Pasquale Indulgenza, già consigliere comunale e rappresentante del comitato politico regionale e federale del Partito di Rifondazione Comunista, ha espresso il suo pensiero in merito alla preoccupante situazione dell’Agnesi:
“Ciò che sta succedendo all’Agnesi era del tutto prevedibile. L’azienda ha annunciato la chiusura, per la fine del prossimo mese di febbraio, dello storico mulino, scelta che determinerebbe la perdita del lavoro per oltre una trentina di persone nel solo stabilimento imperiese, più un’altra settantina, potenzialmente, in quello di Fossano.
Ora i rappresentanti sindacali levano l’allarme. Quelli della Cisl, in particolare, con la faccia compunta di chi sembra assistere ad un rito funebre, sostengono di aver segnalato da tempo i negativi sviluppi della cosa, e affermano persino di aver avuto chiaro che la proprietà stesse volgendo la propria attenzione e i propri interessi sempre più nettamente a favore di operazioni immobiliari come quella della “Porta del Mare”, ma in realtà, quando nella scorsa estate denunciammo i rischi che lo stabilimento e i lavoratori stavano correndo, ci fu detto, con una avvilente impronta aziendalistica, che non era il caso di “drammatizzare” e che le cose stavano andando abbastanza bene; e quando interpellammo pubblicamente la nuova amministrazione comunale in ordine alla manifestata pretesa di Colussi di ottenere una ancor più vantaggiosa variante al summenzionato progetto nell’area ex Ferriere, subito commentata dal neoeletto Sindaco in termini tendenzialmente favorevoli, tolta una risentita reazione giunta dal versante politico-amministrativo, tutt’intorno si fece sentire unicamente un raggelante silenzio.
A distanza di qualche mese, il punto si conferma palesemente drammatico, e richiama tutti i soggetti implicati, istituzionali e non, pubblici e privati, alle proprie responsabilità: come si può pensare di andare avanti così, lasciando fare alla proprietà ciò che meglio ritiene, rispetto ai ritenuti interessi ‘di mercato’, della fabbrica, delle attività produttive e dei redditi che ancora garantisce nel territorio? Come si può pensare di glissare ancora sulle conseguenze sempre più dure e penalizzanti che la progressiva riduzione dell’esistenza dell’Agnesi ha per il nostro contesto, a partire dal comparto portuale? Come si può pensare, infine, di continuare sciaguratamente a non inquadrare la crisi dello stabilimento e del settore produttivo di cui è espressione nella questione, strategica e decisiva, di un distretto agro-alimentare con cui tanti si sono finira sciacquati la bocca (dieta mediterranea, produzione di qualità e bla bla bla..) senza mai determinare una sola azione concreta per la sua realizzazione?
Nel luglio scorso, subito dopo l’insediamento della nuova Amministrazione Comunale, così scrivevamo: “Se non si chiarisce che cosa si vuol fare, ai fini dello sviluppo economico del territorio, di un settore quale quello dell’industria pastaria, ci condanniamo colpevolmente ad una situazione di incertezza e precarietà che prima o poi giocoforza porterà ad esiti negativi. Fuori da ipocrisie ed evitamenti, è venuto finalmente il momento, in primo luogo, di dire se si vuol realizzare o meno il famoso distretto agroalimentare, già esistente sulla carta ( D.L. 228/2001), per ricreare nel territorio le basi di una rinascita di attività che di fatto in questi ultimi due decenni sono sempre più state abbandonate a se stesse, l’avvio di una pianificazione territoriale e una integrazione mediante una rete complessa di interrelazioni di carattere economico e sociale che è per l’appunto il presupposto dinamico dell’idea di distretto, contesto di sistemi produttivi locali caratterizzati da una significativa presenza economica e da una interdipendenza produttiva delle imprese agricole ed agroalimentari nonché da una o più produzioni certificate, tutelate, tradizionali e tipiche.
E ancora, con riferimento alla questione “Porta del mare”: “….Realisticamente, si può pensare che sarebbe bastato un simile passaggio (il progetto in questione) a salvaguardare attività e lavoratori, in mancanza di un piano industriale e di investimenti organico ad una politica territoriale che progettasse il reinsediamento di questo ambito produttivo per noi di antichissima tradizione, nella cornice – mille volte retoricamente affermata – di un rilancio serio, strategico riguardante la ‘dieta mediterranea’ , l’alimentazione di qualità e le produzioni tipiche del nostro territorio?
Era del tutto scontato, invece, che la proprietà, ottenuti i già larghi benefici del progetto ‘Porta del mare’, avrebbe avuto interesse, più avanti, a puntare ad ulteriori vantaggi di natura immobiliare e commerciale, in un’area che ha visto in questi anni una sempre più spinta trasformazione in senso turistico, essenzialmente a vantaggio della rendita, delle funzioni portuali e dell’intero fronte- mare, una trasformazione accanitamente perseguita dalle amministrazioni di destra susseguitesi dalla fine degli anni Novanta che l’hanno resa estremamente appetibile, piuttosto che pensare ad investimenti produttivi. Se in un territorio non si fa sistema nella costruzione dello sviluppo locale, ponendosi in primo piano, principalmente da parte dei responsabili della cosa pubblica, il primato del lavoro sulla rendita e la necessità di incentivare buona occupazione, è del tutto logico attendersi che i privati si scelgano da soli le ritenute convenienze economico-finanziarie.
La politica locale ha una responsabilità molto grave, in questa penosa ed emblematica vicenda, avendo sostanzialmente scelto di ignorare fino ad oggi, una situazione che in tutta evidenza si faceva sempre più precaria. Chiedo perciò che il Consiglio Comunale della Città si faccia immediatamente carico del grave problema, anche con una convocazione straordinaria che lo discuta in termini esclusivi ed approfonditi.
In una Imperia che, nel pieno di una crisi economica sempre più pesante, si accinge ad ospitare la nuova edizione di una manifestazione-vetrina come “OliOliva”, sarebbe sommamente da ipocriti, principalmente per gli attori politici che si definiscono rappresentanti delle ragioni del lavoro e dei lavoratori e che attualmente hanno tanta parte nella guida del Comune, fare nuovamente come gli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia.
E’ venuto invece il momento di un discorso pubblico chiaro e di una mobilitazione generale della parte più viva e consapevole della nostra comunità.