“Sapere quello che è successo è stato uno shock. Pensavo che fosse un incubo. È sconcertante il fatto che qualcuno sia capace di maltrattare gli anziani indifesi. Invito tutti i parenti a rivolgersi agli avvocati per avere giustizia”.
Queste le parole, tremanti e piene di commozione, della figlia di una degli ospiti della Rsa “Le Palme” di Arma di Taggia, struttura finita nel mirino della Guardia di Finanza e della Procura di Imperia. L’inchiesta ha portato all’emissione di 24 misure cautelari nei confronti di operatori socio sanitari e infermieri accusati di maltrattamento e abbandono aggravati ai danni di anziani.
La donna, rappresentata dall’avvocato Maria Gioffrè, ha intenzione di costituirsi parte civile e ha deciso di raccontare la propria storia ai microfoni di ImperiaPost, mantenendo l’anonimato per garantire la privacy all’anziana madre vittima dei maltrattamenti, che da 7 anni si trova nella struttura, con l’obiettivo di rivolgere un appello ai famigliari di tutti gli altri ospiti e tenere alta l’attenzione su questa delicatissima vicenda.
L’intervista alla figlia di una vittima dei maltrattamenti
L’inserimento in struttura
“Io e mio fratello abbiamo inserito mia mamma, 90enne, in questa struttura perchè ci è stata raccomandata come fiore all’occhiello del ponente ligure, dopo che il fisiatra ci aveva consigliato vivamente di inserirla in una struttura.
Noi abbiamo tentennato parecchio, l’abbiamo tenuta a casa per un anno con una badante. Ma la mamma, che è diventata cieca dopo due ischemie ai nervi ottici, a casa è regredita, e così l’abbiamo inserita alle Palme e ci siamo fidati.
Effettivamente, il medico che c’era allora l’aveva subito messa a contatto con gli altri ospiti e la mamma infatti aveva ricominciato a camminare, era ritornata lucida”.
Campanelli d’allarme
“Sono successe alcune cose a cui io non avevo dato importanza perchè pensavo che mia mamma sognasse. Ad esempio, dopo un paio d’anni che era lì, mia mamma mi raccontava che di notte c’erano delle donne che andavano ai piedi del letto con delle parrucche e le facevano paura. Mia mamma era una donna che non ha mai avuto paura di niente e diceva che non si preoccupava. Io e mio fratello pensavamo che stesse sognando, adesso mi vengono dei grandi dubbi”.
Effetti personali spariti
“La mamma diceva che stava bene. Prima del covid potevamo entrare, non avevamo bisogno di prendere appuntamento, andavamo nella sua stanza tranquillamente. Succedeva che sparivano delle cose e lei si lamentava, come dei completini, magliettine.
All’inizio gli abiti venivano lavati all’interno della struttura, poi hanno dato l’incarico a una lavanderia di fuori, veniva tutto etichettato, però qualche volta capitava che a qualcuno venisse dato l’indumento di un altro o che delle cose sparissero, e non ci davamo molta importanza. Oggi invece ho delle grandi riserve su questa cosa.
A ottobre dell’anno scorso è entrata anche mia zia e ha perso il profumo, delle foto, a questo punto penso che le siano state rubate”.
Durante il covid
“Durante il covid non abbiamo potuto vederli, ci hanno proibito di entrare per 2 anni. A quel tempo mia mamma parlava ancora con il cellulare, ci sentivamo. Però a 90 anni, due anni chiusa in una stanza, ha avuto anche il covid, non è facile.
Con gli operatori non avevamo contatti, abbiamo sempre avuto contatto con le receptionist, due persone di cuore, eccezionali”.
La spinta di un operatore 4 anni fa
“Prima del covid, circa 4 anni fa, è successo un altro fatto, che mia mamma aveva raccontato a me e a mio fratello. Uno degli OSS, una notte, voleva cambiarle il pannolone. Mia mamma dormiva e si è lamentata. Così l’OSS l’ha spinta contro il bordo del letto e le ha fatto male. La mamma il giorno dopo ce l’ha detto e il pomeriggio io e mio fratello eravamo lì. Il medico l’ha spogliata per farci vedere che non c’era più nessun ematoma, comunque il fatto si è verificato. Noi avevamo chiesto al medico e alla direttrice che questo signore non fosse più a contatto con la mamma. Loro avevano parlato di sospensione ma non ci siamo più informati in seguito perchè essendo in buona fede ci fidavamo. Non hanno negato quanto accaduto, anzi, ci avevano chiesto se volevamo incontrare l’operatore, ma noi ci fidavamo della struttura. Non avevamo niente da dirgli perchè pensavamo che sarebbe stato sospeso. Non sappiamo se è stato così”.
