Gianfranco Grosso, capogruppo di Imperia Bene Comune in consiglio comunale, ha preso posizione in merito all’incontro in programma domani, mercoledì 17 settembre, a Roma, presso la sede del Ministero dello Sviluppo Economico, con l’obiettivo di salvare lo stabilimento Agnesi di Imperia destinato alla chiusura a fine 2015 per volere del patron Angelo Colussi.
L’Agnesi è un bene comune. Lo è la produzione della pasta. Lo sono i 200 posti di lavoro che garantisce in città. Lo è il marchio che unisce storicamente la fabbrica a Imperia e viceversa.
Lottare contro la chiusura dello stabilimento non è solo lottare a favore dei lavoratori dell’Agnesi, ma lottare per un modello di città che non può continuare a essere dipinto come un fantomatico luogo di turismo che non c’è, lottare per una effettiva multivocazionalità economica e produttiva che può salvaguardare il futuro di Imperia. Da trent’anni il centrodestra e Scajola ci hanno raccontato la favola di una città che doveva diventare la capitale del turismo ponentino, che doveva liberarsi da un tessuto industriale antieconomico e antistorico. Così hanno costruito su tutte le nostre colline migliaia di metri cubi di cemento di seconde case, speculando ed arricchendosi alle spalle dei cittadini, senza portare a casa un solo euro di turismo. Così hanno maldestramente fallito la costruzione del porto, ancora basato su residenziale e yacht, bruciando milioni di euro in un’opera sbagliata già nelle premesse. Agnesi è solo l’ultimo tassello di una politica territoriale tutta finalizzata all’arricchimento di poche famiglie, all’irrobustimento del potere economico e politico di poche lobbies, alla gestione del potere urbanistico di quattro persone. La paventata chiusura di oggi non si può solo addebitare all’incompetenza e al menefreghismo di una classe dirigente politica di incapaci, ma bisogna trovarne le vere radici in un attento, cinico, acuto disegno di disfacimento dell’unico tassello produttivo che può ancora frenare il nuovo business di quelle lobbies che fino a ieri governavano il cemento e che, domani, scampati alla attuale crisi,sperano di continuare a farlo.
Imperia Bene Comune non ci sta. Non vogliamo essere presi in giro dalle solite mistificazioni, non vogliamo essere complici del cinismo e del populismo, del menefreghismo e del becero interesse.
6.000 cittadini hanno detto no, hanno chiesto di salvare l’ultima realtà produttiva industriale di questa città, hanno preteso di salvaguardare la propria identità, sissignori identità, perché il marchio Agnesi è l’identità di Imperia e quando ad un uomo, come a una comunità, viene tolta la propria identità, la propria storia, viene rubato anche il futuro e la speranza.
A Imperia bisogna continuare a produrre la pasta, così come l’olio, perché sono il nostro vero biglietto da visita, perché sono i componenti di una dieta mediterranea che può diventare al contempo produzione industriale e arricchimento turistico. A Imperia bisogna imparare a diffidare degli imbonitori, dei mediocri e degli scaltri, trovare finalmente il coraggio di fare un di discorso verità e di chiedersi perché siamo caduti così in basso, perché il nostro tessuto economico si è lentamente sfilacciato, rifiutare l’idea che la crisi sia la colpa dei suoi effetti e non delle sue cause: dalle strade con i buchi, alla spazzatura per strada, ai negozi che chiudono. La colpa è principalmente la mancanza di coraggio nell’amministrare, nel fare delle scelte strategiche vere, alternative, e anche dei cittadini che si fidano troppo dei messaggi populisti e semplicistici di chi ha sempre giocato al meno per garantire i propri interessi, contrapposti all’interesse pubblico.
La città ha firmato per salvare l’Agnesi. Imperia Bene Comune ha presentato un’ipotesi di contrattazione seria, concreta, trasparente, da impostare con Colussi per non concedergli alibi o furbizie speculative, che in consiglio comunale la maggioranza, PD compreso, ha invece bocciato irresponsabilmente. Noi pensiamo che l’unica possibilità da spendersi con Colussi sia fargli capire che sullo stabilimento e sul progetto “La porta del mare” non potrà più giocare come ha fatto sino ad oggi, approfittando dell’impasse generale. Per Imperia, per il suo futuro produttivo, per un’idea diversa di città, di economia e di solidarietà, oggi ancora più di ieri c’è bisogno dei cittadini e della politica, dei lavoratori e del movimento sindacale. C’è bisogno di tutti i soggetti in campo perché, uniti e determinati, compiano ogni sforzo e ogni mobilitazione possibile per far diventare la permanenza di Agnesi la lotta simbolo della nostra città. Il nostro obiettivo comune deve essere quello di fare restare la produzione della pasta nella sua sede storica di Imperia, a qualunque costo, perché questa è l’unica condizione che garantisce a Imperia un futuro nel comparto della dieta mediterranea e nello stesso tempo la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali dell’Agnesi e dell’indotto (compreso il porto commerciale).La produzione dei sughi, lo sanno tutti, non è un’alternativa credibile perché il mercato è già saturo: può essere, come altre simili, una produzione di contorno, a fianco dell’attività fondamentale che deve restare quella della pasta.
Tutti uniti affinché il 17 prossimo venturo, al tavolo del Ministero, la parola d’ordine sia “adesso pasta”, con o senza sughi!