“Trattenere il fiato sott’acqua a volte viene visto come qualcosa di strano, ma in realtà è una cosa fisiologica per tutti noi. Ognuno di noi sta 9 mesi in apnea nella pancia prima di nascere“. Così Mike Maric, campione mondiale di Apnea nel 2004, Medico, docente universitario e coach di respirazione dei più grandi atleti italiani (come Federica Pellegrini, Filippo Magnini, Igor Cassina e molti altri), racconta a ImperiaPost cosa rappresenta per lui l’apnea, la disciplina a cui ha dedicato tutta la sua vita, dal punto di vista professionale e sportivo ma anche personale.
Maric si trova qui a Imperia per una performance “tra stelle e respiri” che si terrà questa sera alle 22 al Parasio, presso l‘Oratorio di San Pietro, con l’accompagnamento della chitarra del Maestro Diego Campagna.
Un momento di riflessione e di introspezione che coronerà la “Cena del Silenzio”, il suggestivo evento, promosso dal fotografo Settimio Benedusi con il patrocinio del Comune di Imperia e la collaborazione del Circolo Parasio, del Comitato Sottotina e della Confraternita di San Pietro, che avrà inizio a breve presso le Logge di Santa Chiara, che ha come obiettivo quello di lanciare un messaggio contro l’inciviltà che porta alcune persone a rovinare e deturpare le bellezze della nostra città.
L’intervista a Mike Maric
“La passione per l’apnea nasce tanti anni fa grazie a mio papà. Affondo le mie radici al mare anche io, nella mia amata terra istriana di cui sono originario. Sin da bambino mi misero la maschera per scoprire le bellezze del mare. Da questa passione è nata una professione, prima come apneista e oggi come medico. Ho sempre centrato l’attenzione sull’aspetto della respirazione. Da divulgatore oggi cerco di dare una chiave di lettura più scientifica non solo rivolta agli sportivi ma a tutti, per questo sono oggi qui a Imperia grazie a Settimio.
Vorrei cercare di portare l’attenzione sul gesto di respirare, un gesto automatico, naturale, spontaneo, ma che in realtà ha un potere antistress enorme. Prendersi delle piccole pause e concentrarsi sul respiro ci permette di rilassarci e questo nella cultura dell’armonia moderna ci aiuta tantissimo a vivere meglio”.
Come è arrivato a essere campione del mondo nel 2004?
“Se dico un po’ per gioco un po’ per scherzo forse nessuno ci crederebbe. In realtà tutto è nata dalla voglia di esprimermi. Ho sempre frequentato l’ambiente dell’apnea, ho avuto modo di conoscere i grandi personaggi di questo sport, finchè mi è partito il pallino di voler dimostrare il mio valore. Dopo un po’ di medaglie di legno ho trovato lo stimolo giusto, ho iniziato ad allenarmi con tanto impegno e tanta determinazione, finchè è arrivato un risultato importante”.
Nel 2005 è successa una tragedia che l’ha portata a un periodo di stop. Come l’ha affrontato?
“Sono passato da toccare le stelle con una mano, dopo aver vinto un titolo mondiale, a un momento terribile. Nel 2005 il mio migliore amico, la persona che era in acqua con me, responsabile anche della sicurezza nelle mie gare acquatiche, istruttore di apnea, è morto in mare facendo proprio apnea. Quello è stato un cambiamento importante nella mia vita perchè ho conosciuto emozioni che non ho mai provato prima, la paura di morire, l’ansia, l’insonnia. Sono stato depresso, ho preso 20 chili, ero seguito anche da uno psicologo. È stato un momento di transizione importante e ho capito che avevo due scelte: o mi lasciavo andare o dovevo riemergere. Questo salto mi ha fatto capire l’importanza della respirazione nella ricerca dell’armonia mentale che avevo completamente perso. Da questa tragedia si è creata un’opportunità. È stato un lavoro profondo, non semplice, che però mi ha permesso di essere quello che sono oggi. Ringrazierò sempre questa evoluzione di vita che mi ha portato a lavorare con tanti campioni ma anche con persone normali, nella ricerca della propria salute partendo dalla testa”.
Quali sono state le più grandi soddisfazioni nel suo lavoro di coach?
“La scelta di lavorare con atleti blasonati mi ha permesso di rivivere una seconda gioventù. La disciplina apneistica non è olimpica, quindi lavorare con atleti che vivono le olimpiadi mi ha permesso di sognare ancora come sportivo. Tutti gli atleti che ho il piacere di seguire sono grandi professionisti. Ho tanti aneddoti legati a loro come persone normali, umane, che hanno le loro paure, le loro ansie, che si lasciano guidare.
Trattenere il fiato, andare sott’acqua viene visto come qualcosa di strano, ma in realtà tutti noi tratteniamo il fiato. Noi stiamo 9 mesi in apnea nella pancia della mamma, è una cosa fisiologica. Trasformare questa situazione di stress in una situazione controllabile e gestibile è quello che permette agli atleti di dire: lo posso fare. Mi piace provare a tradurre quello che fanno gli atleti alla portata di tutti”.
Cosa si può fare nella vita quotidiana?
“Il mio suggerimento è quello di cercare di imparare a orientalizzarci. La cultura occidentale ha bisogno di prendersi delle pause, costruire una mentalità più forte, non creando dei compensi alla vita, ma cercando di migliorare la qualità della vita partendo dai noi stessi. Fare un maggior lavoro interiore, coltivando alcune competenze come la meditazione, le tecniche di visualizzazione, alcune metodologie di allenamento mentale che ci permettano di essere un po’ più forti. La respirazione è una forma di meditazione. Ritagliarsi qualche minuto al giorno dove respirare, cercare di abbassare la frequenza cardiaca, farsi delle domande e darsi delle risposte per rimanere lucidi. Questo sicuramente è un approccio mentale alla salute che forze ci manca.
In un momento di transizione storica in cui ci troviamo sicuramente ne abbiamo bisogno per coltivare la bellezza che c’è in noi e apprezzare quella che c’è fuori di noi”.