23 Novembre 2024 03:28

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23 Novembre 2024 03:28

Imperia: cold case svedese, in aula la drammatica testimonianza della madre di Sargonia. “Aldobrandi la minacciava, diceva che l’avrebbe fatta sparire”

In breve: Oggi la Corte ha sentito le testimonianze della madre della vittima Ghriba Shabo e del fratello Ninos Dankha.

“Aldobrandi maltrattava mia figlia, la tormentava e la picchiava. Lei aveva paura di lui, le diceva che l’avrebbe uccisa, che non avrebbe avuto nessun altro oltre a lui”. Queste le parole drammatiche di Ghriba Shabo, madre di Sargonia Dankha, la 21enne scomparsa il 13 novembre 1995 a Linköping, città della Svezia a 200 chilometri a sud di Stoccolma, sentita oggi in Tribunale a Imperia come testimone, innanzi la Corte d’Assise di Imperia (composta dalla giuria popolare e dai giudici Carlo Alberto Indellicati ed Eleonora Billeri), nell’ambito del cosiddetto cold case svedese”. Sul banco degli imputati Salvatore Aldobrandi, 73enne, pizzaiolo originario di Cosenza ma da anni residente a Sanremo, accusato di omicidio volontario aggravato.

L’avvocato della difesa Fabrizio Cravero questa mattina aveva sollevato un’eccezione chiedendo l’improcedibilità, basandosi sull’articolo 128 del Codice Penale che stabilisce, al comma 2, che “quando la punibilità di un reato commesso all’estero dipende dalla presenza del colpevole nel territorio dello Stato, la richiesta non può più essere proposta, decorsi tre anni dal giorno in cui il colpevole si trova nel territorio dello Stato”.

I Pubblici Ministeri, Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi, e la parte civile, avvocato Francesco Rubino, hanno invece chiesto alla Corte di rigettare l’eccezione della difesa, sollevando un problema di costituzionalità in merito all’interpretazione dell’articolo 128 del codice penale con particolare riferimento ai commi 1 e 3 dell‘articolo 9 del codice penale.

I giudici hanno respinto l’eccezione della difesa e il processo è proseguito regolarmente con l’escussione dei testimoni, a cominciare dalla madre della vittima Ghriba Shabo, dal fratello Ninos Dankha. Nelle prossime udienze si proseguirà con l’allora fidanzato di Sargonia e due amiche.

Imperia: cold case svedese, processo a Salvatore Aldobrandi. In aula i testimoni

Ghriba Shabo, madre di Sargonia Dankha, risponde alle domande del Pubblico Ministero

“Sargonia era una persona allegra, aveva tanti progetti. Siamo andati da lei, la sera prima che scomparisse, alle nove di sera. Non conoscevo Salvatore prima che avesse una relazione con mia figlia. Sargonia ci aveva raccontato di essere stata maltrattata da Aldobrandi e le avevamo detto di lasciarlo. Aveva raccontato la stessa cosa tante volte. Avevo parlato al telefono con Aldobrandi prima che mia figlia sparisse. Lui chiamava a casa e buttava giù spesso quando non rispondeva Sargonia, ma qualcuno della famiglia. All’inizio diceva che amava mia figlia, poi ha iniziato a usare parole forti, come ‘puttana’, ‘ho prestato dei soldi a tua figlia’, ‘se voglio non vedrai più tua figlia”.

Sargonia aveva con Aldobrandi una relazione da un anno e mezzo. Quando loro litigavano lui chiamava a casa e diceva che Sargonia era una puttana. Lo aveva fatto tante volte, anche di notte. Mia figlia mi raccontava che Aldobrandi la minacciava e non voleva che uscisse con altre persone. Noi le dicevamo di lasciarlo, ma lei non aveva il coraggio. 

Il venerdì, il sabato e la domenica prima della scomparsa abbiamo aiutato Sargonia nel trasloco in un altro appartamento. Era felice. 

Sargonia ha chiamato il sabato, aveva bisogno di aiuto perché aveva litigato con Aldobrandi. Siamo andati da lei. Lo stesso giorno ha chiamato Salvatore, poi ha suonato alla porta di casa, quella sera, io ho aperto e lui mi ha detto che aveva prestato dei soldi a mia figlia, che li voleva indietro e che mia figlia non era una buona ragazza. Noi gli abbiamo risposto che non avevamo soldi in casa, di aspettare. Erano circa 25 mila corone. 

