Vent’anni di carcere. Questa la condanna richiesta dal Pubblico Ministero Antonella Politi, al termine di una requisitoria lunga circa un’ora e mezza, davanti alla Corte d’Assiste presieduta dal giudice Laura Russo (Francesca Minieri a latere), per Fulvio Sartori, 81 anni, accusato di omicidio volontario e animalicidio per aver ucciso la moglie, Tina Boero, e la cagnolina Luna, sgozzandole nella notte dello scorso 19 aprile 2021 nella propria abitazione di Rocchetta Nervina, nell’entroterra di Imperia.
A Sartori, difeso dall’avvocato Roberta Rosso, sono contestate quattro aggravanti, la crudeltà, i futili motivi, la minorata difesa (la vittima dormiva e non poteva difendersi) e il legame di parentela. Non ha mai chiarito agli inquirenti i motivi che lo avrebbero portato ad uccidere la moglie.
Imperia: omicidio Rocchetta Nervina, chiesti 20 anni per Fulvio Sartori
La requisitoria del Pubblico Ministero
“Sartori, come emerso dalle perizie del Pubblico Ministero e del Tribunale, al momento dei fatti era affetto da un vizio parziale di mente, un difetto di imputabilità che, però, non la esclude. Analizzeremo tutte le circostanze, relative alla personalità del Sartori, per verificare come questo vizio parziale di mente possa aver influito sulla coscienza e volontà del fatto e sulla capacità di intendere e volere dell’imputato.
Le circostanze aggravanti dovranno essere bilanciate con le attenuanti, in particolare, appunto, con il vizio parziale di mente. Da che parte pende la bilancia?
Sartori è un ex guardia forestale, andato in pensione a circa 45 anni. Era un cacciatore di cinghiali. Aveva anche collaborato con i Carabinieri della stazione di Dolceacqua per aiutare le persone che avevano bisogno di ottenere il porto d’armi . Una persona onesta, che in passato aveva anche ricoperto l’incarico di vice sindaco.
Sartori è stato sottoposto a test psicodiagnostici, dai quali è emerso un decadimento cognitivo lieve, un disturbo depressivo culminato in un episodio acuto con alterazioni comportamentali. Altresì è stato escluso che si possa essere trattato di uno scompenso psicotico.
Sartori era sempre stato visto come un uomo lucido, senza vuoti di memorie, senza amnesie. Nel corso dei colloqui peritali ha descritto la moglie come nevrotica, come una persona che non accettava che le si dicesse di no (‘succedeva il finimondo’). La moglie, secondo Sartori, sarebbe cambiata e non ragionava più, tanto da aver fatto ipotizzare al marito un decadimento cognitivo.
Sartori ha detto, senza grande trasporto emotivo, di aver colpito la moglie con una martellata e, successivamente, dopo che quest’ultima si era voltata, di averle tagliato la gola, mimando anche il gesto. Alla domanda sulle motivazioni dell’uccisione del cane, ha cambiato tono, rispondendo con rabbia, a voce alta, che l’animale abbaiava.
L’imputato ha poi raccontato di essere depresso per via del cambiamento, nelle ultime settimane, della moglie. I periti hanno fatto riferimento alla cosiddetta visione a cannocchiale, ovvero la situazione nella quale la persona depressa non vede e non trova altra soluzione.
Sartori nel corso del secondo colloquio ha spiegato di aver maturato la decisione di uccidere la moglie nei giorni precedenti al delitto e di aver fatto fatica a dormire, rimanendo sveglio pensando a cosa fare. Alla fine ha deciso di voler uccidere la moglie, il cane e poi se stesso. Ha aggiunto di aver agito pochi giorni dopo aver preso la decisione.
Una decisione presa senza la minima empatia, senza pensare di poter infliggere una sofferenza indicibile alla moglie. Invito a mettervi nei panni della moglie, abituata a vivere da anni accanto al marito, per il quale si preoccupava. Venire svegliata brutalmente alle quattro di notte da un colpo in testa, non idoneo però a tramortirla, con un batticarne. Poi voltarsi e, al buio, essere aggredita da una persona che continua a sferrarle dei tagli. Una cosa terribile, da film dell’orrore. Il marito le taglia la faccia, poi il collo. Una cosa indicibile, soprattutto se proiettata in un ambiente di vita familiare, in un piccolo paese. Siamo davanti a un omicidio brutto, crudele, efferato.
