Colpo di scena nel processo, innanzi alla Corte d’Assise di Imperia (composta dalla giuria popolare e dai giudici Carlo Alberto Indellicati ed Eleonora Billeri), sul cosiddetto “cold case svedese”. Sul banco degli imputati, con l’accusa di omicidio volontario aggravato, Salvatore Aldobrandi, 73enne, pizzaiolo originario di Cosenza ma da anni residente a Sanremo, difeso dall’avvocato Fabrizio Cravero (dopo che il legale Andrea Rovere ha dismesso il mandato meno di un mese fa).
Aldobrandi, lo ricordiamo, è stato arrestato lo scorso giugno con l’accusa di omicidio volontario aggravato della 21enne Sargonia Dankha (all’epoca compagna di Aldobrandi), scomparsa il 13 novembre 1995 a Linköping, città della Svezia a 200 chilometri a sud di Stoccolma.
Nel dettaglio, all’apertura dell’udienza odierna, l’avvocato Cravero ha preso la parola per sollevare un’eccezione di improcedibilità basata sull’articolo 128 del Codice Penale, che stabilisce, al comma 2, che “quando la punibilità di un reato commesso all’estero dipende dalla presenza del colpevole nel territorio dello Stato, la richiesta non può più essere proposta, decorsi tre anni dal giorno in cui il colpevole si trova nel territorio dello Stato”.
In breve, il legale della difesa sostiene che, viste le normative, essendo trascorsi più di tre anni da quando l’imputato è rientrato in Italia, non può essere accusato di un reato commesso all’estero in epoca antecedente. Per questo l’avvocato ha chiesto alla Corte l’annullamento del processo e la scarcerazione immediata di Aldobrandi.
L’udienza è stata interrotta e i giudici si sono ritirati per prendere una decisione.
Cold case svedese: a Imperia il processo a Salvatore Aldobrandi
In Tribunale sono presenti anche Ghriba Shabo e Ninos Dankha, madre e fratello di Sargonia, che sarebbero dovuti essere sentiti come testimoni proprio nel corso dell’udienza odierna, insieme ad altri tre testimoni della pubblica accusa (PM Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi),in particolare l’ex fidanzato di Sargonia e due amiche giunti dalla Svezia.
Al rientro in aula dei magistrati, i Pubblici Ministeri e la parte civile hanno illustrato una relazione in cui hanno chiesto alla Corte di rigettare l’eccezione della difesa, sollevando un problema di costituzionalità in merito all’interpretazione dell’articolo 128 del codice penale con particolare riferimento ai commi 1 e 3 dell‘articolo 9 del codice penale.
“Se l’interpretazione della difesa fosse corretta – hanno dichiarato – quando un cittadino italiano commette un omicidio all’estero, se la vittima è italiana è possibile esercitare l’azione penale senza limiti temporali sul territorio italiano, se la vittima invece è straniera occorre esercitarla entro tre anni. È una violazione costituzionale. Il caso in esame rientra nel comma 1 dell’articolo 9 del codice penale che non fissa alcuni limiti di tempo per l’esercizio dell’azione penale. Non rientra, invece, nel comma 3 dell’articolo 9 (che si collega poi all’articolo 128, ndr) perché non era necessaria alcuna autorizzazione all’estradizione da parte del Ministero della Giustizia in quanto l’imputato già in Italia”.
La Corte si è riservata di decidere e scioglierà le riserve alle ore 13.30 .