22 Dicembre 2024 07:40

22 Dicembre 2024 07:40

Imperia: inchiesta demolizione balcone. Ilvo Calzia, ex dirigente Urbanistica, indagato per abuso d’ufficio insieme al sindaco Scajola

In breve: Calzia era finito sotto inchiesta fin dall'apertura del fascicolo, ma non è mai stato ascoltato in procura e ora gli è stata notificata l'iscrizione nel registro degli indagati.

L’ex dirigente del settore Urbanistica del Comune di Imperia Ilvo Calzia, già Sindaco di Pontedassio, risulta indagato dalla Procura della Repubblica di Imperia nell’ambito dell’inchiesta che vede coinvolto anche il Sindaco Claudio Scajola con l’accusa di abuso d’ufficio. Nel mirino degli inquirenti è finita la demolizione di un balcone in via della Repubblica per la quale il primo cittadino avrebbe fatto pressioni su funzionari e dirigenti comunali.

Imperia: caso balcone, due gli indagati

L’inchiesta non è ancora chiusa, ma una decisione da parte del Pubblico Ministero titolare del fascicolo, Veronica Meglio, è attesa nelle prossime settimane. Richiesta di rinvio a giudizio o archiviazione?

Calzia è indagato insieme a Scajola fin dall’apertura del fascicolo. Non è stato iscritto in un secondo momento come trapelato erroneamente nelle ultime ore. La notizia del suo coinvolgimento è emersa in quanto nei giorni scorsi all’ex dirigente è stata notificata l’iscrizione nel registro degli indagati per l’elezione di domicilio e la nomina dell’avvocato.

Secondo quanto contestato dagli inquirenti, Scajola avrebbe fatto pressioni su un funzionario del Comune di Imperia, che a suo tempo aveva concesso l’autorizzazione all’ampliamento del balcone, perché firmasse un’ordinanza di demolizione. Il motivo? Il balcone avrebbe rovinato la facciata del palazzo in quanto asimmetrico. Al rifiuto, Scajola si sarebbe rivolto all’allora dirigente Ilvo Calzia, che avrebbe firmato l’ordinanza di demolizione poi impugnata al Tar dal proprietario del manufatto e cassata dai giudici con pagamento delle spese legali a carico del Comune (3 mila euro) che, va precisato, non si è costituito in giudizio. Calzia risulta indagato proprio perché la sua firma compare in calce all’ordinanza. Secondo quanto trapela, l’allora dirigente non avrebbe agito per le pressioni del Sindaco, ma perché riteneva corretto il provvedimento di demolizione.

Nell’ambito delle indagini sono stati sentiti il funzionario firmatario dell’autorizzazione all’ampliamento del balcone, oggetto delle presunte pressioni del Sindaco, e un altro funzionario che chiese la rimozione della propria firma dall’ordinanza di demolizione. Non è mai stato sentito invece Ilvo Calzia, così come il Sindaco Scajola.

La vicenda

Il proprietario del balcone di via della Repubblica è un imprenditore edile del capoluogo. Nel dicembre del 2019, dopo aver concordato l’intervento con condomini e amministratore di condominio, presenta una pratica Scia in Comune a Imperia, presso l’ufficio Urbanistica, per l’ampliamento del balcone della casa di proprietà. Il Comune non solleva alcuna contestazione e i lavori (con tanto di ponteggi, ben visibili dalla pubblica via) partono regolarmente e vengono terminati senza intoppi (il balcone viene allargato, dall’affaccio di una porta finestra a tre finestre).

Poi succede qualcosa. Il Comune di Imperia, improvvisamente, dispone un sopralluogo sul balcone il 17 giugno del 2020 e il 15 dicembre del 2020 avvia il procedimento con il quale annulla d’ufficio gli effetti prodotti dalla Scia presentata nel dicembre del 2019. L’imprenditore, nel frattempo, è all’oscuro di quello che sta accadendo. Il 15 febbraio del 2021 l’ufficio urbanistica, decadute le autorizzazioni, avvia il procedimento di demolizione del balcone. Il 24 marzo del 2021 il dirigente Ilvo Calzia firma l’ordinanza.

L’imprenditore viene contattato dal Comune. Gli viene consegnata una lettera con la quale viene informato che i titoli autorizzativi sono stati annullati e che dovrà demolire il proprio balcone. Dai lavori di ampliamento è passato oltre un anno.

L’impresario non si arrende e contatta un legale, l’avvocato Luca Saguato, esperto amministrativista, presentando ricorso al Tar. Il Tribunale, come noto, accoglie il ricorso e annulla tutti gli atti, condannando il Comune, non costituitosi in giudizio, al pagamento delle spese legali, quantificate in 3 mila euro (non è la prima volta che il Comune soccombe al Tar in tema di edilizia, nel novembre del 2021 il Tribunale, accogliendo il ricorso della società Artù, dichiarò illegittimo il regolamento edilizio del Comune).

Nel mirino degli inquirenti una riunione “infuocata”

Nel mirino degli inquirenti sarebbe finita una riunione piuttosto accesa tra il Sindaco Claudio Scajola, il dirigente del settore Urbanistica, Ilvo Calzia, e un funzionario, responsabile del procedimento, nel corso della quale il primo cittadino avrebbe criticato duramente (lo stesso fece pochi mesi più tardi in consiglio comunale) l’operato dei tecnici per la gestione della pratica relativa al balcone di via della Repubblica, il cui ampliamento avrebbe deturpato la facciata di un palazzo storico nel centro di Oneglia, chiedendo l’adozione di provvedimenti. Alla riunione avrebbero poi fatto seguito gli atti dell’ufficio urbanistica, culminati con l’ordinanza di demolizione.

Atti che, però, sarebbero stati licenziati in un clima di scetticismo, tanto che un secondo funzionario del settore urbanistica avrebbe espressamente chiesto di cancellare il proprio nome dall’ordinanza di demolizione perché in disaccordo. Il motivo? Secondo la Giurisprudenza, per l’annullamento in autotutela di un titolo abilitativo (quale è la Scia) occorre motivare la scelta con la “presenza di un interesse pubblico concreto e attuale”. Interesse pubblico che, a detta dei funzionari, non c’era, come poi effettivamente confermato dal Tar Liguria (“Non è delineato quale sia l’interesse pubblico perseguito dal Comune di Imperia”).

Quella del Sindaco Scajola è stata solo una sfuriata o sono state pressioni che hanno poi determinato l’adozione dell’ordinanza di demolizione? Il Sindaco può intromettersi nell’operato di dirigenti e funzionari del Comune? Può farlo anche in presenza di una pratica ritenuta legittima dagli uffici? E’ andato oltre le proprie competenze o è ordinaria amministrazione? Se il Comune era così convinto della propria tesi, perché non si è costituito in giudizio al Tar e perché non ha impugnato al Consiglio di Stato la sentenza del Tar che lo ha condannato al pagamento di 3 mila euro di spese legali? Tutte domande a cui la Procura dovrà dare una risposta.

Condividi questo articolo: