L’inchiesta della Guardia di finanza sull’organizzazione criminale posta in essere dalla famiglia De Marte – Gioffrè ha evidenziato azioni tipiche del “metodo mafioso”. In particolare quando la banda doveva recuperare dei soldi da “clienti morosi” non si faceva scrupoli e metteva in atto minacce, pestaggi, sequestri di persona, arrivando a farsi intestare scooter e auto da chi non aveva il denaro per pagare.
Per il Gip evidente l’impiego del metodo mafioso, arrivando a costringere le vittime a inginocchiarsi davanti ai capi dopo pestaggi anche con il calcio di una pistola
Fra i vari episodi individuati dagli investigatori della Guardia di finanza, che intercettavano, fotografano e filmavano le mosse della banda, ne riportiamo quattro particolarmente significativi, citati anche nell’ordinanza che ha portato agli arresti di ieri mattina.
Primo episodio
Pesantissimo il resoconto del pestaggio e sequestro di Giovanni Striglioni, nonostante lo stesso sia affiliato all’organizzazione, che i magistrati riportano nell’ordinanza di custodia cautelare: “il 17 dicembre 2021, previo accordo e su disposizione di Gioffrè Domenico e De Marte Giovanni […] si recavano presso l’abitazione di Striglioni Giovanni a Santo Stefano al Mare, gli chiedevano […] dove fossero i soldi“.
“Dopo averlo percosso, cagionandogli lesioni personali non refertate e ferite con un’arma da taglio, con violenza lo prelevavano da casa, lo privavano della libertà personale e lo portavano a Diano Castello, presso l’abitazione di Gioffrè Domenico, dove si trovavano Gioffrè Domenico, agli arresti domiciliari, De Marte Giovanni […] e dove Striglioni Giovanni veniva nuovamente percosso [….] anche con il calcio di una pistola […].
Secondo episodio
Ma non è finita, perché, secondo il resoconto degli inquirenti che seguivano le mosse della banda passo dopo passo: “il 20.12.2021, Striglioni Giovanni e Striglioni Nicolò, si presentavano presso l’abitazione di Gioffrè Domenico che, ricordando quanto accaduto alcuni giorni prima, diceva a Striglioni Giovanni che avrebbero potuto provocargli lesioni ben peggiori di quelle subite, ‘che ti ammazzavano in casa Giova… ti accoltellavano là e se ne andavano…’, e si accordava per trasferire la proprietà della moto Yamaha Tmax, simulando una compravendita […] passaggio che veniva effettuato il giorno stesso, oltre a promettere pochi giorni dopo di consegnare a Gioffrè la somma di 2000 euro a saldo dei debiti famigliari“.
Per il Giudice per le indagini preliminari, innanzi a questi fatti, non vi è dubbio che i responsabili abbiano agito “avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. (che fa riferimento all’associazione mafiosa – ndr), con modalità tali, tenuto conto del contesto in cui operavano e del pestaggio, con la vittima costretta a inginocchiarsi dinanzi a Gioffrè Domenico e ai De Marte, tali da evocare l’esistenza di un’organizzazione mafiosa, considerata la provenienza delle famiglie e i legami di parentela con famiglie di ‘ndrangheta residenti in Calabria, in grado di affermare con la violenza il proprio monopolio nella provincia di Imperia“.
Terzo episodio
In un’altra occasione, fra il 17 e il 20 dicembre, De Marte Giovanni e Gioffrè Domenico vengono accusati, a seguito dei pedinamenti e degli appostamenti delle Fiamme gialle, di “avere, in concorso tra di loro, con violenza e minaccia, costringendo L.S. a cedere la proprietà di una autovettura Volkswagen Passat, in pagamento di un debito di importo imprecisato, maturato nel traffico di stupefacenti, procurando a sé un ingiusto profitto, con pari danno per la persona offesa: prelevavano L.S., lo privavano della libertà, lo portavano nell’abitazione dove Gioffrè Domenico si trovava agli arresti domiciliari, e lo picchiavano con violenza, anche utilizzando un bastone di legno per percuoterlo in faccia, provocandogli lesioni personali non refertate, così costringendolo a intestare l’autovettura Wolfswagen Passat, intestata alla moglie, a De Marte Giovanni“.
Quarto episodio
In questo occasione a rendersi responsabile delle minacce per recuperare denaro è Laganà Antonino, che “incontrava P.G. e lo minacciava di incendiare il suo furgone se non avesse onorato i debiti maturati a seguito della vendita di sostanza stupefacente, dicendogli: “I soldi…i miei soldi. Prendi i soldi dal camion subito. Prendi i soldi sennò ti faccio male… I soldi che hai addosso li dai a me… O ti prendo…. E se non ti prendi i cinque grammi da me ti brucio il camion… Vado là compro la benzina ora e te lo brucio qua…”.
Come si nota, le vittime delle aggressioni, coinvolte nell’acquisto di droga, non solo non denunciano mai gli aggressori, ma neppure si recano al Pronto soccorso per farsi medicare le ferite riportate, per evitare di generare qualunque sospetto nelle Forze di polizia ed evidentemente anche per non rischiare ritorsioni peggiori.