21 Novembre 2024 18:37

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21 Novembre 2024 18:37

Imperia: nella sede della Cia presentate le novità per la produzione e conservazione delle olive in salamoia/Foto e Video

In breve: Giornata conclusiva di un progetto europeo svolto in collaborazione con l'Università del Molise - Campobasso

Nella sede del Cipat, il Centro di istruzione professionale e assistenza tecnica della Cia di Imperia, sono stati presentati i risultati finali delle sperimentazioni del Progetto di cooperazione CSOT (Nuove strategie di trasformazione e conservazione degli standard qualitativi nell’oliva Taggiasca in salamoia) per determinare nuove tecniche per la deamarizzazione delle olive.

Giornata conclusiva di un progetto europeo svolto in collaborazione con l’Università del Molise – Campobasso

Il Progetto CSOT è realizzato nell’ambito della Misura 16.02 “Supporto per progetti pilota e per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie” del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Liguria. Capofila è Oroliguria, insieme a Dipartimento Agricoltura Unimol (Università degli Studi del Molise-Campobasso), FLORCOOP (ex Frantoio sociale Dol.Va.Pre. scrl) e CIPAT Imperia.

Sono intervenuti fra gli altri il Prof. Gino Ciafardini, docente di Microbiologia Agraria presso il DiAAA di Campobasso dell’Università del Molise (UNIMOL), Paolo Anselmi, Presidente di Oroliguria, Pasquale Restuccia, Agronomo di CIPAT Imperia, Stefano Roggerone, Presidente CIA Liguria e Mariangela Cattaneo, Presidente CIA Imperia.

I risultati che sono stati presentati potranno determinare nuovi scenari per la produzione e la commercializzazione dell’oliva Taggiasca in salamoia. Le strategie tecniche proposte nell’ambito del Progetto CSOT mirano a contenere e a risolvere il grave problema della comparsa del biofilm microbico sulle salamoie delle olive da mensa, microrganismi indesiderati responsabili di gravi alterazioni fisiche e sensoriali del prodotto e dannosi per la salute del consumatore.

Per impedire la crescita del biofilm microbico dannoso per le olive Taggiasche in salamoia sono stati previsti l’impiego di prototipi sperimentali di “gas bag” e di prototipi di “fusti incamiciati” capaci di impedire la crescita del biofilm microbico sulle salamoie dell’oliva Taggiasca. Le conoscenze acquisite per via delle attività svolte nell’ambito del Progetto CSOT, alla fine dei lavori verranno divulgate a tutti gli operatori del settore presenti in Liguria.

Mariangela Cattaneo, presidente della Cia della provincia di Imperia

Sottolinea Mariangela Cattaneo, presidente della Cia della provincia di Imperia: “Noi abbiamo un prodotto di eccellenza come l‘oliva Taggiasca, che è un prodotto che ci invidia tutto il mondo e che va tutelato. Abbiamo provato a fare anche altre operazioni per tutelarlo meglio, come la Dop, ma purtroppo questa fase è ancora in studio. 

Nel frattempo, abbiamo trovato delle migliorie, perché noi questo prodotto lo conserviamo in salamoia da secoli ed è un prodotto di eccellenza che dura da tanto tempo, ma è necessario cercare di coniugare la modernità, perché il prodotto sia sempre al massimo della salubrità e che possa avere un processo di conservazione al passo con i tempi

Abbiamo dato incarico all’Università di studiare questo nuovo metodo e oggi vengono divulgati i risultati di questo progetto con dei sistemi innovativi per riuscire a mantenere questo prodotto anche per il futuro e dargli nuova veste“.

L’agronomo del Cipat di Imperia, dottor Pasquale Restuccia

Spiega l’agronomo dottor del Cipat di Imperia Pasquale Restuccia: “Direi che il paragone più calzante è quello di come si fa il vino, come si gestisce il vino, così bisogna gestire le olive in salamoia. In questi anni, partendo da come si prepara la salamoia, con l’aspetto chimico e un’analisi microbiologica delle salamoie e del problema più grave che è quello della formazione di un biofilm, che può avere degli impatti sia sul prodotto che sulla salute del consumatore, abbiamo lavorato su una serie di tipologie di conservazione di olive in salamoia, sia con fusti incamiciati che con produttori di CO2, perché quello che bisogna garantire nel fusto è l’assenza di ossigeno, la tenuta dei coperchi, dei tappi. Sono operazioni fondamentali, oltre all’igiene, per far sì che non si formi questa microflora. 

Noi oggi presentiamo i risultati di un triennio di sperimentazione fatta sul campo, con la collaborazione del frantoio Florcoop, ex DolVaPre, che ci ha ospitati. All’interno del frantoio, su 30 fusti, anche per avere una ripetizione statistica, abbiamo messo a punto una serie di tecniche di conservazione, per migliorare la qualità. 

Penso che l’oliva Taggiasca se lo meriti. L’oliva Taggiasca da mensa è quella che in questi ultimi anni sta prendendo mercato e quindi abbiamo iniziato a mettere un tassello su quelli che sono i principali problemi legati alla trasformazione“.

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