Ha preso il via, in Tribunale a Imperia, il processo che vede sul banco degli imputati un 62enne (difeso dall’avvocato Giovanni Di Meo e dall’avvocato Alessandra Gandolfi), accusato di lesioni personali aggravate.
Imperia: a processo un 62enne per lesioni aggravate
In fatti risalgono al 26 settembre 2018. Nel dettaglio, secondo l’accusa, il 62enne, alla guida della sua auto, mentre percorreva la strada per Vasia, avrebbe colpito volontariamente un ciclista di 53 anni che procedeva nella stessa direzione, facendolo cadere a terra e trascinandolo insieme alla bicicletta per alcuni metri, procurandogli escoriazioni e una frattura del bacino, giudicate guaribili in 77 giorni.
Diversa la versione dell’imputato che, come dichiarato durante l’esame di alcuni giorni fa, ha dichiarato di non aver visto il ciclista prima dell’impatto poichè distratto da un altro ciclista che urlava e inveiva contro di lui.
La testimonianza della parte offesa
“Ero in bicicletta con un gruppo di amici finito il lavoro. Siamo partiti da Imperia per percorrere la salita verso Vasia. A metà salita mi sono staccato, sono salito più piano degli altri. Di solito ci vediamo in paese per continuare insieme. Quando sono entrato nell’abitato di Vasia mi ha affiancato una Jeep. Mi ha superato poi ha inchiodato, mi ha lasciato passare sulla destra. A quel punto l’ho sentito ripartire, mi ha affiancato, ha sterzato e mi ha preso sotto la macchina. Gli urlavo di smetterla, mi stava portando avanti sotto la macchina. La bici era finita sotto la macchina, io per fortuna no.
Non avevo mai visto il conducente, solo dopo ho scoperto dopo nome e cognome, non l’avevo mai visto nè conosciuto. Quel giorno ricordo che ha detto che gli avevo fatto dei danni alla macchina. Dopo si è allontanato senza guardare come stavo. Sono rimasto seduto sotto shock fino all’arrivo dell’ambulanza. Non ho avuto nessun tipo di scambio con lui.
Se avesse sterzato per liberare la strada? Non mi sembra che stesse arrivando qualcuno. Io ero attaccato alla destra della strada. Ero per i fatti miei, andavo a un’andatura molto bassa.
Non ci ho mai parlato ne quel giorno nè mai, non ho ricevuto scuse. Ho avuto una parte di risarcimento dell’assicurazione per la bicicletta e poi ho fatto causa civile per le lesioni a me.
I miei amici ciclisti a quel punto stavano scendendo verso valle per tornare verso di me. Eravamo più o meno 200 metri dalla piazza principale di Vasia. Il conducente ha fatto retromarcia poi mi ha superato di nuovo e mi ha messo sotto.
La bicicletta si è distrutta, non è rimasto un pezzo intero. La bicicletta è rimasta sotto le ruote. Io non sono andato sotto la macchina fortunatamente. I danni che ho avuto sono stati dovuti al fatto che sono caduto a peso morto per l’impatto. Ho avuto una lesione al coccige per l’impatto e sono stato anche trascinato. La microfrattura l’ho scoperta dopo la risonanza che ho fatto dopo 1 mese dall’incidente perchè non riuscivo a stare seduto.
In base a quali elementi sostengo la volontarietà della manovra? Mi ha superato e poi mi ha lasciato passare e mi ha di nuovo superato, arrivato al mio fianco ha sterzato e messo sotto”.
Testimone 1: primo ciclista nel gruppo di amici della parte offesa
“Sono il primo ad essere tornato indietro per tornare incontro al mio amico. L’ho raggiunto, l’ho superato e ho fatto inversione per tornare indietro. Mi sono messo dietro l’auto, a una distanza di circa 40 metri. Mi ricordo che il mio amico era sulla destra tranquillo per conto suo. L’auto era dietro di lui, ha accelerato e sterzato contro di lui. Ho visto una scena, non ho mai assistito a una cosa del genere. Quando l’auto ha sterzato non ho più visto il mio amico, poi l’ho visto sdraiato con la testa contro la rete a bordo strada e la bici frantumata. Era per terra sotto shock. Il guidatore non si è preoccupato delle sue condizioni. È andato via e si è andato a sedere in cima alla piazza. Il mio amico gridava “perchè perchè”. Non arrivava nessuno dalla parte opposta che potesse giustificare la sterzata”.
Testimone 2: primo ciclista nel gruppo di amici della parte offesa
“Sono arrivato alla fontana e sono tornato indietro per raggiungere il mio amico. Dopo averlo raggiunto, ho fatto inversione per ritornare verso Vasia e ho visto la macchina che avevo davanti inchiodare e lasciare passare il mio amico sulla destra che pedalava a testa bassa. Non ho visto o sentito nessuno scambio di gesti o di parole. Dopo l’incidente il conducente non ha fatto niente. È sceso un attimo dall’auto ma non si è preoccupato per il ferito, non ha detto niente. Non arrivava nessuno dall’altro lato, la sterzata non era motivata da nessuna ragione”.
Maresciallo dei Carabinieri di Dolcedo
“Sono intervenuto insieme al mio collega. Abbiamo identificato le persone presenti che hanno assistito all’incidente. I veicoli coinvolti erano un fuoristrada e una bicicletta. Quando siamo arrivati il conducente del fuoristrada era sul posto, anche il ciclista. Non c’erano segni di frenata, ma graffi sull’asfalto per lo strisciare della bici, lunghi circa 2 metri.
Abbiamo richiesto l’ausilio della radiomobile per eseguire l’etilometro, il risultato era negativo. Per avere ulteriore conferma siamo andati al pronto soccorso, dove il conducente si è sottoposto al prelievo del sangue per vedere se avesse tracce di stupefacente, anche in questo caso è risultato negativo”.
L’esame dell’imputato
“Mi ricordo che salivo in direzione Vasia per tornare a casa mia. Ho visto un ciclista, che arrivava dalla direzione opposta, spuntare dietro l’albero improvvisamente e puntare dritto verso la mia macchina, invadendo la mia corsia. Mi sono spaventato. Ho frenato e ho suonato. Il ciclista ha proseguito e io ho guardato nello specchietto retrovisore notando che il ciclista aveva fatto inversione e tornava su venendomi dietro. Sentivo delle urla forti dietro di me, ma non capivo cosa dicesse. Andavo piano, a meno di 20 km/h. Per cercare di capire guardavo nello specchietto, finchè ho sentito l’urto con qualcosa che ha impattato il mio paraurti davanti. Mi sono reso conto di aver urtato un’altra bicicletta. Non l’avevo visto prima, non mi sono accorto di lui finchè non l’ho urtato. Ero distratto, ammetto la mia colpa. Guardavo lo specchietto perchè non capivo perchè il primo ciclista urlasse.
Appena mi sono reso conto dell’impatto mi sono fermato, non credo di averlo trascinato. Nel frattempo l’altro ciclista è arrivato e mi ha tirato uno schiaffo. Mi ha chiamato per nome e cognome e mi ha detto “Io ti conosco, bastardo volevi ucciderlo”.
Non ho fatto querela. Dopo lo schiaffone sono sceso dall’auto ma sempre quel ciclista mi ha spintonato. Io volevo andare a vedere come stava il ciclista colpito, ma lui non me l’ha permesso. Mi diceva ‘io ti distruggo'”.