16 Novembre 2024 21:15

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16 Novembre 2024 21:15

Imperia: l’inchiesta tangenti squarcia il mito della città felice. Siamo ostaggio di un sistema malato/L’editoriale

In breve: Una realtà, quella raccontata in queste poche righe, che tutti conoscono e magari denunciano anche, ma a voce bassa, negli spazi più angusti, per paura di perdere posizioni in una scala gerarchica dove la fedeltà e l'omertà valgono più delle capacità.

La decisione, da parte del nostro giornale, di pubblicare le intercettazioni telefoniche contenute negli atti dell’inchiesta sul presunto giro di tangenti che ha portato agli arresti dei fratelli Speranza e di Luigino Dellerba non ha trovato, come spesso accade in questi casi, tutti d’accordo. Da parte nostra, abbiamo optato per la divulgazione, nel rispetto dei termini di legge, perché riteniamo che la cittadinanza abbia il diritto di conoscere le dinamiche interne alla pubblica amministrazione. Ognuno, poi, sarà libero di farsi una propria opinione.

Per quanto riguarda la concomitanza con la campagna elettorale, non è attribuibile al nostro giornale la chiusura delle indagini in questo particolare frangente temporale. 

Venendo, invece, al contenuto delle intercettazioni, emerge, fino a prova contraria, al di là delle eventuali responsabilità penali, un quadro desolante della gestione della pubblica amministrazione nella nostra provincia. Purtroppo, ed è questo l’aspetto più mortificante, le indagini della Procura della Repubblica sembrano confermare i sospetti che da anni aleggiano sull’intera provincia di Imperia, dove vige, ormai da tempo, un clima di rassegnazione, di impotenza, di fronte a un sistema di potere che appare inattaccabile.

Con buona pace degli slogan sul miglior clima d’Italia e sul risveglio mattutino con il sorriso, Imperia si trova a fare i conti con un sistema che non ha un solo colore politico e che travolge tutto e tutti, che fa dell’usa e getta il proprio modus operandi. Ne sono un emblema i fratelli Speranza, Luigino Dellerba, Marino Masi, abbandonati al loro destino (‘non li conosco’, ‘sono sempre stati così’, ‘hanno fatto solo qualche lavoro’, ‘eh ma ultimamente non ci sta con la testa’).  La narrazione, distorta, della realtà, racconta di episodi isolati, di comportamenti ascrivibili a singoli soggetti, incapaci di controllare la propria sete di denaro, potere, popolarità. Una versione di comodo che nasconde una realtà ben più complessa, dove va avanti il più furbo e non il più capace, dove assistiamo a giravolte politiche imbarazzanti molto spesso figlie di meri interessi personali. Dove si studiano cavilli di ogni natura per aggirare le normative. Dove il rinnovamento, le grandi opere, sono lo strumento per raccogliere finanziamenti, distribuire incarichi, controllare voti. Un sistema che tutti conoscono, da tempo, e che ha fatto le fortune (e le sfortune) della Prima Repubblica. A conti fatti, però, a nessuno sembra importare davvero della città, della provincia, tanto che le criticità principali riguardano proprio i beni primari della collettività, l’acquedotto, il sistema fognario, la depurazione, i rifiuti, il lavoro, la sanità. Dove finiscono i tanto decantati “fiumi di soldi”?

Se non ora, quando una presa di coscienza da parte dell’intera cittadinanza? Chiamata ad alzare la testa, a non accettare compromessi, a denunciare. C’è chi non si è mai adeguato al sistema, mantenendo la propria integrità a costo di essere emarginato, di perdere il lavoro o di lavorare con il contagocce, e chi invece non ha avuto la forza, o la volontà, di non farsi risucchiare da un sistema malato.

Perché in questa provincia chi si ferma è perduto, chi non si adegua è perduto. E allora assistiamo a imprese (o professionisti e commercianti) che pur di non rimanere indietro accettano compromessi rischiosi per se stessi e per gli altri, a cittadini che si ‘vendono‘ per una multa stracciata, per un passo carraio, per un dosso, per un’autorizzazione, per un lavoro. Assistiamo a generazioni di giovani che emigrano, depauperando le risorse di una città sempre più spoglia di menti brillanti.

Una realtà, quella raccontata in queste poche righe, che tutti conoscono e magari denunciano anche, ma a voce bassa, negli spazi più angusti, per paura di perdere posizioni in una scala gerarchica dove la fedeltà e l’omertà valgono più delle capacità.

E’ ora che la città, l’intera provincia, rivoluzionino il proprio modo di pensare, si destino da un torpore intellettuale cancerogeno. Non è così in tutta Italia, refrain tanto caro a chi si affretta a difendere un sistema che manda al massacro l’ultima ruota del carro per poi sostituirla e ripartire a una velocità ancora maggiore.

Non si può giustificare sempre tutto. Non è vero che siamo tutti uguali. Chi accetta questo sistema, per paura, per mancanza di alternative, per ignoranza, è complice. Se Imperia, da 30 anni a questa parte, è schiava di un meccanismo gattopardesco, in cui tutto cambia perché nulla cambi, è colpa di chi sta a guardare, in silenzio. Fuori l’orgoglio Imperia.

Mattia Mangraviti e Gabriele Piccardo

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