23 Novembre 2024 08:14

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23 Novembre 2024 08:14

Imperia: il vignettista de Il Fatto Quotidiano Mario Natangelo si racconta. “Far ridere sulle cose brutte le rende digeribili. La satira in politica? È uno spazio di libertà” / Foto e video

In breve: Con "Cenere - Appunti da un lutto", l'autore ha voluto raccontare il prima, il durante e il dopo il lutto personale affrontato l'anno scorso, con la perdita della madre.

“Far ridere su una cosa brutta non significa togliere valore o gravità a quello che è successo, ma renderlo processabile, renderlo digeribile”.“. Queste le parole di Mario Natangelo, vignettista de Il Fatto Quotidiano, primo ospite della sesta edizione della rassegna culturale “Un Libro Aperto – Storie, parole, pagine”, organizzata dall’Associazione Settecinque in collaborazione con il Comune e la Libreria Ragazzi di Imperia. Lo scorso mercoledì, Natangelo ha presentato la sua ultima opera “Cenere – Appunti da un lutto”, edito dalla Rizzoli, dialogando con la prof.ssa Sara Serafini.

Con Cenere l’autore ha voluto raccontare il prima, il durante e il dopo il lutto personale affrontato l’anno scorso, con la perdita della madre. A margine dell’incontro, Natangelo ha rilasciato un’intervista ai microfoni di ImperiaPost.

Imperia: il vignettista de Il Fatto Quotidiano Mario Natangelo

Disegni vignette ogni giorno da 15 anni, ma c’è stato un momento in cui non trovavi niente di divertente, quando è scomparsa tua madre?

“In effetti, mi sono fermato perché non riuscivo a trovare niente di divertente, niente su cui mi andasse di scherzare. Paradossalmente, ho cominciato a scherzare sulla cosa che mi aveva fatto passare la voglia di ridere e, in questo modo, mi è tornata la voglia e la capacità di ridere. Soprattutto, mi fa piacere che sia riuscito a far ridere tante altre persone su qualcosa di così drammatico come può essere la perdita di una delle persone più importanti della nostra vita”.

Hai proprio detto che la cosa più bella è far ridere sulle cose brutte, e ti accompagna da sempre questa filosofia?

“Sì, io penso che far ridere necessariamente vada insieme alle cose brutte. Quando uno è felice, sorride; nelle cose tristi, uno è triste e io devo riuscire a farti ridere di quella cosa brutta, che possa essere una malattia, un lutto, una tragedia, un dramma, una disgrazia. Questo non significa togliere valore o gravità alla cosa brutta che è successa, ma renderla processabile, renderla digeribile”.

Hai iniziato tanto tempo fa con Sergio Staino e ora lavori da tempo per il Fatto Quotidiano con Marco Travaglio. Com’è il lavoro nella redazione e come è cambiato negli anni?

“Diciamo che io sono cresciuto insieme a loro, perché ho iniziato che avevo 22-23 anni. Lavorare in quella redazione è una sensazione di libertà incredibile. Scherzando, dico che loro sono più pazzi di me, io sono quello che deve cercare di autocensurarsi, anzi di censurare gli altri, perché alle volte c’è un continuo rincorrersi. È vero che siamo in un contesto in cui spesso la realtà politica surclassa la satira, ma fare satira in uno spazio di libertà come quello in cui mi muovo io da 15 anni penso che sia unico”.

Non sono mancati anche i momenti difficili in cui sei stato querelato o minacciato di querela. Come si esce da queste situazioni e come si fa, poi, il giorno dopo a ridisegnare su altre tematiche?

“Sai, se siamo riusciti a ridere e scherzare di roba terribile come perdere un genitore, anche le querele e queste cose lasciano abbastanza il tempo che trovano. Certo, nel caso delle querele non basta solo la risata, ci vuole pure l’avvocato. Però diciamo che bisogna pigliarsi, come diceva Troisi, la vita come viene”.

 

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