La condotta di Francesco Bellavista Caltagirone “fu gravemente colposa“. La Cassazione ha messo la parola fine all’annosa vicenda del porto di Imperia bocciando il ricorso presentato dall’imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone contro la pronuncia della Corte d’Appello che aveva respinto la richiesta di risarcimento danni per ingiusta detenzione. Una sentenza, quella della Cassazione, che in parte riscrive la recente storia giudiziaria dello scalo imperiese.
Imperia: porto turistico, la sentenza della Cassazione riscrive la storia
Caltagirone aveva chiesto un risarcimento danni per ingiusta detenzione per la custodia cautelare in carcere dal 5 marzo 2012, giorno dell’arresto, poi sostituita in data 21 aprile 2012 con quella degli arresti domiciliari e di nuovo sostituita con la custodia cautelare in carcere sino al 4 dicembre 2012.
La ricostruzione dell’operazione porto turistico
La Cassazione ricostruisce, inizialmente, la storia del porto turistico.
“Il locale Comune costituiva una società per azioni (Porto di Imperia s.p.a.) a partecipazione mista pubblico – privato con titolarità in capo all’ente locale del 48% delle azioni e nella cui compagine azionaria entrava a fine luglio 2005 la Acquamare s.r.l. guidata da Francesco Bellavista Caltagirone il quale faceva anche parte del consiglio di amministrazione della Porto di Imperia.
La Porto di Imperia aveva presentato nel 2002 domanda di rilascio di concessione demaniale marbittima e nel 2005 aveva sottoscritto con Acquamare s.r.l. un accordo quadro che prevedeva la realizzazione a spese e cura di detta società della totalità delle opere a mare ed a terra per il porto di Imperia e quale corrispettivo della costruzione la concessione alla medesima del 70% dei diritti diutilizzazione delle opere.
Il 28 dicembre 2006 veniva rilasciata a Porto di Imperia s.p.a. la concessione demaniale per la costruzione e gestione del porto turistico di Imperia per la durata di 55 anni. Nel computo i costi di costruzione erano indicati in 77 milioni di euro ed i ricavi in 97 milioni.
Il 27 febbraio 2007 si concludeva il contratto preliminare di affidamento tra Porto turistico s.p.a e Acquamare s.r.l. che prevedeva la realizzazione delle opere da parte della seconda in qualità di contraente generale per un corrispettivo di 160 milioni di Euro malgrado il computo metrico indicasse 77 milioni e si prevedeva che il pagamento dei 160 milioni sarebbe stato compensato con la cessione del 70% dei diritti di utilizzazione per 50 anni. I lavori venivano avviati nel 2007.
Ad agosto 2007 veniva chiesta una variante allegando nuovo computo metrico e nuovo piano economico finanziario con conseguente aumento dei costi e dei ricavi.
Acquamare s.r.l. stipulava nel 2007 un finanziamento con un gruppo di banche per 140 milioni di euro da rimborsare a partire da giugno 2010 ed a garanzia Porto di Imperia rilasciava ipoteca di terzo per 280 milioni di Euro sui beni da realizzarsi sull’area demaniale. I lavori venivano dati in appalto a Peschiera edilizia e via via subappaltati ad altre imprese.
In tale ambito il 2 marzo 2012 il Gip del Tribunale di Imperia emetteva ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di Francesco Bellavista Caltagirone per il delitto di truffa aggravata ai danni di ente pubblico, misura che veniva poi sostituita con quella degli arresti domiciliari.
Successivamente veniva nuovamente applicata la custodia cautelare dato che era stato accolto dal Tribunale della libertà l’appello del PM mentre il successivo ricorso in cassazione veniva rigettato con conseguente formazione del giudicato cautelare.
Successivamente il 7 novembre 2014 il Tribunale di Torino ha assolto il Caltagirone dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste ed il 13 marzo 2017 la Corte d’appello di Torino ha confermato la pronuncia assolutoria.
L’assoluzione era motivata dal fatto che la Porto turistico di Imperia era una società di ‘diritto privato’ con una partecipazione minoritaria del Comune e quindi non aveva nessun obbligo di comportarsi come una società pubblica”.
Le motivazioni
Le motivazioni con cui la Cassazione respinge il ricorso di Caltagirone sono durissime e, come detto, riscrivono la storia giudiziaria del porto turistico, definendo il comportamento dell’imprenditore romano “gravemente colposa” e riabilitando l’operato degli investigatori e di tutto il Tribunale di Imperia. In sostanza, per i giudici della Suprema Corte fu il comportamento di Caltagirone, con “una serie di azioni ed omissioni” a portare l’autorità giudiziaria a intervenire.
“Premesso, pertanto, che in questa sede non viene in rilievo la valutazione del compendio probatorio ai fini della responsabilità penale, ma solo la verifica dell’esistenza di un comportamento del ricorrente che abbia contribuito a configurare, pur nell’errore dell’autorità procedente, quel grave quadro indiziante un suo coinvolgimento negli illeciti oggetto d’indagine, il percorso argomentativo seguito nell’ordinanza impugnata è quindi del tutto logico, congruo, non contraddittorio e, soprattutto, coerente con il dato fattuale.
“Caltagirone quale dominus di Acquamare s.r.l. ed azionista di Porto di Imperia s.p.a. si trovava all’evidenza in una posizione di conflitto di interessi, in quanto proprietario dell’Acquamare e socio nella società che aveva conferito alla medesima i lavori senza l’adozione di alcuna procedura concorrenziale tanto più necessaria con riferimento ad un bene demaniale. Ed inoltre l’accordo era stato siglato prima che venisse concessa la concessione demaniale considerato peraltro che già prima il Caltagirone aveva dettato le sue condizioni per partecipare ovvero il conseguimento del 70% dei diritti di sfruttamento sull’opera futura.
Altro elemento indicativo è rappresentato poi dalla discrepanza tra i costi indicati nel computo metrico e quelli individuati successivamente nonché la condotta tenuta dal Caltagirone con la Commissione di vigilanza cui non veniva consegnata la documentazione richiesta.
Ebbene, il giudice della riparazione ponendosi nell’ottica degli elementi a disposizione dell’autorità giudiziaria al momento dell’adozione della misura cautelare, come sopra compendiati, non poteva non ritenere gravemente colposa la condotta del Caltagirone che ha avuto un’efficacia sinergica rispetto all’adozione della misura cautelare con il creare mediante una serie di azioni ed omissioni l’idea che si stesse perpetrando una truffa ai danni dell’ente pubblico.
Da tutto quanto precede discende, pertanto, che correttamente la Corte territoriale ha ritenuto il comportamento del Caltagirone ostativo all’accoglimento della domanda proposta”.