21 Novembre 2024 14:13

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21 Novembre 2024 14:13

Calcio Eccellenza: Imperia, dopo le dimissioni parla mister Bocchi. “Cene a mia insaputa, allenamenti imposti, ingerenze societarie. Non potevo più andare avanti”/L’intervista

In breve: "La dirigenza vuole passare per società modello, ma sono stati fatti tanti errori. Manca qualcuno che capisca realmente di calcio, che abbia esperienza".

Domenica scorsa, dopo la sconfitta interna con il Busalla, nella 22ª giornata del campionato di Eccellenza, Gianluca Bocchi ha rassegnato le dimissioni da mister dell’Imperia Calcio. Una decisione che, l’ormai ex allenatore neroazzurro, ha spiegato in un breve comunicato: Nelle ultime settimane ho visto cose che non condivido. Non è una decisione figlia del risultato della partita di oggi. Ci sono cose che in qualità di allenatore non posso accettare, anche per mia dignità personale, perché andavano contro la mia figura. La società non è cementata. Ho notato che nei miei confronti, però, erano tutti ben uniti nel trovare cose che non andavano”. 

Che cos’è successo? Quali sono le cose che Bocchi non poteva accettare? Lo abbiamo intervistato. Una lunga chiacchierata al termine della quale è emerso un quadro quantomeno preoccupante della società Imperia Calcio. Da cene con la squadra organizzate a insaputa dell’allenatore a allenamenti imposti, passando per ingerenze dirigenziali nelle questioni tecniche, fino a un mercato condizionato dai procuratori. Lo specchio, purtroppo, di una società che da dieci anni naviga nella mediocrità calcistica, con 8 campionati di Eccellenza e due di Serie D. Per una città capoluogo di provincia, con una storia centenaria, davvero troppo poco. L’intervista all’ex mister Gianluca Bocchi, una delle bandiere del recente passato dell’Imperia Calcio (dieci stagioni, 238 presenze e 23 gol realizzati), confidiamo possa aprire un dibattito costruttivo in società, e in città, per dare un futuro dignitoso ai colori neroazzurri.

Calcio Eccellenza: intervista all’ex mister dell’Imperia Gianluca Bocchi

Mister, com’è tornato sulla panchina dell’Imperia?

Non allenavo da alcuni anni, ma ho sempre seguito l’Imperia, in più ho mantenuto i rapporti con alcuni dirigenti per questioni lavorative. C’era stato già un contatto lo scorso anno, quando è stato esonerato Ascoli. Era stata chiesa la mia disponilità, poi i dirigenti avevano scelto Soda.

Quest’anno sono stato nuovamente contattato. Ero in vacanza, mi è stata chiesta la disponibilità. Ho accettato, perché avevo voglia di rientrare nell’Imperia, per me un motivo di orgoglio. Dopo alcune settimane la trattativa si è concretizzata. Non ho fatto nessuna richiesta particolare e la società mi ha dato mano libera per poter lavorare come lo ritenevo più opportuno”.

Poi cos’è successo?

“A dicembre abbiamo ottenuto discreti risultati, culminati con la vittoria in finale di Coppa Italia con la Lavagnese. Un’ottima partita. Tre giorni dopo, a Finale, è successo qualcosa. Abbiamo pareggiato 1-1, andando in vantaggio e subendo il gol del pari su calcio di rigore a tempo scaduto. E’ stato lo spartiacque del mio rapporto con la società e ancora oggi mi chiedo il perché.

Da quel momento i dirigenti hanno iniziato a riversarmi addosso qualsiasi problema. Mi hanno dato la colpa del pareggio, dello scarso rendimento di alcuni giocatori e così via. Mi è stata preclusa ogni libertà di azione. Non veniva accettato, condiviso, il mio modo di allenare. Un clima di negatività, con rimostranze continue da parte dello staff e del Ds (Pino Fava, ndr). Il motivo? Non li coinvolgevo abbastanza nel mio lavoro. Mi sarei dimesso anche se domenica scorsa avessimo vinto. Ho rinunciato all’aspetto economico perché viene prima la mia persona. Non rilascio questa intervista per rabbia o livore, racconto semplicemente le cose che ho vissuto. Ho avuto la netta impressione che la società abbia fatto di tutto per farmi perdere la pazienza e la voglia di allenare”.

