24 Novembre 2024 01:37

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24 Novembre 2024 01:37

Dalla Valle d’Aosta alla Puglia a piedi: l’impresa dell’imperiese Samuele Spizzo. “Non scorderò mai l’umanità delle persone che ho incontrato. Tutta la fatica è stata ripagata” / Le immagini

In breve: Il racconto del 31enne imperiese.

Molte persone che ho incontrato dicevano: ‘tu lo puoi fare perchè sei giovane’, ma non è vero. Durante il mio cammino ho incontrato persone di 60 anni e più che facevano centinaia di chilometri a piedi. Non è mai troppo tardi per intraprendere una grande avventura”.“. Queste le parole di Samuele Spizzo, 31enne imperiese, che dall’8 aprile al 30 giugno ha percorso a piedi la via Francigena da Aosta fino in Puglia, a Santa Maria di Leuca, per un totale di circa 2.100 chilometri.

Un’esperienza impegnativa ma ricca di emozioni che Samuele ha raccontato a ImperiaPost.

Dalla Valle d’Aosta alla Puglia: l’impresa dell’imperiese Samuele Spizzo

Come è nata l’idea del viaggio?

“L’idea di fare questo viaggio è nata molti anni fa, quando ho percorso la Via Francigena in Toscana. Da allora ho vissuto all’estero e ho viaggiato molto in Asia e in Africa, ma ho sempre desiderato tornare in Italia e fare un viaggio a piedi. Avevo il desiderio di visitare il mio paese in modo non convenzionale. Così dopo la stagione che ho fatto in Svizzera, sono cuoco di professione, ho deciso di partire per questo viaggio.

Ho scelto la Via Francigena per poter seguire un percorso, ma nel corso del viaggio spesso ho fatto delle deviazioni e delle modifiche, seguendo la mia strada.

Ho percorso circa 2.100 km in totale, con una media di circa 30 km al giorno”.

Quali sono gli aspetti del viaggio che ricorderai?

“Ci sono stati tanti momenti da ricordare lungo il cammino. Ciò che mi resta è sicuramente la riscoperta dell’umanità delle persone, dell’accoglienza e della solidarietà. Durante il mio viaggio ho incontrato moltissime persone che mi hanno dato supporto, anche solo con un saluto, ma c’è stato anche chi mi ha ospitato, mi ha offerto da mangiare, mi ha tenuto compagnia. Tutto questo mi ha motivato a continuare ad andare avanti.

Le prime due settimane, infatti, sono state molto dure. Ero da solo con la tenda e mi chiedevo perché stavo facendo tutto questo. Era faticoso sia fisicamente che emotivamente perchè non avevo un punto di riferimento. Pian piano però ho cominciato ad incontrare persone lungo il cammino che mi hanno dato forza e incoraggiamento, anche solo con un semplice augurio di buon viaggio, un caffè insieme o una chiacchierata.

Un altro aspetto importante è stato quello di essere stato molto a contatto con la natura. Avendo vissuto in tenda, ho dormito in posti molto belli, lontano dal caos delle città, anche se non sempre paradisiaci bisogna ammettere. In ogni caso, il fatto di montare la tenda, cucinare ed essere indipendente su tutto mi ha reso fiero di me stesso e mi ha insegnato ad arrangiarmi e adattarmi”.

Come eri equipaggiato?

“Il mio equipaggiamento consisteva in una tenda, un fornello e uno zaino con il minimo indispensabile che pesava dai 13 kg ai 20 kg. All’inizio avevo tutto pianificato, facevo la spesa al supermercato e portavo con me l’acqua. Ma da Roma in giù, ho iniziato ad andare con il flusso, seguendo l’andamento del viaggio. Ed è andato tutto bene, sembrava che l’universo mi stesse guidando.

Sono passato dall’Emilia Romagna tre giorni prima dell’alluvione e ho affrontato forti temporali in Puglia. Una volta, una pietra è caduta sulla mia tenda durante la notte mentre pioveva a dirotto e c’erano fulmini. Sono uscito dalla tenda e mi sono rifugiato in un luogo sicuro. Non ho dormito a causa della tensione, ma sono sopravvissuto. Anche da questo ho imparato qualcosa: non si deve dormire sotto le scogliere.

Ho incontrato molte persone di cuore, soprattutto da Roma in giù. Tre persone mi hanno offerto un alloggio, tra cui un signore gentilissimo che mi ha affittato una casa e mi ha aiutato con la spesa. Ho avuto anche la possibilità di stare in una casa al mare offerta da un’altra signora. Sono rimasto in contatto con queste persone e ho incontrato tante altre persone lungo il cammino, che mi hanno fatto entrare nella loro vita per un breve momento. Questi tipici incontri da viaggiatore ti permettono di entrare in contatto con la gente del posto, mangiare insieme a loro e riscoprire l’umanità”.

Com’è stato l’arrivo?

“Alla fine, quando si avvicinava Santa Maria di Leuca, non volevo più arrivare. Mi sembrava di tradire tutto ciò di bello che avevo vissuto lungo il cammino: la serenità e il benessere che avevo raggiunto. Ma i camminatori che ho incontrato mi hanno spinto ad arrivare fino alla fine.

Quando ho raggiunto la meta, ho pianto. È stata un’emozione molto intensa. Portare a termine un progetto così grande mi ha reso orgoglioso. Mentre lo stavo facendo, talvolta dimenticavo cosa stavo cercando di raggiungere, ma poi ho completato il viaggio e ho guardato indietro e mi sono reso conto di tutto.

Per il futuro, ho in mente di fare un altro lungo viaggio a piedi, questa volta in Nuova Zelanda. Mi piacerebbe percorrere il sentiero Te Araroa, che attraversa entrambe le isole. A settembre, partirò per un anno in Nuova Zelanda e magari, alla fine del mio lavoro là, potrò dedicarmi a un’avventura di 3.000 km immerso nella natura.

Mi piacerebbe anche trasformare questa passione in una professione e condividere ciò che ho imparato diventando una guida. Ci sono ancora molte cose da imparare e molta esperienza da accumulare.

Ad esempio ho imparato ad usare l’erba come sapone per lavare la pentola, poiché funziona meglio della saponetta. Ho imparato a vivere nella natura, tranquillo e fiero di me stesso.

Spero che la mia esperienza possa ispirare gli altri, anche solo per passare un po’ di tempo immersi nella natura.

Molte persone che ho incontrato dicevano: ‘tu lo puoi fare perchè sei giovane’, ma non è vero. Durante il mio cammino ho incontrato persone di 60 anni e più che facevano centinaia di chilometri a piedi. Non è mai troppo tardi per intraprendere una grande avventura”.

 

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