Imperia: in Galleria degli Orti inaugurata la mostra di Amnesty International contro la violenza sulle donne. “Siamo qui per combattere gli stereotipi legati alla violenza sessuale”/Foto e Video
In breve: L’evento, patrocinato dal Comune di Imperia, si propone di contrastare il pregiudizio secondo cui l’abbigliamento possa giustificare la violenza di genere
E’ stata inaugurata questa mattina in Galleria degli Orti a Oneglia la mostra “Come eri vestita”, realizzata nell’ambito de “Le MusE – Festival al femminile”. La mostra resterà aperta fino al 25 giugno, tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00. L’evento è realizzato in collaborazione con Amnesty Italia e VivImperia.
L’evento, patrocinato dal Comune di Imperia, si propone di contrastare il pregiudizio secondo cui l’abbigliamento possa giustificare la violenza di genere
L’evento, dedicato al tema della violenza sessuale, patrocinato dal Comune di Imperia,celebra la creatività delle donne attraverso diverse forme espressive come la letteratura, la musica, la pittura e la scultura e si propone di contrastare il pregiudizio secondo cui l’abbigliamento possa giustificare la violenza di genere.
Il programma include anche incontri con scrittrici e attrici, che condivideranno le loro esperienze e visioni sul tema, contribuendo a una riflessione collettiva e a una maggiore consapevolezza.
Spiega Francesca Bisiani di Amnesty International Liguria: “Questa mostra vuole combattere uno degli stereotipi tristemente più famosi quando parliamo di violenza sessuale, il fenomeno di vittimizzazione secondaria, per cui diventano le donne le colpevoli dell’aver subito una violenza sessuale. Una delle domande infatti che tristemente viene più spesso rivolta a una donna che racconta di aver subito una violenza sessuale è “Sì, ma come eri vestita?”, che sarebbe come dire “se eri vestita in un certo modo te la sei cercata”. Si vuole combattere questo pregiudizio. I vestiti che sono qua appesi raccontano che in realtà le donne vengono violentate in tutti i luoghi, a tutte le età, in qualsiasi contesto, in qualsiasi condizione sociale. Ci sono appesi dei pigiami, c’è appeso un tailleur di una donna che tornava dal luogo di lavoro, c’è appeso il vestito di una persona non vedente a cui veniva urlato cieca di merda durante la violenza sessuale, c’è c’è una tuta da jogging di una persona che tornava dalla palestra. Amnesty vuole ribadire il fatto che quando una donna subisce una violenza sessuale non è colpa sua, la colpa non era nel modo in cui era vestita e quindi vuole combattere tutta la serie di stereotipi che stanno intorno alla cultura dello stupro con questa campagna con cui Amnesty chiede di cambiare l’articolo 609 bis del Codice Penale e di uniformarlo alla convenzione di Istanbul, che è la convenzione del Consiglio d’Europa che si occupa proprio di violenza sessuale e violenza di genere introducendo il concetto di consenso, perché il messaggio fondamentale è che si tratta di una di uno stupro quando c’è del sesso senza consenso, quindi non è sesso che dipende dall’ebrezza, dall’assunzione di alcool, sostanze stupefacenti e soprattutto dai vestiti. Siamo qua per essere ancora una volta dalla parte delle donne e sottolineare la loro importanza di essere libere di autodeterminarsi e di andare in giro vestite come gli pare“.