Il Partito della Rifondazione Comunista della federazione di Imperia interviene, con una lunga nota stampa, in merito alla situazione della sanità locale. Nella lettera, viene puntato il dito contro la carenza di medici e sul progetto del nuovo ospedale unico.
Imperia: Rifondazione Comunista punta il dito contro la sanità locale
“Dove è finito il servizio sanitario nazionale? Questo sconosciuto fu istituito dalla legge n. 833 del 1978. Fu questa una delle leggi più virtuose partorite grazie a quel presidio di giustizia ed equità quale è la nostra Carta costituzionale.
Secondo la citata legge, l’assistenza sanitaria è fornita a tutti i cittadini senza distinzioni di genere, residenza, età, reddito, lavoro.
Va ricordato e ribadito con forza che quella legge, che istituiva uno dei migliori servizi sanitari, era ed è fondata su principi fondamentali, costituzionalmente rilevanti e garantiti: la responsabilità pubblica della tutela della salute, l’universalità, l’equità di accesso ai servizi sanitari, la copertura globale nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza. Il servizio sanitario è garantito dal finanziamento pubblico attraverso la fiscalità generale.
Questa premessa è proposta ai lettori al fine di meglio intendere il degrado in cui è precipitato il Servizio Sanitario Nazionale in seguito ai poderosi tagli di spesa nell’ultimo trentennio e il degrado, forse ancora più allarmante in cui versa la Sanità Ligure a causa delle politiche scellerate realizzate dal livello regionale.
L’emergenza pandemica che ha stremato il Paese non ha insegnato nulla, benché questa terribile congiuntura abbia fatto emergere, rendendoli drammaticamente evidenti, gli effetti deleteri delle scelte politiche operate, specialmente nell’ultimo decennio.
Per quanto concerne il livello nazionale, si registra un ridotto investimento, in rapporto al Prodotto Interno Lordo, rispetto alla media europea. Questo aspetto è emerso in tutta la sua evidenza durante l’emergenza pandemica insieme alla penuria di medici e personale sanitario.
Noi riteniamo che a generare questa emergenza abbiano contribuito nel tempo anche scelte politiche quali il numero chiuso introdotto nel 1998 per l’accesso alla facoltà di medicina e tutta l’offerta formativa relativa alle professioni sanitarie.
Ma più di ogni altra decisione politica, hanno contribuito i cospicui e ripetuti tagli di spesa mai interrotti neppure durante la pandemia. La spesa sanitaria è pari a circa 130 mld di euro. Ma non basta perché i cittadini corrispondono alla sanità privata una cifra annuale pari circa a un terzo oltre 40 mld di euro l’anno .
Per quanto concerne il livello territoriale, ci preme sottolineare che è costantemente disatteso il criterio che fissa la disponibilità numerica dei posti letto, rispetto alla popolazione, per pazienti acuti e pazienti in riabilitazione; è disatteso il criterio che fissa il numero minimo di posti letto in Hospice, come il criterio relativo al numero minimo di posti letto nelle residenze protette in regime di convenzione.
Si registra nella nostra provincia un’allarmante carenza di medici convenzionati di famiglia e di medici ospedalieri, infermieri e operatori.
A tale carenza si tenta di porre rimedio ricorrendo a medici a gettone, alle cooperative, o a medici contrattualizzati a tempo determinato riproducendo, anche in ambito sanitario, precarietà ed esternalizzazioni che vengono a costare di più all’ente pubblico e non garantiscono sempre una adeguata continuità.
Nella nostra provincia i servizi e i reparti dei nosocomi sono esposti ad un vero e proprio processo di erosione che procede a ritmi sempre più accelerati ed incalzanti. Non abbiamo più l’indispensabile reparto di chirurgia vascolare, sono stati depotenziati i reparti di angiografia interventistica e gastroenterologia.
Sono fortemente carenti i reparti di, di ematologia, di oncologia, di psichiatria. Quest’ultimo ed indispensabile reparto, data la sua innegabile rilevanza sociale, è recentemente oggetto di una petizione volta a salvare l’esistenza stessa del dipartimento.
Sono assenti nell’ospedale di Imperia la sala gessi o un pur minimo ambulatorio ortopedico, specialisti quali dermatologo e otorinolaringoiatra.
Sull’intero territorio della nostra provincia si registra una carenza estrema nell’ambito della medicina preventiva, della medicina territoriale e la cui imprescindibilità è universalmente nota.
In coda a questa triste lista che sentiamo il dovere di sottoporre alla vostra attenzione, ma non per questo di priorità ridotta, le liste di attesa sempre più lunghe per visite, esami diagnostici, interventi in elezione, che obbligano i cittadini a ricorrere a strutture private o in intramoenia dove la disponibilità è sempre garantita.
Basta pagare, basta esibire la polizza assicurativa. Siamo sempre più vicini al becero modello statunitense, dove il diritto alle cure è subordinato al censo e quindi al versamento di corpose quote assicurative.
I nostri amministratori a livello asl e a livello regionale, invece di porre rimedio a tutte queste criticità elencate e a investire sulle risorse umane, continuano a portare avanti il progetto ospedale unico i cui costi sarebbero lievitati a oltre 350 mln di euro (ancora non si conosce chi si farà carico di questa ingente spesa); Nuova opera che non si sa come riempire per la carenza del personale sanitario e che non risolverebbe tutti i problemi che affliggono i cittadini della nostra provincia”.