere anonima.

Essere celiaci non è una passeggiata di per sè, ma certamente non aiuta vivere in una città dove i locali certificati AIC (Associazione Italiana Celiachia) si contano su (poche) dita di una sola mano.

In totale, in tutta la provincia imperiese, sono circa 12 le attività che, avendo seguito i corsi per preparare piatti senza glutine adatti ai celiaci, fanno parte del circuito AIC, un numero molto basso rispetto alle altre province della regione e in confronto ad altre province italiane di simili dimensioni e densità di popolazione. 

Essere celiaco a Imperia: l’odissea di chi vive gluten free

Cos’è l’AIC? L’Associazione Italiana Celiachia, la cui missione è quella di migliorare la qualità della vita delle persone celiache, da oltre 40 anni è vero e proprio punto di riferimento per chi soffre di questa patologia, in quanto, tra le varie attività, si occupa di formare e monitorare i ristoratori che decidono di aderirvi. Per mangiare fuori in serenità, quindi, i celiaci sanno che presso i locali del circuito AIC troveranno ristoratori che hanno frequentato i corsi per imparare a preparare piatti gluten free e senza contaminazione, e sono periodicamente controllati seguiti dall’associazione per garantire alle persone celiache.

È facile capire quindi che, la recente chiusura del Ristorante-Pizzeria “Il Vascello” di Borgo Prino ha rappresentato non solo l’amaro epilogo di un’altra realtà commerciale imperiese, ma una vera e propria delusione per tutte le persone celiache di Imperia, essendo uno dei pochi locali del network AIC nella nostra città.

Ora, nel comune di Imperia, ne sono rimasti solamente tre. Si tratta di un ristorante, una pizzeria e un hotel (la lista dei locali aderenti al programma Alimentazione Fuori Casa senza glutine dell’AIC è riservata ai soci AIC).

Purtroppo, invece che aumentare, in Liguria il numero dei locali AIC tende a scendere (per chiusura dell’attività o per altri motivi). Per dare un’idea, in un anno in Liguria sono uscite dal network circa 20 attività, a fronte di solo 10 entrate, di cui solo una in provincia di Imperia (a Sanremo).

Una situazione che dimostra come la sensibilità per l’alimentazione senza glutine sia ancora molto poco sviluppata nel nostro territorio e che si traduce, nella quotidianità, in poche opportunità per le persone celiache nel trascorrere tempo fuori casa, non solamente per i residenti, ma anche per i turisti che si trovano in vacanza dalle nostre parti.

La vita di una persona celiaca a Imperia: l’intervista

Per conoscere più da vicino le difficoltà che affronta ogni giorno una persona celiaca, abbiamo intervistato una concittadina che ha deciso di rimanere anonima.

Come hai preso la notizia della chiusura di uno dei locali AIC a Imperia?

Non è stata una bella notizia sicuramente. Il fatto che ne rimangano solo tre rende sempre più complicato mangiare fuori casa, non solo per uscire con gli amici, ma anche per quando si ha la necessità di farlo per motivi di lavoro o per impegni. Tutto diventa più difficile se non impossibile. Per questo ho imparato a portarmi sempre dietro del cibo, vivo con la mia inseparabile ‘schiscetta’.

Ci sono locali che, seppure non nel circuito AIC, offrono piatti senza glutine, ma è difficile fidarsi perché non puoi sapere quanto i ristoratori conoscano la patologia e le regole da seguire per evitare la contaminazione. È assurdo sentirsi ancora chiedere ‘quanto sei celiaco?’, una domanda che fa capire che si ignora il fatto che non esistono gradi di celiachia, ma solamente chi è più sintomatico e chi meno. Esistono persone che apparentemente non hanno sintomi nel mangiare glutine ma in realtà, se la dieta non viene osservata correttamente, si possono avere danni enormi all’intestino e non solo, anche complicanze gravi come tumori, osteoporosi, infertilità, diabete…”.

Ti sono capitate situazioni spiacevoli?

“Sì, a Imperia e fuori Imperia, da quando ho scoperto di essere celiaca, mi è capitato più volte di andare in locali non appartenenti al circuito che dicevano di cucinare piatti per celiaci, ma che poi dimostravano di non sapere le basi della non contaminazione. Ad esempio pizzerie che per guarnire le pizze senza glutine utilizzavano ingredienti presi dagli stessi contenitori usati per le pizze con il glutine. Oppure, mi è capitato di sentirmi dire: ‘Sei celiaca? Allora puoi mangiare questo che è senza lattosio’. Insomma, ancora troppa impreparazione”.

Quando viaggi noti che in altre regioni ci siano più possibilità/ci sia più sensibilità?

“In altre regioni ho sicuramente trovato più sensibilità e conoscenza della patologia. Qui sembra impensabile che possano esistere panetterie che sfornano pane e focacce senza glutine o bar con colazioni fresche”.

Vuoi rivolgere un appello ai titolari delle attività?

“Un appello che faccio ai ristoratori, albergatori, baristi, gelatai e tutti coloro che si occupano di ristorazione è questo: per coloro che sono preparati, disponibili e sensibili alla tematica chiederei di informarsi per entrare nel network. Far parte del network pubblicizza sicuramente in positivo il locale e ci semplifica la vita, perché altrimenti non è facile distinguere tra chi è davvero informato e chi no”.

Cosa auspichi per il futuro, per far sì che le persone celiache possano condurre una vita più semplice possibile?