Cosa le ha dato più fastidio?

“La società ha organizzato delle cene con i giocatori a mia insaputa, premurandosi di non farmelo sapere. Una cosa che ritengo grave. L’obiettivo era quello di verificare se vi fossero o meno problemi con il mister. Perché non hanno direttamente parlato con me?  Non è stata fatta una sola riunione tecnica in due mesi e mezzo. Dieci giorni fa, poi, la società mi ha consegnato un foglio con il quale mi veniva sostanzialmente imposto come organizzare gli allenamenti con il preparatore. Gli orari, il lavoro atletico, con modalità individuate dalla dirigenza, in netto contrasto con le mie

Il foglio consegnato a mister Bocchi dalla dirigenza per stabilire orari e modalità degli allenamenti

C’è stata poi una partita di campionato in cui il presidente Gramondo, in panchina in qualità di medico, è intervenuto criticando, davanti a tutti, a voce alta, una mia decisione, dicendo che stavo sbagliando. Ci sono rimasto malissimo. ‘Allora fallo te l’allenatore’ ho detto. Anche la squadra è rimasta sbigottita. E’ stato un episodio che mi ha fatto pensare molto, e male”.

Sportivamente, cosa non ha funzionato?

Questa squadra è stata costruita male, pur costando parecchio. Sono state investite tante risorse in giocatori con le stesse caratteristiche, senza rinforzare adeguamente il reparto offensivo. La rosa, nel reparto offensivo, non è da primi posti. Il giocatore preso per fare la differenza, Polisena, è sempre stato infortunato. Nel mercato invernale si era anche pensato di sostiutirlo, ma poi si è deciso di aspettarlo, facendolo curare in un centro specializzato. Nel frattempo, però, il reparto offensivo è rimasto scoperto. L’arrivo di Saviozzi? Un buon giocatore, ma abbiamo perso Melandri, elemento di categoria superiore. Anche per Saviozzi, che da quando arrivato non ha mai segnato e ha malapena calciato in porta, la dirigenza ha dato la colpa a me.

Una tensione continua, soprattutto sull’impiego dei giovani. Minasso rappresenta, suo malgrado lo specchio della situazione. E’ un bravissimo ragazzo, che ha sofferto molto la perdita del padre, l’unico vero faro di questa società negli anni scorsi. Quando lo facevo giocare i dirigenti mi criticavano perché sostenevano che non fosse adeguato, quando non giocava si lamentavano altri, all’esterno”.

Stipendi?

Non ci sono mai stati problemi durante la mia permanenza”.

Ha mai parlato con Marco Del Gratta, principale sponsor della società?

Mai visto, nè conosciuto. Si è avvicinato al Sestri e non l’ho mai incontrato pur sapendo che era una figura importante della società”.

Perché, secondo Lei, da 10 anni l’Imperia fatica a trovare una sua dimensione?

“Anche quando ci sono state le risorse finanziarie, alcune scelte e alcuni comportamenti dei dirigenti hanno fatto allontanare i tifosi, e non solo. Faccio un esempio. Dopo la vittoria in Coppa Italia con la Lavagnese era stata promessa una cena alla squadra. Non se ne è mai più parlato e non è mai stata fatta. Questo muro di gomma che hanno alzato i dirigenti, questa poca trasparenza, non aiutano il processo di crescita. I tifosi possono anche criticare, ma sono una risorsa  dell’Imperia, sempre presenti, anche nei momenti più bui. Non capisco questa volontà dei dirigenti di cercare sempre lo scontro.

La dirigenza vuole passare per società modello, ma sono stati fatti tanti errori. Le squadre vengono costruite così, come viene, non come dovrebbe essere costruita squadra. Perché? Perché subentrano fattori esterni. E mi riferisco alla continua tendenza ad affidarsi ai procuratori per la scelta dei giocatori. L’anno scorso l’Imperia aveva il problema del gol, ha preso tre attaccanti che costavano tanto e non hanno inciso. Ma chi li ha scelti? La societa o i procuratori? In società manca qualcuno che capisca realmente di calcio, che abbia esperienza. Ci vogliono giocatori che abbiano a cuore la maglia, non giocatori che cambiano maglia ogni anno. Ci vogliono giocatori locali”.

Mattia Mangraviti

 

 

 

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