“La condotta gravemente negligente prima e nel corso dell’emergenza ha condotto all’infausto evento del decesso di Mauro Feola”. Ecco perché sono stati condannati, in Tribunale, a Imperia, con l’accusa di omicidio colposo, i due bagnini dello stabilimento “Papeete Beach” Aldo De Notaris e Caterina Pandolfi.
La morte di Mauro Feola, lo ricordiamo, avvenne il 25 luglio del 2015, per annegamento, nel tentativo di salvare il figlio Alessandro, in balia delle onde.
Le motivazioni della sentenza di condanna (1 anno e 2 mesi Aldo De Notaris, 1 anno Caterina Pandolfi, difesi dall’avvocato Erminio Annoni) sono state depositate nei giorni scorsi, a distanza di poco meno di due anni dalla lettura del dispositivo.
Imperia: Morte Mauro Feola, ecco perché sono stati condannati i bagnini
La sentenza del giudice monocratico Laura Russo si apre con un’analisi dello stato dei luoghi al momento dei fatti per poi addentrarsi nella cronistoria dei fatti e nell’accertamento delle responsabilità dei due imputati.
Lo stato dei luoghi
“Mauro Feola è nella porzione di spiaggia ‘libera’ con i figli. Le condizioni del mare non sono quelle tipicamente estive. C’è un’onda lunga che sbatte sino a metà spiaggia […] non così alta da impedire ai ragazzi di riuscire a tuffarsi dallo scoglio poco lontano da riva […] ma abbastanza per rendere vigili i genitori […] e da far notare a costoro l’assenza della bandiera rossa […] bandiera rossa che verrà issata solo al tragico epilogo della giornata […] e notata dal Sottocapo di Seconda Classe Tamborrino.
Il mare peggiora e il figlio di Feola è in difficoltà
“Dopo le 17, all’ingrossare del mare, uno degli assistenti bagnanti del Papeete Beach (che confina con la spiaggia libera, ndr) fischia più volte per allertare le persone in mare.
L’insicurezza aumenta e la teste Grassi (una delle testimoni dei fatti, ndr) richiama il figlio fuori dall’acqua: questi, uscito e avvicinatosi alla madre, le riferisce che un signore avesse chiesto il suo aiuto in quanto il figlio, che era anch’egli sullo scoglio a tuffarsi, non riusciva a tornare a riva”.
Mauro Feola interviene in soccorso del figlio e vengono spinti dalla corrente verso il Papeete Beach
“La teste Grassi si dirige, col proprio figlio, verso il punto ove si trova Mauro Feola e da questo momento ha diretta visione degli eventi. ‘Andiamo verso il signor Feola che nel frattempo vedo buttarsi in acqua per raggiungere il figlio. Il figlio stava, diciamo così, subendo la corrente e quindi stava andando verso il Papeete. Feola ha messo in sicurezza, questo io l’ho visto, la bambina, la piccolina, l‘ha affidata a qualcuno, non saprei, e ha raggiunto quindi il ragazzo. Il ragazzo aspettava il padre, sostanzialmente, e il padre lo stava rassicurando. Nel frattempo la corrente li ha spinti molto verso il Papeete”.
La situazione precipita
“La situazione precipita, i due uomini in mare (Mauro Feola e il figlio) non riescono a contrastare la corrente. La Grassi non li perde di vista: ‘io e mio figlio li raggiungiamo e ci mettiamo assolutamente davanti a loro e io dico al signor Feola: ce la fate? Avete bisogno?‘, lui mi dice: ‘Non ce la facciamo, vada a chiamare aiuto“. La Grassi si rivolge istintivamente allo stabilimento balneare, nell’ovvia convinzione ci fosse un bagnino, ‘mi hanno riposto che non c’era un bagnino, ho detto che c’era una persona in difficoltà con il figlio, di chiamare aiuto […] Andando di nuovo verso il Papeete, ho visto questa scena: il Feola e il ragazzo erano sicuramente, diciamo così, avvolti dalle onde che stavano sempre più ingrossando e con, immagino io, uno sforzo enorme, il Feola ha spinto il ragazzo e quindi lo ha fatto scavallare l’incrocio di onde e il ragazzo è arrivato in spiaggia’.
