“Quali sono i reati spia? Gli incendi. La provincia di Imperia è tristemente nota per gli incendi dolosi. Hanno bruciato un capannone e non ne sapevano nulla, hanno bruciato dei camion e non ne sapevano nulla. Mai ricevuto minacce. Magari è vero. Magari è un incendio fatto perché il dipendente era arrabbiato. Io non credo mai a queste ipotesi“. Queste le parole del Procuratore Capo di Imperia Alberto Lari, in occasione della presentazione del libro “Punto a capo. Storia ed evoluzione di mafia e antimafia in Liguria”, tenutasi ieri presso la Sala Biblioteca del monastero delle Clarisse, a Imperia.
Presenti Michele di Lecce, già procuratore di Genova e Direzione Distrettuale Antimafia, Rosaria Costa, la vedova di Vito Schifani, agente della scorta di Giovanni Falcone, morto a Capaci il 23 maggio 1992, oltre a Maura Orengo, referente di Libera Imperia.
In sala, oltre a un nutrito pubblico, rappresentanti delle istituzioni locali, il Questore di Imperia Felice Peritore, il Prefetto di Imperia Valerio Massimo Romeo, il Comandante dei Carabinieri Marco Morganti, il Comandante della Finanza Walter Mazzei.
Presenti anche il Presidente del Consiglio Comunale di Imperia Pino Camiolo, l’ex presidente dell’RT Giovanni Barbagallo, il vice presidente della Fondazione Carige Giacomo Raineri e alcuni dei candidati alle prossime elezioni comunali de 14-15 maggio, Enrico Lauretti, Domenico Abbo, Ivan Bracco e Luciano Zarbano.
Maura Orengo
“Ci prepariamo all’appuntamento del 21 marzo in cui ricorderemo tutte le vittime innocenti di mafia, saremo a Milano. Molte scuole della nostra provincia si sono organizzate autonomamente per leggere i nomi delle vittime innocenti delle mafie. Quando le scuole si organizzano da sole vuol dire che abbiamo seminato bene. Voglio ringraziare per la sua presenza Maria Rosaria Costa, vedova dell’agente Schifani della scorta del giudice Falcone. Noi di Libera ci diamo da fare perché le nuove generazioni crescano meglio delle nostre. Presentiamo un libro che contiene le relazioni antimafia su tutta la Liguria.
Il Generale Dalla Chiesa disse una cosa molto importante: ‘Possiamo sconfiggere le mafie ma bisogna che lo Stato affermi come diritto ciò che i mafiosi elargiscono come favori’. Rocco Chinnici, Capo pool antimafia di Palermo disse: ‘la mia fiducia è nelle nuove generazioni’. Ninni Cassarà disse: ‘noi non siamo come loro’. Questa frase a volte mi fa venire i brividi. Quando facciamo le nostre scelte dobbiamo essere responsabili.
Una parola sui beni confiscati: se riusciamo a restituirli allo Stato facciamo sì che le mafie restituiscano il maltolto”.
Michele di Lecce
“Gli autori del libro che presentiamo oggi scrivono ‘punto e a capo’ perché da lì, dai processi antimafia in Liguria, si sarebbe dovuti ripartire. Non so se così sia avvenuto, non tocca a me giudicarlo, sicuramente era una forte speranza per quello che mi riguarda. Da una fase iniziale risalente agli anni 70, la presenza delle organizzazioni mafiose è stata negata a tutti i livelli, dalle forze politiche alla magistratura, dalla cittadinanza alle istituzioni. È stata negata perché così veniva rimossa, perché la non esistenza non era un problema. C’è voluto parecchio tempo e parecchi accadimenti che sono stati ricondotti in una lettura unica. Ci sono stati scioglimenti di consigli comunali nel ponente ligure, indagini seguite dalla Dda di Genova che facevano affiorare fatti e circostanze ignorate in passato. Accadimenti che, letti unitariamente, hanno fatto raggiungere una maggiore consapevolezza della mafia anche nel territorio ligure. Inutile precisare che non ci riferiamo alla mafia storicamente intesa, ma anche a tutte le altre che si sono aggiunte alla mafia siciliana.
La mafia che più ha interessato il ponente ligure è la ‘ndrangheta, che trova le sue origini nelle province calabresi. Rappresenta l’organizzazione più diffusa in Italia, ma anche nel mondo. Si sono superati da tempo i confini nazionali.
Questo trend, che sembrava destinato a non arrestarsi nel corso degli anni, ha avuto alti e bassi. Ora questo fenomeno è tornato indietro, alla sottovalutazione. Quando parliamo del territorio ligure parliamo del ponente ligure.
Gli alti e bassi sono legati, per quella che è la mia lettura, all’andamento dei procedimenti penali che riguardavano fatti di mafia. Sembrava che solo se il processo penale terminava con una condanna allora si poteva parlare della presenza della mafia. A seguito di alcune discutibili decisioni in diritto, e forse non solo, c’era stato il rovescio della medaglia, affermando che non era vero niente.
Si è poi arrivati ai tre grossi filoni giudiziari. Le condanne non hanno avuto la risonanza che avrebbero avuto se fossero state raggiunte in minor tempo. Ci sono voluti anche dieci anni. Questo perché il nostro sistema processuale prevede una serie di impugnazioni che portano a questi risultati. Tutti e tre questi grossi filoni hanno visto la celebrazione di cinque processi. Primo grado, Appello, Cassazione, rinvio in Appello, Cassazione.
Quello che a me preme sottolineare è che questa singolare attenzione dedicata all’attività delle forze di polizia e dell’autorità giudiziaria nascondeva di fatto almeno due cose negative. La prima: una delega quasi totale da parte dei cittadini e delle altre istituzioni all’autorità giudiziaria come se fosse un fatto solo di tipo penale, repressivo. Un limite molto forte.
