“Vogliamo evitare la trasformazione del servizio sanitario nazionale in un’opzione forzata per chi non si può permettere di rivolgersi al privato, perdendo il suo carattere universale“. Queste le parole della dottoressa Maria Fasciglione, Segretaria aziendale Asl1 e Anaao Assomed, neuroradiologa all’Ospedale di Sanremo, che oggi ha aderito allo sciopero nazionale di 24 ore dei medici, dirigenti sanitari e infermieri proclamato da Anaao Assomed (maggiore sindacato degli ospedalieri), Cimo-Fesmed, Nursing Up.
In Asl1 Imperiese, secondo i dati forniti dalla stessa azienda, alle 16.45, su 312 appartenenti alla dirigenza hanno scioperato in 29, ossia il 9%, su 2490 appartenenti al comparto hanno scioperato in 25, ossia l’1%
Tra le richieste dei sindacati ci sono l’assunzione di nuovi medici e personale infermieristico, la detassazione dell’indennità di specificità medica e sanitaria, risorse adeguate per il rinnovo del contratto di lavoro, cancellazione dei tagli alle pensioni, depenalizzazione dell’atto medico.
Durante la giornata sono stati sempre garantiti i servizi pubblici essenziali come emergenza e pronto soccorso.
Imperia, sanità: sciopero medici e infermieri, il grido d’allarme dei lavoratori
Intervista alla dott.ssa Maria fasciglione neuro radiologa (Anaao Assomed)
“Alla manifestazione di questa mattina a Sanremo eravamo circa una ventina, non mi aspettavo numeri più alti perchè, da una parte, dove c’è carenza strutturale bisogna sempre assicurare i servizi minimi, quindi è difficile poter lasciare il proprio posto, dall’altra, il nostro senso del dovere ci porta a non voler creare disagi ai pazienti che magari hanno prenotato una visita da tempo. In tanti hanno aderito idealmente anche se non erano in piazza.
Le motivazioni che hanno portato a questo sciopero sono tante e condivise da tutti.
Il sistema sanitario nazionale, da tempo definanziato dei fondi necessari, è stato ridotto a un bancomat da cui prendere risorse all’occorrenza. Questa situazione si riflette nella mancanza di adeguate retribuzioni per la categoria, con personale che lamenta stipendi inadeguati nonostante le pesanti responsabilità. Anche con uno stipendio dignitoso, ottenuto attraverso turni estenuanti e turni di lavoro nei giorni festivi, la capacità di risparmio è compromessa, e la professione di medico o infermiere risulta svalutata rispetto al costo della vita e al confronto con realtà europee simili.
Il lavoro diventa totalizzante, si svolge in condizioni disagiate, con frequenti aggressioni al personale sanitario e con una scarsa gratificazione. La pandemia da COVID-19 ha portato a deroghe alle regole, ma la situazione di fondo persiste. Colleghi sono stati costretti a lasciare l’ospedale per cercare lavori più sostenibili.
Il confronto salariale con le cooperative evidenzia disuguaglianze ingiustificabili, con disparità di guadagno che mettono in discussione la dignità del lavoro svolto. Le misure previste dalla legge di bilancio sollevano preoccupazioni, vista la revisione delle regole pensionistiche, con un taglio importante.
Chiediamo la detassazione della specificità medica, chiediamo di destinare maggiori fondi al servizio sanitario. È essenziale per evitare la trasformazione del servizio sanitario nazionale in un’opzione forzata per chi non si può permettere di rivolgersi al privato, perdendo il suo carattere universale.
È fondamentale riconoscere la dignità della professione sanitaria, che ora si sta sgretolando, attraverso azioni concrete, come un riconoscimento economico adeguato e un aumento delle risorse per valorizzare il lavoro svolto. La lotta attuale mira a salvare il sistema sanitario nazionale da un crollo imminente, perchè se continuiamo su questa strada il sistema muore”.