“Ringrazio tutti i clienti, qua ci conosciamo tutti per nome. Non è come in una grande attività, questa è una famiglia. Ringrazio tutti quelli che sono venuti e tutti quelli che hanno lavorato qui dentro in questi 26 anni prima per mio papà e poi per me”. Queste le parole commosse di Simone di Bernardo, titolare dello storico locale “L’Ambaradan” in via Mazzini, a Porto Maurizio, per annunciarne la chiusura dopo 26 anni di attività.
Una notizia che ha subito suscitato la nostalgia e la commozione di moltissimi imperiesi (e non) che negli anni hanno frequentato e amato “L’Ambaradan”, sia il pub (chiuso nel 2020) sia la pizzeria ristorante.
Simone Di Bernardo
Quando inizia la storia dell’Ambaradan?
“Il locale è stato aperto nel ’97 da mio papà con un socio, che ha lasciato dopo poco. Nel 2012, quando mio papà è venuto a mancare, l’ho acquisito io, insieme a mia mamma, mia sorella e mio fratello, che ci ha sempre dato una mano.
Nel 2004 ci siamo allargati aprendo anche il pub, che abbiamo poi chiuso nel 2020 con il Covid e non lo abbiamo mai più riaperto. Ad oggi abbiamo deciso di chiudere anche il ristorante. Mia mamma il 30 aprile fa 67 anni e va in meritata pensione. Io sinceramente non me la sono sentita di ripartire, di riformare un nuovo staff o di cambiare la cucina.
Ho deciso di chiudere un capitolo. Un locale come il nostro molto retrò come stile, molto anni ’90, trasformarlo e modernizzarlo forse la gente non avrebbe apprezzato.
È un ciclo che si chiude anche a livello culinario, con la pasta fatta in casa, le pizze. Ho preso questa decisione sofferta.
Sono 26 anni che lavoro qua dentro, prima con mio papà e poi come locale mio. È una scelta che fa male, so che tanti sono dispiaciuti, che è un peccato.
Dispiacerà a tanti, devo pensare anche un po’ a me stesso, si vedrà poi cosa fare”.
Hai iniziato qui dentro a 16 anni? Come ha visto cambiare anche la città?
“Per me che sono di via Cascione, la città è cambiata tanto. Siamo partiti con una via Cascione diversa, adesso è più multiculturale. Ai tempi era più portorina.
La città è cambiata tanto, ci sono molte più attività, è faticoso tirare avanti con tutte queste attività in una città come Imperia. Non è che sia una città metropolitana come Milano o Torino.
Stavamo lavorando ancora bene, non abbiamo mai perso più di tanto, levato il periodo Covid come per tutti.
La città è cambiata in alcune cose in meglio e altre in peggio. Noi non siamo stati abbastanza al passo con i tempi come attività.
Ho iniziato a 16 anni, adesso ne ho 42. Due terzi della mia vita li ho passati qui dentro, difficile pensare di essere a casa dal primo maggio e non saper bene cosa fare.
Ci stiamo programmando la vita in qualche maniera qualcosa si farà. A chi avrà piacere farò sapere dove venirmi a trovare”.
I ricordi più belli?
“Tante feste, tra cui i primi San Patrizio festeggiati nel pub. Tanti a Imperia non sapevano ancora cosa fosse.
Compleanni, feste, serate, con Gianni Catalano che oggi non c’è più. Ovviamente il ricordo di mio papà, è mancato nel 2012. Abbiamo avuto la forza di ripartire acquisendo il locale con la mamma, mio fratello e mia sorella.
Questi sono i ricordi che mi lascerà. Penso che sia fiero di questa cosa, visto che la abbiamo portata avanti sino a 2023 inoltrato. Penso che sia fiero di noi tutti, dei dipendenti che sono passati, di quelli che ci sono ancora e di tutta la gente che ci ha voluto bene”.
Vuole mandare un ringraziamento a tutti i clienti?
“Devo ringraziare i clienti, qua ci conosciamo tutti per nome. Sono clienti affezionati e si trovano come in famiglia. Non è come in una grande attività, qua è una famiglia.
Ringrazio tutti quelli che sono venuti. Tutti quelli che hanno lavorato qui dentro in questi 26 anni.
So che tanti saranno dispiaciuti, se mi vorranno venire a trovare in questi ultimi giorni, ricorderemo assieme tutto quello che abbiamo passato qua dentro e le serate che abbiamo fatto”.