L’altro aspetto negativo: proprio come conseguenza di questa delega implicita una parte di soggetti, che avevano anche ruoli pubblici, si è sentita deresponsabilizzata. ‘Tanto ci pensa l’autorità giudiziaria’.
Non può esistere una vera democrazia se non c’è la partecipazione. Il presupposto fondamentale è la conoscenza. Tutti dovremmo essere impegnati dal primo momento nella conoscenza di questi fenomeni. Non sono fenomeni che vanno affrontati dagli esperti, ma da tutti. La presenza delle associazioni mafiose è una parte della vita di tutti, nessuno può tirarsi fuori. Soltanto avendo la consapevolezza dell’esistenza di questi problemi si potrà fare un passo avanti.
Questi fenomeni non sono statici, cambiano nel tempo. In Liguria avevano delle caratteristiche, ma nel tempo è cambiato quasi tutto. È rimasta una struttura familaristica. Molto è cambiato perché le organizzazioni criminali si adeguano al mondo.
Aveva fatto scalpore quando la Cassazione per la prima volta parlò di ‘mafia silente’. Se una volta si usavano pizzo, usura e vessazione come fonti principali di procacciamento di denaro, ora lo spaccio di sostanze stupefacenti ha assunto un ruolo predominante.
L’unica conclusione è quella che dobbiamo ripartire da dove eravamo arrivati tenendo conto che quelle realtà che sono state oggetto di procedimenti non sono scomparse. Solo se ci sarà una effettiva consapevolezza del fenomeno, che è un pericolo reale per tutti, perché incide sulla coesione sociale, dato che l’obiettivo è il controllo sociale, potrà essere limitato e sconfitto”.
Alberto Lari
“Sono rimasto allibito da questa presenza, nel vedere la platea piena. La cosa mi emoziona, non me lo aspettavo. Ognuno può fare qualcosa per sconfiggere la mafia. È vero che ci sono gli addetti ai lavori che se ne occupano, ma la partecipazione è fondamentale. La frase ‘la mafia non esiste’ me la porto dietro da sempre. La gente a Ventimiglia dice che la mafia non esiste, anche di fronte a delle sentenze passate in giudicato. Il libro ti fa avere la conoscenza, il dettaglio. Quando leggi certe cose è difficile negarle. Riguarda la provincia di Imperia la prima sentenza che parlò di una camera di controllo della mafia, a Ventimiglia. Anche in quel processo una delle ipotesi principali era il voto di scambio, è una costante comune di tutti i processi che abbiamo fatto. Questa è una cosa che deve fare riflettere. Io non voglio demonizzare la politica, ma le sentenze dimostrano che in tutte le competizioni elettorali ci sono rapporti tra capo locale mafioso e candidati. Ovviamente il politico dice sempre che non sapeva di relazionarsi con un mafioso.
Se sono un candidato e mi relaziono con un titolare negozio di frutta, come fa quest’ultimo ad avere una tale confidenza con chi diventerà sindaco o presidente della provincia? A meno che non ci sia un rapporto di amicizia, ci troviamo di fronte a una persona ha un potere superiore al proprio ruolo. Questi elementi sono purtroppo troppe volte sottovalutati.
Il fatto che questi processi sono stati così lunghi, con anche sentenze di assoluzione, ci ha fatto barcollare. Siamo stati ad un passo dall’arrenderci.
Tenete presente che già nei processi che abbiamo svolto, tra il 2009 e il 2010, dalle intercettazioni veniva dimostrato che la mafia voleva mimetizzarsi. Volevano un basso profilo per evitare la reazione dello Stato. Per questo mi sorprende che il fatto che non siano successi fatti eclatanti possa far pensare che la mafia non esiste.
Cos’è la struttura ‘ndranghetista? È un vincolo indissolubile. Come possiamo pensare che una struttura così forte finisca perché tu condanni sei persone? Dobbiamo darlo per scontato che esiste. Dobbiamo cercare di dimostrare chi ne fa parte. Bisogna trovare la forza di dimostrare la presenza delle associazioni mafiose.
Ci deve essere partecipazione civile. L’autorità giudiziaria senza denunce, senza prove, come fa? È mai possibile che in 20 anni che faccio il PM non ho mai visto denunce per usura o estorsione? Mai vista una, abbiamo dovuto documentarle tramite intercettazioni. Ci siamo sempre arrivati da altri processi. Non può essere solo l’autorità giudiziaria a fare tutto. Se non c’è la collaborazione del cittadino non ci si arriva. Bisogna superare questa cosa.
Non è vero che queste persone legate alle organizzazioni criminali, nel ponente ligure, non facevano nulla. Parliamo di persone che da giovani avevano commesso omicidi in Calabria, poi sono venute in Liguria per trafficare stupefacenti. Non ci sono persone che sparano, ma persone che hanno attività economiche. Solo con la collaborazione dei cittadini si possono fare passi avanti. Per questo invito tutti a collaborare con le istituzioni.
Quali sono i reati spia? Gli incendi. La provincia di Imperia è tristemente nota per gli incendi dolosi. Hanno bruciato un capannone e non ne sapevano nulla, hanno bruciato dei camion e non ne sapevano nulla. Mai ricevuto minacce. Magari è vero. Magari è un incendio fatto perché il dipendente era arrabbiato. Io non credo mai a queste ipotesi.
Non ho mai ricevuto alcuna collaborazione. Abbiamo anche provato ad intercettare, ma non siamo arrivati a nulla”.