Lucio Sardi, esponente di Sinistra Italiana, interviene con una lunga nota stampa, in merito al via libera del consiglio comunale alla proroga per un altro anno alla Go Imperia, per la gestione del porto turistico.
Porto Turistico: rinnovata gestione alla GoImperia, l’intervento di Lucio Sardi
“Nel surreale dibattito andato in scena in consiglio comunale durante la discussione sul rinnovo della concessione demaniale alla Go Imperia, è stato possibile cogliere alcune “perle” delle due maggioranze consiliari impegnate nel remake de “Il Porto più bello del mondo”.
La pratica votata in consiglio era solo la necessaria proroga annuale della concessione demaniale alla società pubblica Go Imperia che gestisce lo scalo, pratica che certifica il ritardo e la sostanziale povertà di risultati concreti dell’amministrazione Scajola sul completamento del porto.
Dopo aver annunciato con grande enfasi nel 2020 di aver battuto il record mondiale delle procedure di incameramento demaniale per le opere realizzate e lasciato poi intendere che in breve tempo sarebbero partite le procedure di completamento del porto, a distanza di oltre due anni il sindaco ha dovuto chiedere l’ennesima proroga annuale della concessione, accampando la scusa del tempo perso per definire la controversia legale con un progettista. Vertenza peraltro “brillantemente” conclusa dall’amministrazione facendo sborsare alla partecipata Go Imperia centomila euro di indennizzo al professionista, perchè, oltre a perdere clamorosamente nel merito rimettendoci denaro pubblico, si è riusciti anche a perdere tempo nell’iter del progetto.
Il sindaco Scajola nel presentare la pratica si è dedicato al compito a lui più gradito annunciando che ormai siamo vicini all’avvio dei lavori per lo scintillante progetto del porto turistico (anche in questo caso, come per la concessione, si tratta della proroga dell’annuncio del 2020) e si è lanciato nella pervicace rivendicazione del suo operato passato a difesa del risultato disastroso che ha consegnato alla città.
Mentre Scajola elencava, appuntandosi da solo medaglie di latta, l’operato sul porto di questi oltre quattro anni di amministrazione (aver completato con il demanio un iter burocratico, aver chiuso vertenze sui posti barca già avviate ben prima che venisse eletto, ed aver “sbracato” perdendo tempo per la causa sulla titolarità degli elaborati tecnici) la condizione dello scalo è praticamente immutata e l’unica novità è che la Go Imperia ha chiuso nel 2021 per la prima volta con un bilancio in pesante perdita.
Ovviamente si è assistito anche alla proroga dell’incredibile racconto della favoletta delle opere del porto bloccate dagli esposti delle opposizioni e dalle indagini della magistratura, che avrebbero evidentemente costretto Caltagirone (che naturalmente Scajola nega di aver personalmente portato a Imperia) a dirottare i quasi cent’ottanta milioni di euro realizzati vendendo i diritti dei posti barca nel buco nero della sua holding poi fallita.
Secondo Scajola infatti le opere mal realizzate o non completate sono responsabilità delle opposizioni di sinistra che “gufavano“, o degli inquirenti che indagavano sulle palesi irregolarità emerse e non di Caltagirone che ha usato il porto di Imperia come un bancomat per cercare di tappare i buchi della sua holding, forte anche della copertura politica proprio del sindaco.
Nel solco tracciato dall’intervento di Scajola si sono quindi buttati a capofitto i consiglieri delle maggioranze (ovvero quelli eletti nelle sue liste e quelli che ambiscono ad entrarci alle prossime elezioni) denunciando il “clima d’odio” fomentato delle allora opposizioni, responsabili di non aver creduto nel progetto del porto e di aver fatto addirittura documenti di denuncia o esposti, il tutto con uno stile da caccia alle streghe contro la sinistra cattiva e ostruzionistica.
Neppure un accenno di autocritica, neanche un cenno blandamente recriminatorio verso chi, come Caltagirone, è uscito incredibilmente indenne da condanne penali, ma è stato riconosciuto, proprio nelle motivazioni di quelle sentenze, responsabile di gravi comportamenti a danno della città, comportamenti che le amministrazioni di centro destra di allora non solo non hanno voluto contrastare, ma hanno di fatto agevolato.
Negli interventi dei vari esponenti delle maggioranze non si è sentita alcuna considerazione sul fatto che è ormai evidente come un porto di questo tipo non possa essere il motore dello sviluppo economico o turistico della città, soprattutto se si insiste con un progetto che prevede un abnorme presenza di costruzioni impattanti, di difficile valorizzazione produttiva e destinate a diventare l’ennesima cementificazione fine a se stessa.
Visto lo stile degli interventi, non avrebbe sorpreso se qualcuno avesse attribuito ad un malocchio lanciato dai banchi delle perfide opposizioni di allora, la responsabilità delle infiltrazioni d’acqua nei garage sotterranei del porto, tuttora inagibili nonostante il prodigioso intervento risolutivo annunciato qualche mese fa da Scajola.
Ma il punto più “alto” degli interventi dei consiglieri delle maggioranze è stato toccato con quello dell’ex assessore Gaggero, che milita nella seconda tipologia, ovvero degli aspiranti nuovi sostenitori del sindaco, sicuramente i più acrobatici nelle argomentazioni.
La commozione che lo ha colto, dopo il legittimo e condivisibile sentimento di tristezza legato al ricordo di due suoi ex colleghi di giunta nel frattempo scomparsi, si è quasi tramutata in strazio quando ha ricordato la “crudele sorte” degli ottantaquattro (forse li conta ogni notte) pilastri di calcestruzzo del capannone costruito nel porto in difformità al progetto e quindi poi “atrocemente” rimosso smontandolo sadicamente pilastro per pilastro. Un racconto che potrebbe intitolarsi “I pilasti so’ piezz’e core”.
La “struggente delicatezza” con cui Gaggero ricordava che, in fondo, quel disgraziato capannone era stato costruito di soli diciotto centimetri più alto del progetto e con il tetto a falda (ma solo lievemente inclinata) e non ad arco come previsto, ha toccato il profondo, o meglio il fondo.
Non è facile interpretare il legame affettivo così intenso di Gaggero per il cemento, forse figlio di una forma di attaccamento estremo al suo titolo di geometra, forse di una forma di vocazione alla tradizione politica cementizia del centro destra locale. Sicuramente, se ne avesse avuto anche solo una minima parte per gli interessi della città quando era assessore delle giunte di centro destra al tempo in cui Caltagirone imperversava sul porto, oggi scorrerebbero meno lacrime.
Vogliamo comunque perdonare all’emozionato consigliere tutte le inesattezze, omissioni o distorsioni del suo intervento e riconoscergli invece il merito di averci involontariamente (speriamo per lui) ricordato che il porto turistico, figlio della visione di Scajola, sarebbe potuto diventare – testuali parole – un “casinò al quadrato” per la città.
Nessun altro accostamento sarebbe stato più efficace per ricordarci che di un certo tipo di visioni e di maldestre operazioni politiche di Scajola potevamo indubbiamente fare a meno”.