25 Dicembre 2024 02:14

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Imperia: indennità ex guardie mediche, Corte dei Conti condanna nove ex dirigenti Asl1. Ecco nomi e importi

In breve: La Corte dei Conti ha condannato nove ex dirigenti dell'Asl 1 Imperiese a rifondere all'azienda 266.111,77 euro per l'illegittima erogazione della retribuzione aggiuntiva ai medici di continuità assistenziale (ex guardie mediche).

La Corte dei Conti ha condannato nove ex dirigenti dell’Asl 1 Imperiese a rifondere all’azienda 266.111,77 euro per l’illegittima erogazione della retribuzione aggiuntiva ai medici di continuità assistenziale (ex guardie mediche).

La contestazione delle indennità, sfociata nella sentenza di cui sopra, ha fatto seguito a un’inchiesta della Guardia di Finanza, denominata “Viribus unitis”, che ha riguardato tutte e cinque le Asl liguri. Una sentenza “fotocopia” della Corte dei Conti, resa pubblica nei giorni scorsi, ha visto la condanna di sette ex dirigenti della Asl 3 Genovese.

Imperia: indennità ex guardie mediche, condannati ex dirigenti Asl

I nove ex dirigenti condannati, per colpa grave, a rifondere all’Asl 1 Imperiese il contestato danno erariale sono:

  • Dott. Mauro Barabino: euro 23.018,79 (ex direttore generale)
  • Dott. Mario Cotellessa: euro 11.010,48 (ex direttore generale)
  • Dott. Marco Damonte Prioli: euro 71.199,46 (ex direttore generale)
  • Dott. Davide Dulbecco: euro 15.152,63 (ex direttore amministrativo)
  • Dott. Claudio Balbi: euro 14.156,34 (ex direttore amministrativo)
  • Dott.ssa Sara Cagliani: euro 50.245,73 (ex direttore amministrativo)
  • Dott. Giovanni Bruno: euro 25.927,96 (ex Direttore della S.C. Governo Clinico e Monitoraggio delle Attività Assistenziali).
  • Dott. Roberto Predonzani: euro 35.918,43 (ex Direttore S.C. Distretto di Ventimiglia)
  • Dott. Vincenzo Fatone: euro 19.481,95 (ex Direttore S.C. Medicina convenzionata e protesica)

Il danno erariale derivante dall’illegittimo versamento dell’indennità aggiuntiva è stato quantificato in euro 323.573,42 per il 2016, euro 362.717,75 per il 2017, euro 389.045,85 per il 2018 ed euro 333.976,35 per i primi tre trimestri del 2019, per un totale di euro 1.409.313,37.

Le cifre da rifondere all’Asl sono state calcolate in base al livello di responsabilità degli ex dirigenti e alla durata del loro incarico, con una riduzione del 30%.

Sono stati risultati estranei a ogni responsabilità l’ex Direttore Sanitario, dott. Guglielmo Bracco, e l’ex Direttore del Dipartimento Risorse Umane e Monitoraggio Processi Amministrativi, dott. Lorenzo Anfossi.

L’origine del procedimento

“Fin dal 2003 si legge nella sentenza – un ordine del giorno del Consiglio regionale della Liguria aveva impegnato gli organi di governo a stipulare un accordo per migliorare il basso trattamento economico dei medici di continuità assistenziale, individuato come principale causa della carenza di tali operatori. Con l’Accordo Integrativo Regionale (“A.I.R.”) del 21 luglio 2003, era stata riconosciuta ‘una quota aggiuntiva pari a 5 euro sulla quota oraria del servizio di continuità assistenziale a fronte della relativa rilevazione epidemiologica o altre eventuali progettualità, da concordarsi a livello aziendale a partire dal 1° luglio 2003′.

Gli accordi successivi avevano poi vincolato le A.S.L. ‘a definire e concordare con le OO.SS. maggiormente
rappresentative le progettualità […], prevedendo anche le modalità di verifica del raggiungimento degli obiettivi e di corresponsione della relativa remunerazione’ e ad affrontare in sede di Comitato Regionale la mancata definizione dei progetti (A.I.R. dell’11 gennaio 2007).

