24 Dicembre 2024 03:07

24 Dicembre 2024 03:07

Imperia: accusati di aver raggirato ex direttore di banca, chieste due condanne in Tribunale/La storia

In breve: Quattro anni di carcere per Gian Luigi Ranise, 79 anni, e tre per Amalia Rossi, 84 anni. Così si è chiusa, questa mattina, in Tribunale a Imperia, la requisitoria del Pubblico Ministero Francesca Bugané Pedretti.

Quattro anni di carcere per Gian Luigi Ranise, 79 anni, e tre per Amalia Rossi, 84 anni. Così si è chiusa, questa mattina, in Tribunale a Imperia, la requisitoria del Pubblico Ministero Francesca Bugané Pedretti nell’ambito del processo che deve imputati i due anziani, difesi dall’avvocato Bruno Di Giovanni, con l’accusa di circonvenzione di incapace. Vittima l’ex direttore di banca Giacomo Anfossi, morto nel 2019.

Imperia: circonvenzione di incapace, chieste due condanne

Secondo l’accusa Ranise e Rossi, rispettivamente ex collega e badante dell’Anfossi, avrebbero circonvenuto e raggirato la vittima al fine di appropriarsi del suo ingente patrimonio, oltre 6 milioni di euro.

I due, in base alle contestazioni degli inquirenti, lo avrebbero isolato da parenti, amici e conoscenti, impedendo le visite, appendendo alla porta di ingresso un cartello con cui si vietavano colloqui non preannunciati e filtrando le telefonate. Successivamente avrebbero tentato con vari mezzi di spartirsi il denaro dell’Anfossi, facendo firmare alla vittima diversi assegni, poi rigettati dalla banca per difformità palese della firma di traenza, e inducendo l’anziano a sposare la badante, matrimonio bloccato dopo l’intervento della Procura.

Ranise e Rossi avrebbero anche fatto firmare all’ex direttore di banca due atti con cui potevano gestire il suo intero patrimonio e, alla sua morte, ereditare l’intero capitale immobiliare e mobiliare.

La requisitoria del Pm

“Anfossi era un uomo deciso, austero. Mai avrebbe concesso a terzi di inserirsi nella gestione del proprio patrimonio. I due imputati, dopo le dimissioni di Anfossi dall’Ospedale (dopo una brutta caduta, ndr), nel 2017 hanno dato il via all’isolamento dagli amici, dai parenti e dagli effetti più cari. Misero addirittura un cartello fuori dalla porta di casa per vietare le visite senza preavviso. Ranise installò un impianto di videosorveglianza per controllare gli accessi. L’isolamento era necessario, per i due imputati, per far compiere ad Anfossi atti in loro favore.

Nell’ottobre del 2017 la Rossi venne nominata, dall’Anfossi, come sua procuratrice generale, con la piena operatività sul patrimonio, con facoltà di compiere ogni atto di ordinaria e straordinaria amministrazione. Non solo, anche con la facoltà di essere sostituta da una o più persone, senza indicare quali. Una nomina incomprensibile, perché mai Anfossi avrebbe permesso a qualcuno di introdursi nella gestione del proprio conto.

Dalle intercettazioni si è capito il perché di questa nomina, ovvero la mancata collaborazione del direttore del banca nella creazione di un nuovo conto corrente. Rossi e Ranise vennero nominati dall’Anfossi anche eredi dell’interno patrimonio, da dividere in parti uguali. Volontà, queste, mai emerse prime. I due imputati non sono mai state presentati dall’Anfossi come fidati. La sola Rossi avrebbe dovuto avere l’usufrutto di una casa. 

In questa vicenda Ranise ha recitato un ruolo fondamentale, perché la Rossi non sarebbe stata in grado per l’età e per la scarsa dimestichezza con le questioni finanziare. 

Da quanto emerso in fase dibattimentale si evince che l’Anfossi fu vittima di comportamenti a cui non fu in grado di opporsi”.

Il legale della difesa, l’avvocato Di Giovanni, ha chiesto per entrambi l’assoluzione al termine di un’articolata arringa, con la formula “perchè il fatto non sussiste”, evidenziando che gli stessi non si sarebbero appropriati di nulla. 

Il processo è stato rinviato al prossimo 11 maggio per la sentenza.

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