Condannata a sei mesi di carcere, pena sospesa, per aver divulgato l’esito di un’autopsia a un giornalista. Protagonista della vicenda Simona Del Vecchio, ex dirigente della struttura complessa di medicina legale dell’Asl1 Imperiese.
Imperia: rivelò esito autopsia a giornalista, Cassazione conferma condanna
Secondo l’accusa, la dottoressa Del Vecchio, già coinvolta nell’inchiesta sulle cosiddette “autopsie fantasma” (condannata a 6 anni 6 mesi in primo grado, pena ridotta in Appello a 2 anni e 11 mesi), nella qualità di incaricata di pubblico servizio e, in particolare, di direttore dell’istituto di medicina legale di Imperia, violando i doveri inerenti la funzione, avrebbe informato il giornalista dell’esito della autopsia giudiziaria appena compiuta dal suo collega Alessandro Zaccheo, dicendogli che non si trattava di morte naturale ma di strangolamento […] rivelando in tal modo una notizia di ufficio che doveva restare segreta, determinando la pubblicazione sul giornale“.
Le motivazioni della condanna
“Dopo la pubblicazione della notizia – scrive la Corte – furono avanzati sospetti, quanto al soggetto che aveva potuto rivelare la notizia, sul medico legale Zaccheo, che aveva compiuto l’esame autoptico, ma, si è aggiungo, detti sospetti in seguito caddero non avendo trovato conferma l’ipotesi investigativa in ragione delle dichiarazioni rese dal giornalista al legale di Zaccheo con cui il primo escluse di aver appreso la notizia dal secondo, la cui posizione fu in seguito archiviata […] al momento in cui fu pubblicata la notizia- alle ore 16,28- presso l’istituto di medicina legale erano presenti, oltre a Zaccheo, l’imputata che aveva appreso da Zaccheo dell’esito dell’autopsia […] Del Vecchio quel pomeriggio fu contattata dal giornalista alle 16,18, alle 16,32, cioè pochissimi minuti prima e dopo la pubblicazione della notizia, ed anche alle 18,22.
Sulla base di tale quadro di riferimento e tenuto conto che la eccezione di inutilizzabilità ad oggetto le dichiarazioni dibattimentali del giornalista, la Corte ha spiegato correttamente che il giudizio di responsabilità nei confronti dell’imputata è stato formulato prescindendo dalla dichiarazione dibattimentale in cui il giornalista riferì di aver appreso dall’imputata della notizia.
Il giornalista aveva già escluso di essere stato informato da Zaccheo, la cui posizione era stata archiviata, e il giudizio di responsabilità è stato fatto correttamente discendere da una serie di ulteriori elementi di prova, di cui si è detto, e cioè che, oltre a Zaccheo, solo l’imputata sapeva della notizia, solo l’imputata ebbe proprio quel pomeriggio reiterati contatti con il giornalista proprio nei momenti in cui si apprese dell’esito dell’autopsia. Un giudizio di responsabilità formulato sulla base di una valutazione del compendio probatorio che prescinde dalla dichiarazione ritenuta inutilizzabile dalla ricorrente”.