Tuttavia, sebbene la centralità dei progetti fosse stata confermata dagli accordi succedutisi nel tempo, dal 2003 in poi, l’A.S.L. 1 Imperiese, fin dalla deliberazione n. 570 del 26 settembre 2003, avrebbe corrisposto ai medici di continuità assistenziale l’indennità aggiuntiva solo a fronte di attività ordinarie e/o di progetti poco significativi, quali la compilazione del ìmodello Mì e del foglio firme, e non di prestazioni ulteriori. È stato, quindi, contestato il danno erariale derivante dall’illegittimo versamento dell’indennità aggiuntiva”.

Chi è stato citato a giudizio

Il danno, secondo la Corte, si legge nella sentenza “sarebbe attribuibile, per la metà, ai dirigenti che avevano approvato i progetti con la deliberazione n. 570 del 26 settembre 2003 […] la rimanente metà sarebbe attribuibile a coloro che, pur avendo il potere/dovere di provvedere per gli incarichi ricoperti, non si sarebbero attivati per modificare le irregolari modalità di attribuzione delle indennità”.

Le motivazioni della condanna

“Il servizio di continuità assistenziale – si legge nella sentenza – rientra nella disciplina dei rapporti per l’erogazione delle prestazioni assistenziali da parte dei medici di medicina generale e assolve alla funzione di assicurare le prestazioni non differibili per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, quando non sono disponibili il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta. Il servizio è regolato da diverse fonti legislative e negoziali, a livello nazionale, regionale e aziendale.

La remunerazione variabile mira a stimolare gli addetti a tendere ai più alti livelli di professionalità e di rendimento. A questo fine, occorre, in primo luogo, che vengano definiti preventivamente obiettivi misurabili per guidare il lavoratore a orientare i propri sforzi verso la realizzazione dell’interesse pubblico perseguito dall’Amministrazione.

Gli obiettivi e le progettualità devono essere ragionevolmente sfidanti, nonché aggiuntivi rispetto alle normali mansioni e attinenti alle funzioni, in modo da creare valore per il datore di lavoro e giustificare l’ulteriore remunerazione. Devono, altresì, essere specifici e raggiungibili entro un periodo di tempo predeterminato, per consentirne la misurazione e non rimettere l’erogazione dei compensi al mero arbitrio di chi è chiamato a verificare la realizzazione dei progetti. Tali caratteristiche sono essenziali per assicurare una reale capacità incentivante degli obiettivi e della remunerazione variabile, che altrimenti possono rivelarsi inefficaci e tam quam non esset, tramutandosi in una integrazione indiretta del compenso fisso, in elusione delle procedure previste dall’ordinamento.

A fronte di tale quadro, l’erogazione della maggiorazione oraria da parte dell’A.S.L. 1 Imperiese si rivela illegittima e foriera di danno erariale, in quanto non fondata su credibili progetti aggiuntivi approvati secondo le procedure previste. Tanto a livello nazionale, quanto a livello regionale, infatti, la contrattazione collettiva richiedeva che le attività sottese alla maggiorazione oraria fossero ulteriori rispetto a quelle ordinarie. Nella fattispecie, tuttavia, l’unico documento relativo alle progettualità rilevanti per la maggiorazione oraria è la deliberazione del Direttore Generale n. 570/2003. Quest’ultimo ha collegato l’aumento all’attività di rilevazione epidemiologica non ad attività ulteriori rispetto a quanto comunque richiesto ai medici, bensì alla semplice compilazione del modello M e del foglio firme.

La compilazione del modello M, tuttavia, era già espressamente imposta dall’art. 54 dell’A.C.N. del 2000, dall’art. 67 dell’A.C.N. del 2005 e, da ultimo, dall’art. 15 dell’allegato alla deliberazione dell’ASL 1 Imperiese del
3 giugno 2013 n. 441, recante ‘Regolamentazione attività e orari dei medici di continuità assistenziale’. Pertanto, la sua compilazione non può in alcun modo essere considerata alla stregua di un compito ulteriore.