Aggiunge l’avvocato Maria Gioffrè:
“Non crediamo che quell’operatore sia stato sospeso alla luce di un fatto molto semplice: a marzo sono stati notificati gli avvisi di garanzia e nessun operatore è stato sospeso. Se non c’è stata una sospensione neanche dopo gli avvisi di garanzia con contestazioni di maltrattamenti, abbandono, percosse, ingiurie, minacce, non crediamo che la struttura abbia provveduto a sospendere l’operatore dietro la lamentela della signora.
Credo che ci sia una connivenza perchè credo sia assolutamente impossibile che la dirigenza e gli altri che lavorano nella struttura non sapessero nulla, per un semplice motivo. Come ha scritto il giudice nell’ordinanza, le persone offese hanno urlato, si sono lamentate. Chi passa nei corridoi non sente urlare ‘Aiuto, basta, mi fai male, mi hai rotto il braccio’? Mi sembra assurdo. Io credo che ci sia una connivenza, così come credo anche, dopo aver parlato con diversi medici, esponenti della comunità scientifica, sia a livello nazionale sia internazionale, che mi hanno spiegato che sia gli adulti, gli anziani, che i minori, vittime di abusi hanno poi un modo di comportarsi che è sistematico. Tendono a coprirsi, a chiedere aiuto. Quando viene toccato si fa venire i brividi dalla paura perchè sa di essere indifeso. Diversi medici, psicologi, psichiatri, mi hanno confermato questa cosa. Quindi credo che sia impossibile che nessuno se ne sia accorto, alla luce di cosa pensa la comunità scientifica”.
La carezza rifiutata
“Poco tempo fa sono andata a trovare la mamma – continua la figlia della donna – volevo prenderle la mano per accarezzarla. Lei ha ritratto la mano, ha sgranato gli occhi con il viso terrorizzato e ha detto ‘Aiuto'”.
Dopo il primo blitz della Guardia di Finanza del 15 marzo 2022
“Dopo il primo blitz abbiamo avuto un incontro con la dirigenza e la struttura ci aveva assicurato che non sarebbe più successo nulla e ci siamo fidati di nuovo. Per cui veramente avevo pensato che la mamma di nuovo si fosse spaventata per altro o avesse sognato. Anche perchè da un po’ di tempo a questa parte la mamma spesso è soporifera. A questo punto, visto che dall’ordinanza è emerso che le terapie venivano o non date o date con troppa libertà, posso pensare che la mamma venisse sedata, perchè in alcuni momenti lo era e in altri no. Avevo parlato con il medico, una persona a modo, disponibile e molto attenta, mi aveva detto che la mamma non assumeva nessun farmaco per essere così soporifera. Perciò ora le cose non tornano e potrebbero avere un’altra spiegazione”.
Gli insulti
“Un altro fatto importante è questo. Io osservo sempre la mamma com’è vestita, se è pettinata, se le unghie sono tagliate, quelle dei piedi spesso crescono a dismisura. Quest’estate un giorno aveva addosso un giubbino di ecopelle che era da buttare, tutto rovinato. L’ho fatto presente e l’hanno cambiata. La mamma mi ha raccontato che quando l’hanno cambiata gli operatori dicevano tra di loro ‘questa è una vecchia di m… e ‘non capisce un c….”‘.
Il momento in cui ha saputo degli avvisi di garanzia
“È stato uno shock, perchè sono quelle cose che pensi che capitino agli altri e che non capitino a te. Mi sembrava di essere in un sogno che non mi appartenesse. Poi un incubo, poi un dispiacere fortissimo perchè pensare che la tua mamma sia stata vittima di queste angherie è una cosa indescrivibile, e poi una rabbia incredibile. Non dico odio perchè sono cristiana, ma rabbia e sconcerto. È impossibile maltrattare persone indifese, devi essere malato”.
Come lo ha saputo
“L’ho saputo dal mio avvocato a da mia cugina che mi hanno fatto sedere a casa, e non capivo perchè. Me l’hanno detto e io ho detto: ‘sto dormendo e questo è un incubo, non sono sveglia’. E poi sono scoppiata a piangere”.