Feola Alessandro viene accolto dalla donna che cerca di rassicurarlo, prima di tornare al Papeete per sollecitare gli aiuti e – nell’inerzia di chi avrebbe dovuto tutelare – impegnarsi ella in prima persona.
‘Ho parlato con, credo, un titolare perché ho detto ‘Dov’è il bagnino, dov’è il bagnino?’ Sinceramente non ricordo cosa mi sia stato risposto, ho chiesto: dateci qualcosa, non avete, come dire, qualcosa da darci? Dateci un salvagente, quantomeno, e con una certa difficoltà abbiamo ottenuto questo salvagente. Ho ottenuto questo salvagente facendo peraltro anche fatica fisica a portarlo’.
Grassi consegna il salvagente a due o tre uomini che ‘erano arrivati dal Pennello’, dall’adiacente spiaggia libera, escludendo la presenza di De Notaris. Costoro, insieme al figlio della donna, trovano difficoltà con la cima del salvagente ‘aggrovigliata, con un groviglio di cime, più che arrotolata’.
Il primo contatto con De Notaris
“Non solo la Grassi, ma anche Bertolina (altro teste, ndr) e il conoscente che era con lui allertano il bagnino De Notaris. ‘Abbiamo visto il bagnino, abbiamo deciso di andare verso di lui dicendogli che secondo noi avevano difficoltà a rientrare. Ci siamo rivolti direttamente a lui facendogli notare questa cosa […]’. Il bagnino ha una reazione del tutto inaspettata. ‘Nel momento stesso in cui segnaliamo questa cosa lui è già in possesso del salvagente che praticamente consegna a noi, direttamente dicendo ‘Che cosa posso fare?‘, testuali parole, ‘Che cosa cazzo posso fare?‘.
Sono, dunque, Bertolina e l’amico che raggiungono la battigia col salvagente e tentano – a turno, inutilmente – di lanciarlo a Feola che è ancora in acqua col figlio [….] nel frattempo, tuttavia, il ragazzo riesce a uscire dall’acqua”.
“Questo è un momento importante nella vicenda – scrive il giudice – quantomeno De Notaris è informato della situazione estremamente pericolosa, e – in quel momento – Feola è certamente ancora vivo, e – anzi – riesce a far uscire dall’acqua il figlio. Quest’ultimo, poi, è visibilmente scosso e urla la sua supplica — e la sua rabbia — a chi dovrebbe aiutare il padre. ‘Bastardi, entrate in acqua, salvate mio padre, teste di…Entrate, non vedete che sta morendo? Salvatelo, salvatelo, entrate, entrate'”.
L’immobilismo dei bagnini
“Trippodo (altro teste, ndr) chiama il 113 alle 18:53, poco dopo Feola perde i sensi e il teste ne vede il capo reclinato in acqua. Descrive, quindi, l’inconsistenza della condotta di De Notaris che correva avanti e indietro con la ciambella di salvataggio, spostandosi anche sul moletto a sinistra, per poi tornare sulla spiaggia solo per aggredire Alessandro (Feola, ndr) dicendogli ‘che cazzo avete fatto, siete proprio dei deficienti’. E sente una ragazza che dice ‘Io non mi butto’ […]. Se Trippodo non riesce a identificare chi sia questa ragazza, è pur vero che solo un assistente bagnanti poteva — e doveva – porsi il problema, e dunque proferire una tale asserzione.
L’inedia dei bagnini suscita le rimostranze anche dei presenti in strada […] Solo adesso – perché Alessandro (Feola, ndr) aveva scavalcato la cima delimitante lo stabilimento balneare Papeete beach, la teste Grassi nota per la prima volta la presenza di una bagnina.
‘Ricordo che chiedevo espressamente alla bagnina se aveva almeno chiamato i soccorsi, ma la stessa rispondeva vagamente e in maniera confusa […] Poco dopo sopraggiungeva un altro bagnino, un uomo anziano, il quale decideva di rivolgersi ad Alessandro, nonostante lo stesso fosse in stato di shock e gli diceva ‘la colpa è tua che sei entrato in acqua, c’era la bandiera rossa’.
