“Nonostante il rigetto riteniamo sia stato fondamentale essere presenti, insieme ai molti cittadini solidali occorsi, sia perché ciò ha riacceso lo sguardo della società civile su questo processo e su quello, possibilmente più importante, contro gli operatori e i gestori del CPR di Torino, sia perché abbiamo potuto conoscere e stare accanto a Thierno, il fratello di Musa giunto appositamente dalla Guinea“.
Queste le parole di Alternativa Intemelia, Popoli in Arte e Rete Sanremo Solidale a seguito dell’avvio, in tribunale a Imperia, del processo per il pestaggio del 23enne guineano Moussa balde, avvenuto il 9 maggio 2021, a Ventimiglia. Il video, girato da un testimone, aveva fatto il giro del web, generando grande indignazione in tutta l’Italia.
Il 23enne morí suicida due settimane dopo nel Cpr di Torino, dove era ospite, in isolamento per motivi sanitari.
Il giudice ha ammesso la costituzione dei familiari di Moussa Balde, rappresentati dall’avvocato Gianluca Vitale, mentre ha respinto quella delle associazioni, Rete Sanremo Solidale, Popoli in Arte e Alternativa Intemelia, rappresentate dagli avvocati Ersilia Ferrante e Maria Spinosi, accogliendo l’opposizione del legale della difesa.
Imperia: processo pestaggio Moussa Balde, parlano attivisti
“Una giornata di lacrime, di coraggio, di dignità.
Ieri mattina ha avuto luogo la prima udienza contro i tre aggressori che, nel maggio 2021, colpirono con calci, pugni e spranghe Musa Balde all’uscita del Carrefour di Ventimiglia, pochi giorni prima del suo suicidio nel Centro di Rimpatrio di Torino. Tutti e 3 assistiti dall’avvocato Marco Bosio, molto noto per le sue capacità e per essere stato il difensore degli imputati nei processi contro la criminalità organizzata nel Ponente Ligure conosciuti come “SPI.GA” e “La Svolta”, il quale ha richiesto ed ottenuto che i loro volti non venissero ripresi.
Come Alternativa Intemelia, Popoli in Arte e Rete Sanremo Solidale, abbiamo voluto fortemente costituirci parte civile, in quanto associazioni del territorio attive a sostegno della popolazione migrante e a tutela dei diritti umani e in quanto riteniamo sia compito primario dello Stato riconoscere e contrastare le discriminazioni e la violenza, applicando il principio di uguaglianza formale e sostanziale sancito dal’art. 3 della nostra amata Costituzione.
Tuttavia, come ci era già stato prospettato, il nostro tentativo è stato respinto dal giudice, e su ciò ha pesato anche il non riconoscimento dell’aggravante legata all’odio etnico in fase di indagine (anche se potrebbe eventualmente emergere nel dibattimento).
Nonostante il rigetto riteniamo sia stato fondamentale essere presenti, insieme ai molti cittadini solidali occorsi, sia perché ciò ha riacceso lo sguardo della società civile su questo processo e su quello, possibilmente più importante, contro gli operatori e i gestori del CPR di Torino, sia perché abbiamo potuto conoscere e stare accanto a Thierno, il fratello di Musa giunto appositamente dalla Guinea.
Ciò che ci porteremo per sempre dentro saranno le sue lacrime, la sua sofferenza, ma anche il suo valore, la sua profonda dignità e il messaggio che ha voluto comunicare alla fine dell’udienza “Io sono qui per onorare e chiedere giustizia per il fratello più piccolo e coraggioso della mia famiglia , ma anche per affermare che a nessun essere umano, che sia buono o cattivo, dovrebbe essere riservato il trattamento che ha subito Musa”.
Ed è con questo testamento, che ognuno di noi, dovrebbe provare a convivere, per far sì che non possa accadere mai più”.