Poi siamo andati a casa di Sardonia. Era molto triste, avevano litigato, voleva aiuto. In casa c’erano altre due persone a cui abbiamo detto di uscire per parlare con nostra figlia. Sargonia era in lacrime, ci ha detto che Salvatore non la lasciava in pace. Ha ammesso di aver preso i soldi e che era molto stupido averli presi. Noi le abbiamo detto che avremmo potuto ridarglieli, ma non subito. Il giorno dopo, domenica, Aldobrandi ha chiamato al telefono e quando abbiamo detto che non avremmo potuto restituire subito i soldi ha detto più volte che avrebbe potuto nascondere Sargonia, ma io non pensavo che lo avrebbero fatto davvero. Ha poi detto che avrebbe voluto le chiavi del suo appartamento, che aveva Sargonia.

Lunedì (giorno della scomparsa, ndr) abbiamo provato a chiamare Sargonia, ma non ha risposto. Mercoledì mio marito ha chiamato Salvatore, ma lui ha detto che non sapeva dove fosse. Io e mio marito siamo andati da lui, ma ci ha detto che non sapeva niente. Aldobrandi ha smesso di chiamare per cercare Sargonia, lo faceva sempre. A noi è sembrato strano. Quando siamo andati a casa di Sargonia ci siamo resi conto che non mancava niente, c’erano tutti i vestiti che usava. Mancavano però il cellulare, il passaporto, una borsa e i vestiti che aveva addosso. Il passaporto Sargonia lo usava come documento di identità, lo aveva sempre dietro”.

Ghriba Shabo, madre di Sargonia Dankha, risponde alle domande dell’avvocato di parte civile

“Sargonia subiva dei maltrattamenti anche fisici. Diceva di avere molta paura di Salvatore, che la picchiava, che diceva di volerla uccidere. Aldobrandi a volte chiamava tutta la notte, non potevamo dormire. Ho sentito delle telefonate tra Sargonia e Salvatore, al telefono litigavano. Sargonia aveva tanti amici, tanti venivano anche a casa a dormire”.

Ninos Dankha, fratello di Sargonia Dankha, risponde alle domande del Pubblico Ministero

“Sapevo che mia sorella stava con Aldobrandi, ritenevo il rapporto non sano. Lei non stava bene nella relazione, si sentiva sotto minaccia. Quando andavamo al ristorante di Aldobrandi con mia sorella lui la controllava, voleva sapere con chi stava. Mia sorella raccontava dei maltrattamenti di Aldobrandi, diceva che era molto violento. Si vergognava a parlarne. Aveva segni sulle gambe, sulle braccia, intorno al collo. Io le consigliavo di rompere il rapporto, ma lei era innamorata. Mia sorella stava psicologicamente male, era manipolata. Sargonia raccontò che Aldobrandi le disse che lei non avrebbe avuto nessun altro oltre a lui.

Sapevo che Sargonia viveva da sola in un altro appartamento con un nuovo ragazzo, con il quale aveva una relazione da circa un mese. Ci era andata a vivere pochi giorni prima di scomparire. Sargonia mi aveva detto che la relazione con Salvatore era finita e che erano rimasti amici. Lui però non accettava la fine della relazione.

Ho visto Sargonia l’ultima volta il giorno prima che scomparisse, nel suo appartamento. Quando è scomparsa ho provato a chiamarla al telefono, ma non ha mai risposto. Quando è scomparsa abbiamo parlato della situazione e alla fine abbiamo deciso di chiamare la Polizia.

Dopo la scomparsa di mia sorella ho chiamato Aldobrandi per sapere dove fosse mia sorella. Lui ha detto che non lo sapeva.

Quando stava con mia sorella Aldobrandi chiamava a casa, ma se non rispondeva Sargonia buttava giù il telefono. Quando invece mia sorella rispondeva poi era molto stressata. Sargonia aveva un rapporto mutevole con i genitori, nel senso che tutti i giovani hanno rapporti a volti conflittuali con i genitori”.

