Cinque anni di carcere. Questa la richiesta di condanna formulata questa mattina, in Tribunale a Imperia, dalla Pubblico Ministero Francesca Dentis, per un 61enne, difeso dall’avvocato Sandro Lombardi del Foro di Imperia, accusato di tentato omicidio ai danni della convivente 52enne, oltre che di maltrattamenti, lesioni personali e animalicidio per aver ucciso il gatto domestico.
Imperia: tenta di uccidere la compagna e soffoca la sua gatta. A processo un 61enne
I fatti risalgono al periodo tra il 2019 e il 2022. Secondo l’accusa, il 61enne avrebbe instaurato un regime di vessazione e prevaricazione ai danni della convivente, impedendole di uscire liberamente con le amiche, chiudendola in casa per evitare che potesse confidarsi con loro dopo un litigio. Abitualmente l’uomo minacciava di morte la compagna, dicendole che non avrebbe più visto la figlia, e, in almeno 20 occasioni, l’avrebbe aggredita con calci, pugni, schiaffi, forti strette e spintoni.
In particolare, in un’occasione, mentre si trovavano in auto, avrebbe colpito la donna con dei pugni in testa. In un altro momento le avrebbe rotto due costole, in un altro ancora l’avrebbe buttata nella vasca da bagno, gettandole acqua fredda addosso, mentre le poneva il crocifisso di fronte sostenendo che fosse indemoniata, obbligandola a pregare per chiedere perdono dei propri comportamenti ritenuti da lui sbagliati.
L’uomo avrebbe anche ucciso la gatta della donna, inviandole una foto che ritraeva la gatta soffocata sotto il suo piede.
In più occasioni l’uomo avrebbe tentato di strangolare la convivente. In particolare, nel settembre 2022 l’avrebbe aggredita stringendole prima le mani al collo e poi afferrandole il collo con l’incavo del braccio, portandola a terra e minacciandola di morte, affermando: “Io ti ammazzo, comando io e tu devi fare quello che dico io perchè sei in casa mia”. Riuscendo a divincolarsi, la vittima si sarebbe rifugiata in bagno, subito raggiunta dal convivente, che le avrebbe impedito di chiamare aiuto e avrebbe tentato di strangolarla nuovamente, lasciando poi la presa.
Nel corso della propria requisitoria la Pubblico Ministero ha evidenziato come il 61enne meritasse la concessione della attenuanti per aver ammesso le proprie responsabilità (“Mi sono presentato come un angelo e sono finito bestia”).
“L’imputato non ha negato l’evidenza – ha detto la Pm – ha ammesso i fatti, ma a sua discolpa ha sostenuto che le sue condotte sarebbero state poste in essere per le provocazioni, per l’ossessione, la gelosia della compagna nei suoi confronti. Ha sostenuto di preferire essere definito sacrilego, piuttosto che violento. Si è definito credente, ma in aula ha bestemmiato ripetutamente”.
La difesa nella propria arringa ha fatto leva in particolare sulle “continue provocazioni della compagna” che avrebbero poi indotto il 61enne a reagire con violenza.