Il Coordinamento dei cittadini in difesa dell’Agnesi e del Porto Commerciale, ha inviato una mail alla nostra redazione per esprimere il proprio dissenso in merito all’operato dei sindacati nell’ambito della querelle sulla chiusura del pastificio di via Schiva.
“Siamo i lavoratori e i cittadini del Coordinamento in difesa dell’Agnesi e del Porto Commerciale che durante il Consiglio Comunale di martedì 29 luglio hanno richiesto e ottenuto la solidarietà e la forte, unanime presa di posizione da parte dell’Amministrazione Comunale nei riguardi di Angelo Colussi, per uno stop immediato allo smantellamento dei macchinari del mulino Agnesi, iniziato proprio quel giorno. Che tristezza non vedere neanche un rappresentante dei sindacati in consiglio comunale nonostante fossero stati avvisati del blitz che Colussi stava attuando infrangendo la tregua firmata il 25 Giugno di sospensione reciproca di ogni iniziativa.
La stessa tristezza che ci ha preso quel 25 giugno, quando la CGIL si è arrogata il diritto di firmare lo stop agli scioperi fino al 9 settembre (data della presentazione del piano industriale da parte di Colussi), senza neppure consultare i lavoratori, che inizialmente rifiutarono questa imposizione con un voto contrario a maggioranza.
La stessa tristezza e incredulità che ci aveva già colto a novembre, quando i sindacati firmarono un accordo nel quale si sacrificavano 30 operai per salvare tutti gli altri e si sosteneva che il Mulino era obsoleto e che il porto commerciale era inefficiente. Tutto questo in una logica rinunciataria e perdente, che non prospettava nessun tipo di lotta e di resistenza, ma solo l’accettazione remissiva delle richieste padronali, nel tentativo di convincere delegati e lavoratori che ‘sacrificare 30 operai’ (parole di Trebini, CGIL) fosse la cosa migliore in quella situazione.
La stessa tristezza e rabbia che ci colpì quando Colussi, pochi mesi dopo, annunciò la chiusura della fabbrica mentre il sindacato, senza una parola di autocritica su come aveva condotto la vertenza, continuava con la sua linea, accettando soluzioni improbabili come quella prospettata della riconversione, con produzione di sughi o ravioli. Tutto questo senza neanche prendere in considerazione la ricaduta che queste scelte avranno anche sull’indotto, non ultima sulla compagnia portuale ‘Maresca’, che scaricava il grano per il mulino che ora è a pezzi.
Che tristezza, caro sindacato, pensare che per voi la difesa del posto di lavoro è un optional, che la lotta e la protesta sono cose disdicevoli, che tanto tutto è già stato deciso sopra le nostre teste nelle stanze dei bottoni e che cercare di difendere 180-200 lavoratori sia quasi fastidioso per la vostra tranquillità giornaliera”.
Valerio Romano e Giovanni Zecchini della Compagnia Portuale ‘Maresca’