Imperia. Dopo l’arresto del boss Domenico Antonio Mancuso sono molte le domande che ogni cittadino imperiese si è posto. Come mai era qui? Perchè proprio Imperia? Ma come mai non ne ho mai sentito parlare prima? Ma il Comune gli ha veramente rilasciato la carta d’identità?
A queste e altre domande probabilmente una risposta certa non c’è, ma si può provare a ricostruire un quadro completo del boss arrestato a Imperia per capire meglio chi è Domenico Antonio Mancuso.
- LE ORIGINI
Domenico Mancuso arriva da quella che può essere definita una famiglia “importante”. Suo cugino è Salvatore (El Mono) Mancuso uno dei più importanti signori della droga che negli anni ha fornito grandi quantità di cocaina alla ‘ndrangheta. Ma non solo, El Mono è stato anche comandante del Bloque Catatumbo dell’AUC (Autodefensas Unidas de Colombia) ossia un insieme di gruppi paramilitari colombiani riunitosi in un’unica organizzazione nell’aprile del 1997 il cui obiettivo primario è proteggere i suoi finanziatori e sostenitori dagli insorti e dalle loro attività con mezzi come il rapimento, l’omicidio e l’estorsione. Nel 2000, l’ex capo supremo dell’AUC, Carlos Castaño Gil, sostenne che il 70% dei costi operativi dell’organizzazione erano finanziati con i proventi del commercio di droga, la parte restante proveniva da “donazioni” dai suoi sponsor.
Salvatore El Mono è stato poi arrestato e rinchiuso in un carcere di massima sicurezza in Virginia, ma a sostituirlo è stato proprio Domenico Antonio diventanto così a sua volta signore della droga. Durante la sua permanenza in Colombia, Mancuso si è macchiato ed è accusato di oltre 130 omicidi e altri crimini annessi. Su di lui pendeva un ordine di cattura internazionale. Mancuso era infatti ricercato per omicidi, associazione a delinquere, sovversione e banda armata
- LA FUGA IN ITALIA
Il boss, proprio per sfuggire a quest’ordine di cattura internazionale ha deciso di scappare e di iniziare la sua latitanza a Imperia nel 2012, due anni fa. Non si sanno i motivi per cui Mancuso abbia scelto proprio Imperia. Probabilmente perchè è una città piccola, quasi al confine con la Francia, e in cui difficilmente lo avrebbero cercato.
- LA LATITANZA A IMPERIA
Domenico Antonio Mancuso si è così trasferito a Imperia, in Viale Europa, circa due anni fa. Alloggiava in un appartamento che gli aveva dato in affitto un amico italiano su cui ora si stanno facendo delle indagini e, assieme a lui si trovava Gianluigi Mancuso, figlio del Mono, senza precedenti specifici.
Il boss, oltre ad avere una casa, trascorreva praticamente una vita tranquilla, alla luce del sole al punto tale che il Comune di Imperia gli aveva rilasciato la carta d’identità con i suoi nomi veri. Senza fare una piega. Mancuso ha vissuto come un imperiese qualsiasi per due anni stringendo pochi contatti e mantenendo uno stile di vita un po’ schivo, ma è praticamente in possibile che in un lasso di tempo così ampio nessuno lo abbia notato.
- I PROGETTI
A quanto pare, secondo quanto riportato dai giornali colombiani, Domenico Mancuso da Imperia pianificava anche i suoi affari futuri. Si dice infatti che volesse acquistare un hotel a 5 stelle per ripulire il denaro sporco proveniente dal traffico di droga. Da Imperia inoltre si spostava spesso verso Montencarlo, passando per altro alla frontiera sempre indisturbato, e forse era proprio qui che progettava di realizzare il suo albergo di lusso.
- L’ARRESTO
E’ stato arrestato mercoledì 6 agosto, nella sua abitazione in Viale Europa e, con lui al momento del fermo c’era anche Gianluigi Mancuso, il figlio di El Mono. L’uomo è stato portato via dai finanzieri che hanno sequestrato anche cellulari e computer al fine di capire meglio le intenzioni del boss colombiano. L’arresto è avvenuto ad opera di unità specializzate del corpo, normalmente impiegate nella lotta alla criminalità organizzata in Liguria e con l’ausilio di mezzi aerei (l’elicottero della Guardia di Finanza ha sorvolato la città di Imperia per molte ore, prima di atterrare nell’eliporto adiacente il parco urbano e ripartire dopo circa un’ora). Il colombiano è stato tradotto nel carcere di Marassi a Genova e messo a disposizione della corte d’appello e della procura generale di Genova, competenti in ordine alla richiesta di estradizione da parte delle autorità colombiane.