In questo momento, dunque, quando la situazione è nota non solo ai bagnini ma — anche – ai bagnanti assembrati sulla spiaggia e ai passanti sulla sopraelevata strada, Feola è ancora vivo: si tratta di un dato straordinariamente rilevante […] così apparendo indubitabile come, in quei lunghi minuti, i bagnini avrebbero potuto salvare lo sfortunato bagnante”.
Il tentativo di salvataggio
“Bruzzo (altro teste, militare della Capitaneria, ndr) non esita, precipitandosi verso la battigia e decidendo di entrare in acqua, e dietro di lui altri due giovani. ‘Sono entrato in acqua perché mi sentivo in grado di affrontare quel mare, quella situazione. Io non sono nè un bagnino, nè niente, non ho nessun brevetto da bagnino, però in quel periodo quotidianamente andavo in piscina. Spesso, era estate, era luglio, andavo al mare, andavo anche in mare’. Bruzzo realizza di essere in grado di tuffarsi e salvare l’uomo in mare […] Certamente, la sua valutazione – attesi i 27 anni per mare – è diversa e superiore rispetto quella del normale bagnante, ma certamente in difetto rispetto la preparazione di un bagnino”.
La morte di Feola
“Quindi, la scena che nota la Grassi ‘ho visto […] il signor Feola che ha tentato in tutti i modi ovviamente di resistere, è stato sommerso da una prima onda, è riemerso vivo, è stato sommerso da una seconda onda, è riemerso morto […] E da quel momento in avanti io credo che siano passati diversi minuti e il signor Feola era li, davanti agli occhi di tutti’.
Bruzzo e i due sconosciuti (uno dei quali è riuscito ad afferrare la mano del povero Feola) portano il corpo del Feola sulla spiaggia, a ciò sollecitati dal personale del 118 che, nel frattempo, era sopraggiunto insieme ai Vigili del Fuoco, ai Carabinieri, alla Capitaneria, tutti evidentemente allertati dai presenti. Il dr. Abdallah Sharif non potrà far altro che constatare — alle 19:05 – il decesso di Feola Mauro”.
Le tesi della difesa e il fischietto
“Gli argomenti difensivi si fondano essenzialmente su due punti: il primo, che i bagnini del Papeete Beach non avessero alcun obbligo giuridico di intervenire in favore di persone diverse dai clienti dello stabilimento. Il secondo, che – stanti le condizioni del mare — non poteva essere chiesto ai bagnini un intervento che avrebbe posto la loro stessa vita in pericolo. Sostiene, inoltre, la difesa, come De Notaris e Pandolfi abbiano più volte fischiato per richiamare l’attenzione di coloro che si trovavano in acqua, invitandoli a uscire attesa la pericolosità delle onde.
Tale suono sarebbe stato percepito solo da coloro che si trovavano all’interno dello stabilimento Papeete, alle spalle di chi stava utilizzando il fischietto, ma non da coloro che erano invece più vicino al mare. Tale circostanza pone in dubbio si trattasse del fischietto professionale indicato dalla Capitaneria di Porto. In ogni caso, anche sulla base delle dichiarazioni degli stessi imputati, il fischietto è stato utilizzato ben prima dell’ingresso in acqua del povero Feola, unico ad accorgersi della difficoltà in cui versava il figlio […] È del tutto evidente come tale prudente condotta non possa servire a esonerare il bagnino dal successivo intervento laddove ciò si renda — come nel caso che occupa —necessario. Quand’anche — come rileva la difesa — sia stato l’utente a porsi in una situazione di pericolo”.
La posizione di garanzia del bagnino
“La posizione di garanzia del bagnino impone il controllo dell’intero specchio acqueo del quale abbia diretta percezione: l’obbligo riguarda chiunque si trovi nel raggio di intervento […] indipendentemente dal punto in cui il bagnante sia entrato in mare appartenga o meno alla concessione dello stabilimento balneare del quale l’Assistente Bagnanti è dipendente. Inoltre, si tratta di posizione particolarmente qualificata poiché sussiste obbligo di intervenire anche — soprattutto – in via precauzionale, poiché deve garantire un’immediata assistenza del bagnante in possibile difficoltà”.
