22 Novembre 2024 23:38

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22 Novembre 2024 23:38

Imperia: migrante ucciso a coltellate, in Tribunale sfilano i testimoni della difesa. “Aldel era stanco, preoccupato”

In breve: Nuova udienza, questa mattina, in Tribunale a Imperia, davanti alla Corte d’Assise (presidente Carlo Indellicati, Antonio Romano a latere) del processo per l’omicidio, con cinque coltellate, di un migrante sudanese, avvenuto a Ventimiglia il 26 novembre 2021.

Nuova udienza, questa mattina, in Tribunale a Imperia, davanti alla Corte d’Assise (presidente Carlo Indellicati, Antonio Romano a latere) del processo per l’omicidio, con cinque coltellate, di un migrante sudanese, avvenuto a Ventimiglia il 26 novembre 2021.

Imperia: migrante ucciso, al processo per omicidio i testimoni della difesa

Sul banco degli imputati Mohammed Aldel, 32 anni, sudanese, difeso dall’avvocato Stefania Abbagnano.

Nella mattinata odierna davanti alla Corte sono sfilati i testimoni della difesa che, nel corso delle audizioni, ha cercato di dimostrare le condizioni di profondo disagio dei migranti, accampati sotto il ponte del cavalcavia di Roverino, e l’importanza dei telefoni cellulari, unico modo per tenersi in contatto con i familiari all’estero, in quanto all’origine del fatto criminale proprio il furto di un telefonino.

Il primo testimone a essere sentito è stato un giovane sudanese, mediatore culturale alla Caritas.

“Lavoro alla Caritas da 5 anni. Conoscevo l’imputato da oltre un anno. All’inizio voleva entrare in Francia illegalmente, poi ha avviato le pratiche per ottenere il permesso di soggiorno. Veniva alla Caritas tutti i giorni. Non ha mai avuto comportamente aggressivi, era però quasi sempre da solo, con un solo amico. Lo vedevamo stanco, preoccupato, per questa avevamo chiesto se avesse bisogno di un supporto psicologico. Problemi con altri migranti? Non mi risulta. La vittima invece era a Ventimiglia da poco tempo, circa due settimane. Veniva anche lui tutti i giorni a mangiare. Mi era stato riferito di problemi con altri migranti, ma non ne ho conoscenza diretta. Il telefonino? Per noi è importantissimo, per tenerci in contatto con la nostra famiglia e per conservare i documenti”.

Operatrice sociale Caritas

“Spesso mi sono occupata di effetturare servizi di monitoraggio esterno proprio nell’area sotto il ponte, dove vivono i migranti che non riescono ad attraversare il confine. Conosco l’imputato, l’ho conosciuto nel 2017, 2018, perché lo conosceva il mio collega. Aveva un vecchio permesso di soggiorno, poi scaduto, per questo era irregolare sul territorio. Dopodiche si è rivolto a noi nel 2021 per avere informazioni sull’esito della propria richiesta di asilo politico. Non conosco, però, l’esito di quella pratica. Ricordo che gli prendemmo appuntamento, almeno due volte, presso la Questura di Imperia, ma lui non si è mai presentato. Non ha mai manifestato condotte aggressive. Con noi è sempre stato calmo e rispettoso. Poi, verso la fine del 2021, sembrava un po’ abbattuto dalla situazione. Perché viveva per strada da tempo, sotto al ponte di Ventimiglia. La vittima? Non lo conoscevo”.

Volontaria accoglienza migranti

“Nella zona del ponte mi occupavo, per l’associazione per cui prestavo servizio di volontariato, di mettere i migranti nella condizione di ricaricare il cellulare. Conosco l’imputato. Quella dei migranti sotto al ponte di Rovebrino, è una vita difficile, precaria, caratterizzata da gravi difficoltà, inimmaginabili per le altre persone. L’imputato veniva a farsi ricaricare cellulare.  La vittima? Non lo conoscevo”.

Il processo è stato rinviato al prossimo 30 novembre per l’audizione dello psicologo Roberto Ravera, la cui testimonianza sarà fondamentale per valultare la capacità dell’imputato di stare a giudizio. Ravera, infatti, ha redatto una relazione psichiatrica sul giovane sudanese dopo un colloquio in carcere, a seguito della quale la legale della difesa ne ha chiesto l’acquisizione, oltre a una perizia psichiatrica. 

 

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