Ninos Dankha, fratello di Sargonia Dankha, risponde alle domande della Parte Civile

“Aldobrandi non accettava la fine della relazione. Diceva che mia sorella era una puttana, che faceva delle orgie, che andava con altri uomini. Mia sorella era contenta del nuovo appartamento, del nuovo fidanzato”.

Ninos Dankha, fratello di Sargonia Dankha, risponde alle domande della Difesa

“I soldi per l’acquisto dell’appartamento glieli aveva dati Aldobrandi che l’aveva aiutata anche a tinteggiare. Aldobrandi poi un giorno è venuto a chiedere questi soldi a casa. I miei genitori non sapevano di questo debito. Quando mia sorella è scomparsa sono andata a cercarla nella nuova casa. Come siamo entrati? C’erano delle persone nell’appartamento”.

Avvocato Francesco Rubino (Parte Civile)

“È stata un’udienza sfibrante penso non solo per i pubblici ministeri gli avvocati e la Corte, ma anche per le parti che sono state sentite oggi, il fratello di Sargonia e la mamma di Sargonia. Non ci aspettavamo una richiesta estemporanea fatta all’inizio dell’udienza di totale conclusione del processo per una presunta mancanza di condizioni di procedibilità che ha impegnato noi e anche la Corte, ma è stato un momento per fare chiarezza anche processuale sulla legittimità, che è stata ribadita anche oggi, della celebrazione del processo contro Salvatore Aldobrandi in Italia. Quindi il tentativo di chiudere tutto oggi e lasciarlo libero è andato vano proprio perché la Corte ha compreso quanto noi della parte civile la Procura abbiamo riferito in relazione alla sussistenza o meno della circostanza della condizione di procedibilità, a nostro parere assolutamente sussistente, infatti il processo è andato avanti.

È stato fatto un piccolo passo ulteriore perché sono stati sentiti i testimoni, le parti civili, la mamma di Sargonia e il fratello. Ovviamente c’è stata grande difficoltà non solo per un tema diciamo linguistico, ma anche perché, essendo un fatto di 28 anni fa, inevitabilmente la memoria è quella che è. Loro non hanno mai avuto modo in 28 anni di celebrare altri processi o partecipare alle investigazioni quindi oggi si sono dovuti ricatapultare in questa vicenda dolorosa. L’hanno fatto, secondo me, con molto coraggio, cercando di offrire alla Corte tutto quello che è stato il trascorso di Sargonia con con Salvatore Aldobrandi.

Erano previsti altri tre testimoni che purtroppo non abbiamo potuto sentire proprio perché abbiamo finito alle 7:30 di sera e verranno sentiti alla prossima udienza. Si sono resi disponibili come tanti altri testimoni a venire in Italia”.

Per questo motivo si parla di spostare l’intera Corte direttamente in Svezia?

“Sì, è un’ipotesi che ha elevato il presidente che sicuramente deve essere vagliata e valutata a seguito della celebrazione delle prossime udienze, perché evidentemente se continueremo a ricevere, come abbiamo fatto oggi, una grandissima risposta da parte di tutti i testimoni a volere venire e ad aiutare la Corte a comprendere che cosa è successo, meno si avrà esigenza di svolgere una parte processuale in territorio svedese. Ovviamente speriamo che quanti più testimoni possibili riescano e possano, anche perché alcuni hanno anche una certa età, venire nel territorio italiano e intraprendere questo viaggio per sottoporsi a un momento che sicuramente non è semplicissimo”.

Nel corso delle testimonianze della della madre e del fratello è emerso un rapporto molto travagliato tra Sargonia e Aldobrandi?

“Assolutamente sì è un rapporto che è documentato in tantissimi momenti dell’ultimo anno e mezzo di vita di Sargonia. Però è emerso un dato secondo me che, a dispetto di questo rapporto travagliato, nelle ultime settimane prima della scomparsa era contenta, era felice perché aveva trovato un nuovo appartamento, aveva dei progetti per il futuro e sicuramente non era in una fase di disperazione che ci possa far pensare ad altri esiti di una scomparsa come purtroppo quella che invece noi sosteniamo. Questo è un elemento secondo me molto importante perché Sargonia aveva superato quel momento di turbolenza e ne stava uscendo e purtroppo però evidentemente non non ne ha potuto godere”.

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