Sacrifici per mantenerla in struttura
“Io sono stata fortunata perchè pare che mia mamma non sia stata picchiata. Ma come si fa a ledere in questo modo la dignità di una persona che ha vissuto una vita tra sacrifici? Tutti noi tutt’oggi facciamo sacrifici e rinunce per permettere che venga ospitata e seguita [il canone è di circa 2.500 euro al mese, ndr.] Se nonnini di quell’età entrano in una struttura è perchè hanno dei problemi, perchè non si riesce a gestirli in casa. Se si potessero gestire in casa i parenti lo farebbero. Già inserirli in una struttura crea tanto dolore e anche tanti sensi di colpa, figuriamoci sapere che sono stati maltrattati. Invito tutti quanti i parenti di rivolgersi a un avvocato perchè più siamo e più diamo risonanza a questa bruttissima storia che continua a ripetersi. Io sono favorevole alle telecamere anche nelle camere, giorno e notte. Perché la privacy significa dare la possibilità di maltrattare chiunque”.
Cosa ha provato quando ha visto le immagini dei maltrattamenti?
“Purtroppo le ho viste. Piango ancora oggi, perché è una cosa terribile. Come si fa a fare certe cose, non è possibile. Neanche gli animali fanno questo. Gli animali uccidono per fame, ma la tortura non esiste fra di loro. Solo l’uomo tortura”.
Il rapporto con gli operatori
“Io ho un rapporto bellissimo con la fisioterapista, che è una persona piacevole, con la quale mia mamma ha instaurato un rapporto molto simpatico. Una persona deliziosa. E poi con l’infermiera, Caterina, molto in gamba”.
Le mance a un’operatrice poi arrestata
“Avevo un rapporto con una signora alla quale ogni tanto davo 20 euro perché lei si occupava di mia mamma, le tagliava i capelli, la coccolava, davanti a me. Una signora che ora è agli arresti domiciliari.
Un altro signore un giorno aveva detto davanti a noi, rivolto a mia mamma, che mangiucchiava tutto il giorno, ‘non ti portare il pane in borsa, che poi stanotte mangi, fai le briciole e mi tocca cambiarti le lenzuola e ti picchio‘. Non mi era piaciuta questa espressione, anche se non l’aveva detto in tono burbero. Questo signore, che si sbaciucchiava mia mamma, la accarezzava, ora è agli arresti domiciliari. Pensare a tutte queste cose è davvero difficile. Sono molto addolorata per mia mamma e per tutti questi vecchietti. Nessuno merita questo. Le persone indifese, i bambini, i disabili. È come sparare sulla Croce Rossa”.
Com’è andato l’incontro con i responsabili della struttura?
“Non possiamo neanche chiamarlo incontro. Hanno buttato fumo negli occhi a tutti. Appena trovavano un appiglio per parlare di altro lo facevano. E’ stata una cosa ridicola”.
La denuncia è partita da una dipendente della Cooperativa, Federica Cozza, cosa si sente di dirle?
“Che ha fatto benissimo. Mi spiace non averlo saputo io, se no avrei denunciato io. Purtroppo noi ci siamo fidati. Prima che venisse costituita la Cooperativa l’ambiente non era così pesante, anche se non respirava grande armonia. Però c’era un pò più di allegria, di distensione. Poi quando hanno deciso di costituire la Cooperativa le cose sono cambiate. Io ho parlato con qualcuno di loro mentre ero con mia madre. Erano abbastanza arrabbiati questi OSS perché in sostanza venivano licenziati se non entravano nella Cooperativa. Gli stipendi poi erano molto più bassi. Le cose venivano fatte più velocemente”.
L’appello alle altre famiglie
“Mia mamma da un certo punto di vista è stata fortunata perchè è stata ‘solo’ maltrattata, sballottolata, non le è stato dato da bere e da mangiare ed è dimagrita molto, forse anche perchè ha compiuto 90 anni e non assimila più il cibo come una volta, non lo so, ma a questo punto tutto è possibile. Credo che sarebbe importante che, come noi ci siamo rivolti all’avvocato con cui andremo avanti con tutto quello che è possibile fare, anche tutti gli altri parenti lo facessero. Ho saputo di nonnini maltrattati in modo molto più pesante. Ho chiesto all’avvocato di dichiararci parte civile perchè così l’avvocato potrà visionare i video nella speranza che la mamma non sia stata picchiata.
L’invito a tutti i parenti è quello di rivolgersi a un avvocato perchè più siamo e più diamo risonanza a questa bruttissima storia che continua a ripetersi. Io sono favorevole alle telecamere anche nelle stanze”.
Se potesse parlare faccia a faccia con questi operatori, cosa gli direbbe?
“Non parlerei. È meglio che non dica niente”.