23 Novembre 2024 15:10

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23 Novembre 2024 15:10

Imperia: la Cassazione boccia il ricorso di Ilvo Calzia. Il dirigente dovrà versare oltre 225 mila euro al Comune per danno erariale. “Non ci arrendiamo, ci opporremo”

In breve: La vicenda legata a prestazioni professionali extra istituzionali svolte da Calzia dal 1997 al 2004 e dal 2011 al 2015

Doccia fredda per il dirigente dell’Urbanistica del Comune di Imperia, e Sindaco di Pontedassio, Ilvo Calzia. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, chiamata in causa dalla Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d’Appello, cui Calzia aveva presentato ricorso, respinto, ha infatti confermato, limitatamente alla quantificazione della cifra, la sentenza emessa dalla Corte dei Conti nel 2020, che lo ha condannato a versare al Comune di Imperia oltre 225 mila euro, con interessi e rivalutazione monetaria, quale risarcimento di danno erariale.

Al dirigente resta ora la possibilità di presentare il ricorso, complessivo, in Cassazione, così come annunciato dall’avvocato Roberto Trevia, che tutela gli interessi di Calzia. “Non ci arrendiamo. Presenteremo ricorso. Siamo convinti di poter veder riconosciute le nostre ragioni”.

La vicenda legata a prestazioni professionali extra istituzionali svolte da Calzia dal 1997 al 2004 e dal 2011 al 2015

La vicenda riguarda attività extra istituzionali svolte dall’architetto Calzia in favore di committenti pubblici e privati nei periodi 1997/2004 e 2011/2015.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite era chiamata a pronunciarsi “ai soli fini della quantificazione dell’addebito”.  Nel dettaglio Ilvo Calzia, difeso dagli avvocati Paolo Panariti e Roberto Trevia, ha contestato i termini di prescrizione e l’importo, calcolato sui compensi lordi. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha respinto il ricorso, giudicandolo inammissibile, e confermando la sentenza della Corte dei Conti, in particolare la cifra che il dirigente dovrà rifondere al Comune.

Nel merito, per quanto riguarda la prescrizione, la Suprema Corte, Presidente Giacomo Travaglino  e Giudice relatore Annalisa Di Paolantonio, ha evidenziato che “la conoscenza effettiva dell’attività, occultata dal dipendente perché non comunicata in presenza di un obbligo giuridico di informare, si era avuta solo il 19 aprile 2017, allorquando l’Agenzia delle Entrate aveva trasmesso i dati inerenti ai compensi percepiti dal Calzia a partire dal 1997″.

“In merito alla sussistenza della responsabilità – si legge ancora – la Corte ha ritenuto provata l’intenzionalità della condotta omissiva ed ha escluso che gli incarichi fossero stati occasionali e saltuari. Ha valorizzato a tal fine il numero considerevole degli stessi nonché la circostanza che l’attività fosse stata resa anche in periodi nei quali l’appellante non era sottoposto alla misura cautelare della sospensione dal servizio, misura che, peraltro, non aveva fatto venir meno l’obbligo di esclusività.

Il danno risarcibile, pari agli importi ricevuti e non versati all’amministrazione, non era suscettibile di riduzione in ragione del comportamento tenuto dal Comune di Imperia che, disposta la riammissione in servizio, aveva detratto quegli importi dal complessivo ammontare delle somme dovute al dipendente a titolo di restitutio in integrum”.

L’architetto Ilvo Calzia ha avviato un’altra causa contro il Comune di Imperia con la quale chiede risarcimento dello stipendio per tutto l’arco temporale in cui fu sospeso dal servizio a seguito dell’inchiesta relativa al porto turistico di Imperia. Calzia, infatti, fu prima prosciolto dall’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato e successivamente assolto con formula piena al processo, svoltosi a Torino, dall’accusa di abuso d’ufficio.

Calzia in questa sede ha chiesto al Comune di Imperia un risarcimento di 300 mila euro. 

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