Si è tenuto questa sera al Centro Polivalente di piazza Duomo, alla presenza dell’assessore Paolo Strescino e del responsabile del settore non agonistico dell’Imperia Calcio Luca Oddone, un incontro tra l’arbitro imperiese di serie A Davide Massa e i giovani del settore giovanile dell’Imperia Calcio. In una sala gremita, Massa ha dapprima raccontato il lungo percorso che lo ho portato ad arbitrare nella massima serie e successivamente ha risposto alle tantissime domande dei giovani calciatori. In questa prima parte ecco la storia di Massa, dai campi di periferia alla serie A. La seconda parte, invece, sarà interamente dedicata alle domande dei bambini.
CHE COSA FA UN ARBITRO DI CALCIO IN SERIE A
“Io adesso che sono un professionista mi alleno cinque giorni alla settimana, perché per corriere dietro a un pallone che viaggia ai ritmi della serie A bisogna correre tanto. Studio calcio tutta la settimana, il che vuoldire guardare partite, studiare le situazioni di gioco, capire le tattiche di gioco delle squadre, studiare tutto della partita che si va ad arbitrare. Vuoldire andare in ritiro quattro volte ogni due settimane, vivere il ritiro con i miei compagni di squadra, che sono i 21 arbitri di serie A, andare nella sede della partita il giorno prima e stare due giorni con la mia squadra, ovvero l’arbitro, i due assistenti, il quarto uomo e i due arbitri addizionali di porta, preparare la partita insieme e andare ad arbitrare“.
“La cosa più importante, che volevo far passare e che pochi sanno, è che un calciatore la partita la vince e la perde, questo lo sappiamo tutti, pochi sanno che un arbitro anche la partita la vince e la perde. E io ora che sono un professionista, che vivo di questo, tutta la mia settimana dipende dal vincere o perdere la partita. Questo significa che non è indifferente fare bene o fare male in partita, da una partita dipende la mia carriera, la mia stagione, la mia valutazione. La mia squadra è felice se a fine gara si azzecca tutto e se si conduce una partita alla fine nella maniera giusta, la mia squadra ha perso possibilità di carriera, ha perso il risultato, ha perso una settimana di lavoro se la partita è andata male. E questa è la cosa che più mi faceva piacere farvi passare, perché mi rendo conto che dall’esterno, probabilmente perché non ci si conosce bene, perché il nostro mondo non è così interessante, la gente va allo stadio per vedere i calciatori e non per vedere l’arbitro, vengono avanzate delle critiche che sottintendono un poco rispetto verso l’uomo che c’è dietro l’atleta. Io credo che raccontandovi queste poche voi possiate capire che non esiste un atleta che lavora tutta la settimana per fare bene e poi va in campo per fare male. A fine anno di 21 arbitri ci sono gli ultimi due della classifica, in serie A ci sono 20 squadre, le ultime 3 retrocedono in serie B, noi siamo 21 arbitri, gli ultimi due in graduatoria ogni anno a fine stagione lasciano il gruppo, che non vuoldire retrocedere, vuoldire andare a casa, per un arbitro finire la carriera. Per un arbitro non esiste la retrocessione, un arbitro o mantiene la categoria o la carriera è finita“.
COME NASCE LA MIA STORIA
“La mia storia nasce da due sconfitte, la prima, volevo fare il calciatore e non ce l’ho fatta, la seconda, io ho fatto due anni l’arbitro senza sapere perché lo stessi facendo. Cioè, provavo a fare qualcosa che non mi divertiva, non mi piaceva. Non sapevo se fossi bravo o no, la facevo così, come se facessi un’altra cosa. Poi un giorno, il mio presidente di allora, figura carismatica, che ha dato tantissimo a me, a Maurizio (Viazzi, ndr), mi viene a vedere in una partita, io non sapevo ci fosse, entra nello spogliatoio ancora prima che io faccia la doccia e mi dice ‘guarda, non ha neanche senso che io aspetti che tu finisca di fare la doccia, la partita che hai arbitrato è incommentabile, ma non perché tu abbia fatto male, perché a dir la verità i falli li hai visti, il fuorigioco lo ha visto, ma arbitri senza entusiasmo, come se facessi qualunque altra cosa. Allora trovati una ragazza della tua età e passali con lei i sabati pomeriggio. Arrivederci. Da quel momento ho pensato che valeva la pena provarci e ora sono qui, a 33 anni, arbitro internazionale“.
“Questo è per dirvi come è nata una carriera. Da li in poi ci sono state delle qualità tecniche, la mia famiglia, anche un pò di fortuna. E a distanza di anni mi trovo qui. La cosa bella, perché se no sembra soltanto una favola, è che la mia storia è nata da due sconfitte e questa è la cosa che deve passare“.
FOTOSERVIZIO ALESSANDRO DEL VENTO