Dall’altro lato, la compilazione del foglio firme risulta essere un adempimento burocratico necessario e routinario, strumentale allo svolgimento della prestazione medica. La sua compilazione, dunque, non implica alcun reale impegno supplementare rispetto a quanto già richiesto.

Le attività di compilazione del modello M e del foglio firme, dunque, non hanno comportato alcun maggiore e più gravoso lavoro rispetto a quello a cui i medici erano già tenuti ed erano inidonee a legittimare l’erogazione della maggiorazione oraria.

L’erogazione non può essere giustificata neanche dalla carenza di medici di continuità assistenziale e dalla conseguente necessità di un espediente per incrementare la remunerazione degli addetti, giacché l’erogazione surrettizia di un incremento stipendiale mascherato da remunerazione variabile è senz’altro illegittima, oltre a essere foriera di danno erariale. Nel caso in esame, sebbene, come visto, la normativa richiedesse la prestazione di servizi supplementari, è stata, di fatto, surrettiziamente incrementata la retribuzione fissa, in aperta violazione dei processi decisionali e della ripartizione di poteri deliberativi previsti dalla legge.

Tale violazione, peraltro, non è stata indotta da una situazione contingenziale, ma si è protratta per diversi lustri, radicandosi quale prassi strutturale, nonostante l’A.S.L. avesse beneficiato di un congruo periodo di tempo per rimediare alla pretesa inadeguatezza della retribuzione delle ex Guardie mediche. Il potenziamento della continuità assistenziale avrebbe potuto essere affrontato nelle opportune sedi istituzionali, secondo le procedure previste dall’ordinamento e rispettando le prerogative decisionali dei soggetti competenti. In alternativa, gli esponenti dell’A.S.L. avrebbero potuto subordinare l’erogazione aggiuntiva al raggiungimento di obiettivi seri e credibili. Non è, dunque, giustificabile l’erogazione della maggiorazione oraria in assenza delle previste progettualità”.

Le responsabilità della Regione e l’esercizio del potere riduttivo del 30%

Gli organi regionali risultano aver direttamente propiziato e fatto pressione sugli organi aziendali per ottenere l’attuazione dell’A.I.R. del 2003, senza concedere un adeguato tempo di ponderazione. In tal senso, già in data 22 settembre 2003, appena un mese dopo la comunicazione dell’A.I.R. 2003 – approvato il 21 luglio 2003 e, a quanto consta, pervenuto all’A.S.L. l’8 agosto successivo –, un Capogruppo del Consiglio regionale ha insistito sulla maggiorazione di 5 euro all’ora, affermando quanto segue: ‘doveva decorrere dal 1° luglio 2003: siamo quasi alla fine di settembre e degli aumenti con relativi arretrati in busta paga non se n’è vista l’ombra. […] È necessario quindi da parte del sottoscritto richiamare codesti Direttori Generali ad attuare la sopracitata delibera regionale ed il Presidente della Giunta e l’Assessore regionale alla Salute ad intervenire nei confronti dei responsabili delle ASL per far rispettare l’accordo oggetto della delibera menzionata’.

A fronte di tale comunicazione, l’A.S.L. ha evidentemente percepito l’urgenza di provvedere, approvando gli obiettivi con deliberazione del 26 settembre 2003 e comunicandoli alla Regione (nota prot. n. 50056 del 27 ottobre 2003); quest’ultima non risulta aver mosso obiezioni.

Non risulta che la Regione abbia mai intrapreso alcun atto di controllo sulla corretta implementazione dell’Accordo regionale. Tale circostanza non può giustificare un comportamento apertamente contrario alla legge e agli accordi integrativi, ma la mancanza di un coordinamento regionale e l’acquiescenza devono essere tenute in debito conto dal Collegio e giustificano l’esercizio del potere riduttivo, con l’effetto di un equo abbattimento dell’importo della condanna nella misura del 30%”.

 

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