L’importanza della prevenzione
“Che i due imputati non avessero cognizione alcuna sul da farsi lo dimostrano le azioni intraprese nelle fasi immediatamente precedenti all’incidente: in seguito a un repentino cambiamento delle condizioni meteo marine, De Notaris – assistente bagnante in servizio con più esperienza – ha ritenuto più opportuno occuparsi della messa in sicurezza del materiale del bagno […] piuttosto che supportare la collega e accertarsi che non vi fosse alcuno che necessitasse di aiuto.
In conclusione l’attività principale nella sorveglianza balneare è da rinvenire nei processi di prevenzione e, di conseguenza, l’intervento diretto deve considerarsi una conseguenza di una mancata efficacia delle azioni preventive da attribuirsi a possibili differenti variabili con incidenza statistica più o meno significativa [….] In particolare, nel nostro caso appare evidente come l’azione preventiva non sia stata efficientemente codificata, e come la mancata efficacia operativa sia da ravvisarsi in una negligente valutazione iniziale la cui responsabilità è da attribuirsi anche al gestore dello stabilimento balneare che non ha saputo effettuare una opportuna valutazione dei rischi, non solo in termini di sorveglianza balneare, ma anche in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Feola poteva essere salvato?
“Il dr. Orengo Maglione ha fornito una esatta indicazione del tempo impiegato dal povero Feola per spirare: ovvero, in misura non inferiore ai 6-7 minuti […] Senza approfondire ogni fase, ciò che preme rilevare è come la fase di sorpresa consista nel primo e unico atto inspiratorio riflesso (cioè, la prima boccata d’acqua involontaria) a seguito di immersione. Che per chi non è capace a nuotare coincide con il primo inabissamento, ma che nel nuotatore, come Feola, giunge —ovviamente – solo a seguito di estrema stanchezza e difficoltà […] Fase che deve essere individuata nel momento in cui Trippodo vede chiaramente la testa dell’uomo andare sott’acqua, atteso che i momenti prima Feola era ancora in grado di tenere il capo sollevato e tentare finanche un movimento delle braccia.
Si ricorda che è in questo momento – le 18:53 – che lo stesso Trippodo allerta il 113. Da qui, la vittima comincia il suo viaggio verso la morte: in questo momento De Notaris e Pandolfi sono perfettamente a conoscenza della situazione di pericolo […] e ciò è talmente vero che ancor prima — alle 18:50 — è Gobbi Rossella, titolare dello stabilimento balneare Papeete Beach a contattare il 1530 per chiedere soccorso […] Così apparendo indubitabile come, in quei lunghi minuti, i bagnini avrebbero potuto salvare lo sfortunato bagnante che, invece, giunge a riva già cadavere.
Del resto, anche ai presenti — digiuni di manovre di salvataggio — era evidente ‘un’assoluta disorganizzazione’ e comprendevano l’inutilità del tentativo di lanciare da riva la ciambella con onde piuttosto alte […] Del resto, ben tre persone sono poi entrate in acqua attesa l’inconcepibile inerzia degli assistenti bagnanti […] Non senza omettere di osservare come i due assistenti bagnanti non si fossero — ancor prima – neppure accorti del serio problema in cui versava Feola Alessandro. Un attento monitoraggio della situazione di mare difficile li avrebbe condotti in aiuto del ragazzo prima dell’ingresso in acqua del padre, evitando così la tragedia. Invece De Notaris si stava preoccupando di spostare i lettini della prima fila del Papeete Beach perché non fossero raggiunti dalle onde.
Sulla base di tutte le suesposte considerazioni deve, dunque, dichiararsi la penale responsabilità di entrambi gli imputati per il reato loro ascritto. La loro condotta gravemente negligente prima (nel non predisporre un piano di intervento e dotarsi di attrezzatura che — benchè non obbligatoria — sarebbe stata utile vista la conformazione dei luoghi) e nel corso dell’emergenza (nel non entrare in acqua immediatamente, appena resisi conto della difficoltà di Feola certamente ancora vivo, limitandosi a correre lungo la spiaggia, poi lungo il molo e poi ancora lungo la spiaggia nell’insensato tentativo di lanciare la ciambella di soccorso) ha condotto all’infausto evento del decesso di Feola Mauro. Del tutto plausibile la spiegazione […] che i due abbiano avuto paura e non siano stati in grado di gestire correttamente la situazione di emergenza per la quale sono addestrati”.