23 Dicembre 2024 18:40

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Imperia: 25 aprile, la scrittrice e giornalista Donatella Alfonso: “Non basta conservare la memoria, bisogna anche combattere la nebbia. Tentare di censurare Scurati ha reso il suo monologo ancora più potente”

In breve: L'intervista a Donatella Alfonso, scrittrice, giornalista e politica, autrice, tra gli altri, del libro "Fischia il vento" dedicato al partigiano portorino Felice Cascione e alla sua canzone simbolo della resistenza.

“Chi sarebbe stato Felice Cascione se non lo avessero ucciso? Cosa avrebbe fatto per il nostro paese? Chissà quanti di quei partigiani uccisi durante il fascismo e la Resistenza sarebbero diventati grandi personaggi. È nostro dovere ricordarli”. Queste le parole, in occasione del 25 aprile, di Donatella Alfonso, scrittrice, giornalista e politica, autrice, tra gli altri, del libro “Fischia il vento” dedicato al partigiano portorino Felice Cascione e alla sua canzone simbolo della resistenza.

Imperia: 25 aprile, l’intervista a Donatella Alfonso

Come si fa a preservare la memoria ora che anche gli ultimi testimoni stanno scomparendo?

“Sì, i testimoni se ne stanno andando, ormai per ragione anagrafiche. Quest’anno ricorre il 79° anniversario della Liberazione, perciò coloro che avevano 20 anni all’epoca ora sfiorano i 100 anni, e con loro va via la testimonianza diretta delle loro esperienze eccezionali.

Il problema, adesso, è far sì non solo che la memoria non si perda, ma anche che non si alzi una nebbia che vuole confondere tutto, facendo sembrare questa storia vecchia e passata.. Non è così. Come vediamo ogni giorno, questo paese non ha mai fatto i conti con il fascismo, al contrario della Germania, che ha affrontato i processi, come quello di Norimberga, e si è posta di fronte alle proprie responsabilità, ai silenzi su campi di sterminio, sulle violenze, su quello che è successo nei territori occupati come in Italia.

Alcune stragi sono state rese note solo negli anni 90, come nel caso dei cosiddetti ‘armadi della vergogna’, espressione usata per la prima volta dal cronista Franco Giustolisi, che aveva scoperto un armadio con le ante rivolte verso il muro nei corridoi della procura militare a Roma, contenente gli elenchi delle stragi naziste in Italia. Grazie a quei ritrovamenti si celebrarono processi per diversi eccidi, come quello di Sant’Anna di Stazzema o di Vinca”.

Cosa ha rappresentato la Resistenza sul nostro territorio?

“La Resistenza è stata una guerra di popolo. Uno tra gli episodi da non dimenticare, sul nostro territorio, è l’eccidio nazista di Torre Paponi, a Pietrabruna. C’è stata una strage. Diedero fuoco a una chiesa, uccisero due sacerdoti accusati di aver aiutato i partigiani. È stata una guerra di popolo perchè non riguardava solo quelli che sparavano, c’erano le donne, tantissime, il cui valore storico non è mai stato davvero riconosciuto, come diceva Lidia Menapace, a sua volta staffetta partigiana, deputata, saggista: ‘senza le donne non ci sarebbe stata la resistenza’. C’erano anche i religiosi e tanti militari. Ricordiamo che 600 mila militari italiani furono deportati nei campi di prigionia nazisti perchè si rifiutarono di entrare nelle truppe del Reich”.

Il recente episodio del monologo di Antonio Scurati cancellato dalla RAI ha fatto molto discutere. Cosa ne pensa?

“Come dicevo, bisogna combattere contro la nebbia che cerca di oscurare la memoria, come dimostrato dal tentativo di censurare il monologo di Scurati. Il risultato, poi, è stato un paradosso, perchè l’intenzione di silenziarlo lo ha reso ancora più forte, lo hanno letto ovunque e sarà recitato per la giornata del 25 aprile in moltissimi posti. Un po’ come succede in Fahrenheit 451, quando di fronte alla volontà di bruciare i libri c’è un bambino che impara i testi a memoria per tramandarli.

Allo stesso modo noi dobbiamo tramandare quello che è successo, non dobbiamo far passare il messaggio che i morti sono tutti uguali. Ci sono le vittime e ci sono i carnefici, la responsabilità non si cancella con il passare del tempo”.

Come mai secondo lei si crea questa nebbia?

“Il fascismo non è stato sradicato dal paese. Questi atteggiamenti e pensieri ci sono sempre stati, ma fino a un po’ di tempo fa non c’era accettazione sociale, ora invece sì. Il fatto che in Italia in questo momento ci sia un governo il cui leader ha nel simbolo di partito una fiamma che ricorda quella sulla tomba di Mussolini a Predappio vuol dire tutto.

Il governoMeloni non è un governo fascista, ma è un governo che guarda dietro di un secolo e comincia ad avere tratti di autoritarismo o li vorrebbe avere, dato che fortunatamente ci troviamo in una democrazia e certe cose non possono succedere. 

Dal governo precedente erano stati stanziati dei fondi rilevanti per ricordare il centenario della morte di Giacomo Matteotti, ma sono spariti e non esiste un programma di iniziative, una manifestazione per ricordarlo. Non a caso il monologo di Scurati si apre proprio con Matteotti.

L’incapacità di dirsi antifascisti è molto chiara. Si possono considerare a-fascisti, ma la costituzione italiana non è a-fascista, è antifascista. Chi ha giurato sulla costituzione, come ha fatto chi serve lo Stato, dovrebbe essere antifascista e dovrebbe poterlo dire senza difficoltà. Il 25 aprile è divisivo solo per i fascisti”.

Il suo libro “Fischia il vento” quest’anno compie 10 anni.

“Sì ed è bello vedere che continua il suo percorso, è arrivato alla terza edizione e continuo a presentarlo in giro. Pochi giorni fa ho partecipato all’inaugurazione della mostra realizzata all’ex Cremlino di Imperia su Felice Cascione e devo dire che sfiorare la sua giacca, la sua valigetta da dottore, suscita emozione. Avevo avuto in regalo da Miro Genovese, amico di Cascione, alcuni biglietti da visita che conservo con cura. Al di là delle fotografie e dei racconti, gli oggetti ti fanno sentire vicino alla storia, alle persone che l’hanno fatta. Persone vere, che hanno lasciato dietro di sè qualcosa. 

Questi personaggi permettono di chiederci: chi sarebbe stato Cascione se non lo avessero ucciso? Cosa avrebbe fatto per il nostro paese? Chissà quanti di quei partigiani uccisi durante il fascismo e la Resistenza sarebbero diventati grandi personaggi. È nostro dovere ricordarli”.

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