IMPERIA – Diritti del consumatore, garanzia, difetto di conformità, se ne parla spesso, ma la materia è nuova e complessa. Ecco il caso su cui si è appena espresso il tribunale civile di Imperia.
Un giovane padre, intenzionato ad acquistare un SUV di marca , con le massime caratteristiche di sicurezza possibili, di valore ingente, si reca presso un rivenditore ufficiale, dove, espresse più volte tali proprie necessità, compiute svariate prove, ed assunte numerose informazioni e rassicurazioni, acquista l’auto, ritirata nel gennaio 2010. Da allora, e fino al gennaio 2012, quando, disperato e preoccupato, la rivende, l’auto subisce ben cinque guasti, e lo lascia per strada altrettante volte, anche in autostrada, con le proprie adorate bambine a bordo, quando la vettura, all’improvviso durante un sorpasso, segnala un’anomalia al motore, e non accelera più nonostante la pressione sul pedale dell’acceleratore, con ogni immaginabile pericolo.
L’assistenza ufficiale, ogni volta, previo traino dell’auto per l’impossibilità di proseguire la marcia, ripara gratuitamente, in quanto coperti da garanzia di buon funzionamento, i guasti via via verificatisi, tra l’altro sempre ad organi meccanici diversi. Al quarto guasto, il proprietario, furibondo, dopo aver speso tale importante somma solo per garantire la massima sicurezza alle proprie figlie, come il Testo Unico del Consumo del 2005 consente, chiede la sostituzione dell’auto, evidentemente ed irrimediabilmente difettosa e pericolosa. Per tutta risposta, il venditore (l’unico soggetto con cui è possibile lamentarsi e far valere le proprie ragioni ai sensi del Testo Unico del Consumo), afferma che le “auto si possono sempre rompere”, e che, dal momento che i guasti via via verificatisi sono stati riparati in garanzia, lo sfortunato proprietario del pericoloso “bidone”, tacciato di eccessiva emotività, non avrebbe titolo a domandare alcunché, negando quindi la chiesta sostituzione.
A quel punto la possibile strada da percorrere era triplice: tacere e tenersi o rivendere l’auto, fare causa e chiedere la risoluzione, cioè lo scioglimento del contratto di vendita, con conseguente restituzione dell’auto e del prezzo pagato, a pena però di doversi tenere il pericoloso mezzo fino alla fine del giudizio civile intrapreso, o, infine, rivenderla e fare causa per “riduzione del prezzo”, ovvero per avere indietro la differenza tra il prezzo pagato da nuova ed il prezzo ricavato dalla vendita come usato, col vantaggio di liberarsi subito dell’auto, oltre a chiedere il risarcimento dei danni per il disagio patito.
Di questi giorni è la notizia che il giudice civile incaricato della trattazione e della decisione, già ritenuti sostanzialmente provati coi documenti prodotti (traini, riparazioni, etc.) e non contestati i malfunzionamenti lamentati, ha deciso la causa, iniziata alla fine del 2011, stabilendo un risarcimento di euro 6.300,00, oltre interessi, e condannando la concessionaria a rimborsare le spese legali. “Faremo davvero giurisprudenza! L’unico precedente reperito e sinora pubblicato – afferma l‘Avv. Edilio Grappiolo, che ha curato la vicenda – riguarda un camper acquistato nuovo da due pensionati lombardi, per godersi la meritata pensione, ma in cui irrimediabilmente entrava acqua, nonostante ogni tentativo di riparazione. Il Tribunale di Lecco ha sentenziato la risoluzione del contratto, con conseguente reciproca restituzione del camper difettoso e del prezzo pagato, oltre al rimborso delle spese legali occorse. Purtroppo, spesso l’interessato lascia perdere, senza fare causa. Questa sentenza reca giustizia al mio cliente, il cui unico pensiero è sempre stato la sicurezza delle proprie amate bambine, purtroppo messa davvero a repentaglio nonostante ogni sforzo, anche economico, fatto per evitarlo”. Un’arma in più per difendere il proprio diritto, in una gamma di rapporti spesso connotati da sbilanciati rapporti di forza.