Due anni di carcere, pena sospesa, e tremila euro di risarcimento. È questa la sentenza di condanna pronunciata oggi in Tribunale a Imperia, nell’ambito del processo per il pestaggio di Moussa Balde, il 23enne guineano che successivamente morí suicida nel Cpr di Torino dove era ospite in isolamento per motivi sanitari.
Il 9 maggio 2021, a Ventimiglia, Moussa Balde fu vittima di un pestaggio, per il quale in Tribunale a Imperia sono stati oggi condananti tre imputati, Ignazio Amato, Francesco Cipri e Giuseppe Martinello. Il video della violenza, girato da un testimone, aveva fatto il giro del web, generando grande indignazione in tutta l’Italia.
Fuori dal Tribunale un nutrito gruppo di attivisti ha organizzato un presidio per dimostrare la propria solidarietà ai familiari di Moussa Balde.
Imperia: processo pestaggio Moussa Balde, 3 imputati condannati a 2 anni di carcere
Gianluca Vitale della parte civile
“È appena stata emessa la sentenza, il Giudice ha condannato gli imputati a due anni di carcere. Ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, equivalenti sulle aggravanti contestate. Il PM aveva chiesto di escluderle, mentre la difesa aveva chiesto di tenerle prevalenti.
Una condanna a due anni non è sicuramente una pena bassa. È una pena significativa e credo che sia comunque correttamente parametrica alla gravità del fatto.
C’è stato anche un risarcimento alle parti civili di due mila euro. Ovviamente il risarcimento è relativo al tipo di contestazione, 10 giorni di prognosi. Purtroppo su questo non avremo mai modo di dire qualcos’altro, credo ci sia stata una sottovalutazione di quell’aggressione dalle parti sanitarie.
Devo dire che in qualche modo viene riconosciuta la gravità di quell’aggressione, al di la delle conseguenze che come giustamente ha suggerito la difesa andranno viste in altra sede.
Le responsabilità per la morte di Moussa non è sicuramente dei tre imputati di oggi ma delle istituzioni. Su questo andremo avanti a Torino.
Non può sottovalutarsi la gravità di una aggressione di quel tipo, nei confronti di un migrante, di una persona svantaggiata. Credo che in qualche modo la sentenza debba farci ritenere soddisfatti”.
Andrà avanti a Torino l’indagine per sequestro di persona?
“A Torino c’è un indagine per quello che è successo non solo a Moussa all’interno del CPR, ma anche a tanti altri migranti. Tra le ipotesi che si fanno c’è anche quella del sequestro di persona.
In qualche modo era stata istituzionalizzata all’interno del centro la possibilità di operare un isolamento, che non è prevista da nessuna normativa, in condizioni assolutamente inumane. Questo credo vada riconosciuto come sequestro di persona.
Sono varie le ipotesi di reato e non sono state ancora chiuse le indagini, nonostante sia passato più di un anno dalla morte di Moussa.
Mi auguro che anche li possa essere stabilita una verità. Credo che ci sia già una verità storica sulle responsabilità dello Stato per la morte di Moussa e purtroppo per la morte di molti migranti. Mi auguro si arrivi ad una verità processuale anche su quello”.
Questo fatto può creare dei precedenti per smantellare le anomalie dei CPR?
“I CPR sono dei luoghi di privazione della libertà personale. Credo continuino ad essere incostituzionali.
Le anomalie sono che c’è una detenzione senza regole. C’era un regolamento del 2014 ed è stata fatta una direttiva recentissima, a maggio del 2022. Purtroppo la privazione della libertà continua ad essere regolata con decisioni sovrane del Ministro.
Mi auguro che non solo la tragedia di Moussa, ma purtroppo le troppe tragedie che stanno accadendo nei CPR, in qualche modo possano imporre una revisione.
Non amo le revisioni fatte a colpi di sentenze. Non credo sia la Magistratura a dover chiudere questi luoghi. Ma se questo è l’unico modo, anche i processi per le morti nei CPR sicuramente possono essere utili per fare luce su quello che succede in quei luoghi, che purtroppo non sono come si dice dei centri di accoglienza. Sono dei luoghi dove vengono violati i diritti fondamentali delle persone”.
Marco Bosio, avvocato della difesa
“È una pena di due anni, ritengo che comunque sia una sentenza equilibrata che tiene conto di un contesto. È concessa la sospensione condizionale della pena, sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche e le misure equivalenti rispetto alle contestate aggravanti che era una richiesta specifica da parte della difesa.
Questo ha fatto in modo che la pena potesse essere equilibrata in questo senso.
Importante è stato anche il risarcimento del danno da parte degli imputati. Il Giudice ha tenuto che sia quantificabile in 3 mila euro.
Leggeremo comune le motivazioni, ma in generale possiamo ritenerci soddisfatti della sentenza”.
Ricorrerete in appello?
“Valuteremo. È chiaro che è sempre una sentenza di condanna, se ci sono le condizioni potremmo valutare di ricorrere in appello per ottenere una riduzione anche in grado di appello.
Sono comunque tutte valutazioni che farò quando leggerò la sentenza”.
Le motivazioni quando avverranno?
“Il Giudice si è riservato 90 giorni”.
I suoi assistiti sono stati chiamati assassini, cosa ne pensa?
“Non commento certi comportamenti. Quello che accade fuori dal processo a me non interessa. Ritengo sia importante quello che accade nel processo.
I miei assistiti non c’entrano nulla con quello che è accaduto dopo al povero Balde. Se ci saranno delle responsabilità verranno accertate, ma non è questa la sede.
Loro devono rispondere e hanno risposto esclusivamente per i reati che sono stati commessi, ovvero per dieci giorni di lesioni aggravate dalle aggravanti che il Giudice ha ritenuto sotto il profilo del bilanciamenti equivalenti alle concesse circostanze attenuanti generiche”.
Non hanno più tentato di giustificare con futili motivi questa aggressione brutale?
“Loro non lo hanno mai fatto. Hanno spiegato il contesto, si sono resi conto di aver ecceduto nella condotta. Hanno chiesto scusa.
Non stiamo qui a rifare il processo, che si è svolto secondo le regole processuali e di un giusto processo.
Il Giudice ha ritenuto di emettere questa sentenza che trovo sia comunque equilibrata. Ritengo di essere soddisfatto.
Quello che accade fuori, ognuno risponde per quello che ritiene. Questo processo è stato caricato molto di altro, di vicende meta-giuridiche e meta-processuali che nulla hanno a che fare con la condotta specifica dei miei assistiti. Tutto il resto ognuno ritiene di fare quello che crede.
Dispiace per queste pressioni che vengono fatte davanti ai tribunali. I Giudici, come in questo caso, non si sono fatti intimidire. Io stesso non mi faccio intimidire.
Sono cose spiacevoli. Le manifestazioni non devono essere fatte davanti ai tribunali, ma in Piazza. Oppure a Torino, dove è successo il fatto.
Non assolutamente qui, cercando di strumentalizzare una vicenda che non è assolutamente da strumentalizzare”.