Il Sartori, però, seppur molto determinato contro la moglie, arrivando quasi a tagliarle la testa, si è inflitto poi tagli alla gola e ai polsi ma non tali da determinare la morte.
L’imputato non ha mai voluto rendere spontanee dichiarazioni, non ha mai mostrato un pentimento, un dolore o un dispiacere. Non solo per l’evento, ma anche per le modalità.
Il primo a intervenire sul luogo del delitto è stato il nipote, un volontario della pubblica assistenza, a cui Sartori disse ‘non ce la facevo più’.
Tra le aggravanti contestate ci sono i futili motivi, perché proprio al nipote Sartori disse, immediatamente, di aver ucciso la moglie per colpa di un coniglio. Perché il giorno prima a tavola aveva preparato il consiglio e la moglie non lo aveva voluto, sostenendo di non averlo mai mangiato.
Sempre Sartori, al nipote, ha raccontato che la moglie si sarebbe accorta dell’accaduto. ‘E’ stato un attimo’ ha detto l’imputato. Ma non è stato un attimo, perché la moglie presentava dei tagli sulle braccia a dimostrazione del fatto cha ha tentato di difendersi.
L’imputato ha detto ancora al nipote ‘Speravo che stamattina ci trovaste qui tutti e tre morti’.
Per quanto riguarda la moglie del Sartori, viene descritta come una malata immaginaria. La verità credo stia nel mezzo. Da una parte le ansie della donna, dall’altra i dolori, i fastidi, normali, per una donna con più di 80 anni.
Tina Boeri non usciva mai, tranne il giorno prima della morte quando era andata a messa perché ricorreva l’anniversario della morte della madre. Il nipote dopo la messa la invita a casa, con il marito. I parenti, sentiti, hanno detto che li avevano visti tranquilli. Hanno raccontato di una moglie felice. Una volta poi tornati a casa i due coniugi hanno avuto la lite per il coniglio.
La moglie del Sartori viene descritta da tutti i parenti come una donna pesante, dal carattere spigoloso. E’ emerso il quadro di una persone ansiosa, che si lamentava sempre. Nessuno, però, ha mai riferito di comportamenti brutti da parte della moglie nei confronti del marito. Sartori è stato descritto come l’uomo che la viziava, tanto che il nipote chiama la zia, zia bambina.
Non c’era però una situazione tale da giustificare l’omicidio della donna. Credo si sia trattato di un gesto maturato per l’odio e il livore maturato negli anni verso questa donna da Sartori. Sentimenti che l’imputato non è mai riuscito a esprimere. Un odio cresciuto negli anni, poi culminato nell’omicidio.
Un omicidio che si sarebbe potuto evitare chiedendo aiuto.
La vittima è stata ritrovata in una posizione che fa propendere per il tentativo della donna di difendersi. Sartori ha provato più volte a colpirla alla gola, ha fatto vari tentativi per tagliarle la gola. E’ stato davvero abominevole.
Per quanto riguarda il cane, è stato attinto dalle coltellate dopo la morte della moglie. Perchè abbaiava ha spiegato l’imputato.
Quella di Sartori è stata un’azione pacata, ragionata, con una tale crudeltà da lasciare increduli. Un omicidio che però stride con la personalità dell’imputato. L’idea che mi sono fatta è che caratterialmente Sartori non ce la facesse più. La moglie da molti anni era pesante, ma questa non è una giustificazione.
Poteva chiedere aiuto, separarsi. Ha spiegato di non essersi rivolto ai nipoti per per timore di finire in una casa di riposo. Non convince, però, la tesi della persona che non vedeva alcuna via d’uscita. Non convince l ‘idea che abbia ucciso il cane per non lasciarlo da solo, per pietà.
Certamente il suo stato ha alterato la capacita di intendere e volere, l’omicidio è arrivato al culmine di una rabbia repressa verso una moglie che guardava solo ai propri bisogni, che non teneva in considerazione lo stato d’animo marito. Sartori preferiva il carcere a vita, piuttosto che rimanere a vivere in quella casa, per lui un carcere interiore.
Sartori è stato spinto da un odio, da una rabbia, che non aveva mai confessato a nessuno, verso la moglie e il cane”.
Per quanto riguarda le parti civili, le associazioni animaliste Enpa (rappresentata dall’avvocato Claudia Ricci) e Anpana (rappresentata dall’avvocato Adriano Colombo), si sono associate alla richiesta di condanna del Pm, annunciando che eventuali risarcimenti saranno devoluti in beneficenza.