“Le diagnosi di celiachia sono in aumento quindi spero che tutte le persone si sensibilizzino e informino sempre di più. Avere la possibilità di mangiare fuori per un celiaco è importante per poter svolgere la propria vita in ogni ambito. Pensiamo anche ai più piccoli. Un bambino o un adolescente celiaco si vede spesso privato di tante opportunità che i suoi coetanei hanno perchè magari a una festa o al cinema o in gita non c’è nulla che può mangiare e quindi rischia di perdere tante occasioni sociali. Chiaramente si impara sempre ad adattarsi, portandosi sempre qualcosa da casa, ma sarebbe bello pensare a un futuro dove tutti i locali (o almeno molti) siano preparati e sicuri per le persone celiache. Sarebbe un enorme passo avanti”.

Intervista alla presidente AIC Gianfranca Bisi e alla responsabile Food Orietta Canu

Come mai sono tante le attività che sono uscite dal circuito AIC negli ultimi anni?

“Quando un locale esce dal circuito molto spesso è perchè cessa la sua attività. Purtroppo tra i problemi del covid e l’emergenza economica le aziende e in particolare quelle della ristorazione hanno subito gravi ricadute e molte hanno chiuso. Di conseguenza, nel totale, ci sono anche locali che erano del circuito AIC.

Bisogna anche dire anche che la nostra associazione si basa sul volontariato e che per due anni è stato sospeso per covid, quindi abbiamo dovuto interrompere temporaneamente le nostre attività di informazione e formazione per supportare i locali.

Anche i soci sono diminuiti e con meno quote si possono pagare meno professionisti e fare meno attività. Bisognerebbe fare di più per sensibilizzare e per essere parte attiva dell’associazione. Il direttivo è formato da volontari che hanno deciso di fare la propria parte.

La Liguria poi presenta difficoltà anche per la sua conformazione. Molti volontari sono a Genova ed è più complicato raggiungere gli estremi ponente e levante”.

Cosa fa un volontario AIC?

“Ci impegniamo quotidianamente per migliorare la qualità della vita delle persone celiache, partendo dalla sensibilizzazione, l’organizzazione di seminari e convegni, il supporto durante e dopo la diagnosi, l’educazione alla diversità alimentare nelle scuole e la creazione di una rete di esercizi informati sull’alimentazione senza glutine. Quando un locale entra all’interno del circuito inizia poi l’attività di monitoraggio, una o due volte l’anno, per vedere che le linee guida siano state apprese bene. Può capitare che, in caso di problemi o di cambio personale, qualche attività venga sospesa temporaneamente finchè non siano ristabilite le condizioni adatte per garantire il massimo della sicurezza dei consumatori celiaci.

In un mondo perfetto tutti i ristoratori di tutti i locali conoscerebbero le regole per preparare i piatti senza glutine senza rischio contaminazione, ma così non è. Le persone celiache lo sanno e per fare la loro parte sarebbe importante che fossero attive per reclutare e sensibilizzare”.

Perchè ancora molti ristoratori restano fuori dal circuito?

“Probabilmente perchè lo ritengono un percorso impegnativo dato che per entrare nel circuito bisogna frequentare un corso e poi sottostare al monitoraggio. Sono cose che spaventano, ma in realtà ne possono solo trarre vantaggio. Essere nel circuito dà molta visibilità e si diventa un punto di riferimento per le persone celiache sia del posto che da fuori, che oltretutto non vengono mai da sole. C’è un ritorno importante”.

È difficile garantire un pasto sicuro per i celiaci?

“Garantire un pasto senza glutine e senza contaminazione è molto più semplice di quello che si pensa. Non è vero che ci vogliono due cucine separate o due forni separati. Basta seguire i corsi per imparare le regole e poi si può iniziare con pochi piatti e poi aumentare con il tempo. Non servono grandi spazi nè grandi investimenti. Noi siamo sempre disponibili per dare supporto, non siamo controllori, siamo dalla loro parte.

La contaminazione non è difficile evitare. C’è chi non è del circuito e pensa di fare piatti senza glutine adatti ai celiaci cadendo in errori banali. Ad esempio in pizzerie che offrono la base senza glutine capita spesso di vedere che prendono i condimenti dalle stesse vaschette per le pizze normali, magari con le mani sporche di farina”.

L’imperiese, in particolare, ha davvero poche opportunità per i celiaci, cosa si può fare?

“La zona di Imperia è sempre stata un po’ più sfortunata, c’è meno volontariato. C’è bisogno di più sensibilizzazione.

La prima cosa da fare è divulgare, chiedere, rompere le scatole ai ristoratori invece che accontentarsi o far finta di niente. Bisogna  far capire che c’è necessità, che c’è domanda e interesse. Poi è importante proporre eventi, organizzare incontri. Siamo disponibili per fare tutor per eseguire i monitoraggi, più tutor abbiamo più locali possiamo avere nel network. L’impegno è di una volta ogni sei mesi. Ognuno può fare la sua parte anche piccola.

La novità per la zona del ponente è che abbiamo trovato una nuova dietista che si rende disponibile fare corsi sul posto. Noi facciamo corsi anche online, che può essere utile per chi non si può spostare. Abbiamo lavorato anche con le scuole, in particolare anche con gli istituti alberghieri del ponente. Chi esce ora da scuola è già preparato e consapevole delle esigenze dei celiaci, guardiamo quindi con ottimismo il futuro”.

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