“Ho voluto provare a vedere quale può essere il ruolo della scuola quando le cose vanno male, quando c’è bisogno di cominciare a progettare e guardare avanti“. Lo racconta Raffaella Romagnolo, protagonista della seconda serata della rassegna culturale “Un libro aperto”, in via Antica dell’Ospizio, organizzata dall’Associazione Settecinque in collaborazione con il Comune e la Libreria Ragazzi di Imperia.
La scrittrice, affiancata da Donatella Alfonso, ha presentato il suo ultimo romanzo, “Aggiustare l’universo”, con il quale si è classificata al quarto posto al prestigioso Premio Strega 2024.
Originaria di Casale Monferrato, Raffaella Romagnolo oltre ad essere una scrittrice di successo, è anche un’insegnante presso un istituto tecnico e scrive articoli e recensioni per diverse testate giornalistiche tra cui “Il Secolo XIX”, “Grazia” e “Io Donna”. La sua carriera letteraria ha avuto inizio nel 2007 con la pubblicazione del libro “L’amante in città” per la Fratelli Frilli. Da allora, il suo percorso è stato un crescendo che l’ha portata a essere candidata al Premio Strega già nel 2016 con il romanzo “La figlia sbagliata”, con il quale è entrata nella dozzina.
Con “Aggiustare l’universo”, Raffaella Romagnolo non solo ha ottenuto il quarto posto al Premio Strega 2024, ma ha anche vinto lo “Strega delle biblioteche”, il premio assegnato dalla Società Dante Alighieri. Inoltre, è attualmente candidata al “Premio città di Alassio”.
“Aggiustare l’universo”, edito da Mondadori, è un romanzo ambientato nell’Italia del dopoguerra, che narra la storia di un’insegnante fuggita dai bombardamenti di Genova durante la Seconda Guerra Mondiale e del suo legame con una allieva silenziosa, alla quale cerca di restituire serenità e speranza . Un’opera di ricerca storica attenta, che offre un racconto profondo che invita i lettori a riflettere su un periodo storico cruciale.
Imperia: Raffaella Romagnolo, finalista Premio Strega, racconta “Aggiustare l’Universo”
Perchè ha scelto di raccontare proprio quel momento storico?
“Io volevo scrivere un libro di scuola, quindi questa era la prima idea. Poi ho scelto di ambientare la storia principale di questo libro in un anno scolastico che aveva delle caratteristiche particolari perché era il primo anno dopo la fine della guerra, un anno di ricostruzione e ripartenza. Era una condizione che sentivo affine al momento che stavo vivendo mentre scrivevo. In gran parte questo libro è stato scritto durante la pandemia, con le scuole chiuse e un senso incombente di crisi e tragedia da superare. La scuola ha avuto un ruolo essenziale: a nessuno è mai venuto in mente di chiudere le scuole. Abbiamo chiuso tante attività, ma quella no, e abbiamo trovato il modo di farla funzionare.
Questo era un po’ il senso: provare a vedere quale può essere il ruolo della scuola quando le cose vanno male, quando c’è bisogno di cominciare a progettare e guardare avanti. Poi, certo, sono anni particolari. Questo succede sempre: a scuola si porta il proprio vissuto. La maestra protagonista, che si chiama Gilla, è una giovane donna e c’è anche un’allieva particolare, Francesca, che si ritrova in quinta elementare. Entrambe hanno un vissuto pesante, e io torno indietro per poterlo raccontare, non solo all’inizio della guerra ma addirittura al 1938, l’anno delle leggi razziste”.
La tematica degli Hidden Children è poco affrontata. In questo libro, come vive la condizione di bambina ebrea che deve nascondersi e iniziare una nuova vita?
“Sono storie non così raccontate: abbiamo una coscienza di ciò che è stata la Shoah che passa anche attraverso il cinema, ma il cinema spesso ha raccontato le storie degli ebrei d’Europa più che le storie degli italiani di appartenenza ebraica, che non ebbero le stesse vicende degli olandesi o degli ebrei dell’Europa dell’est. Sono vicende assolutamente tragiche, ma furono costretti ad attraversare prima lo stillicidio delle leggi razziali, con un progressivo restringimento delle possibilità, e poi, con l’occupazione nazista, il pericolo di essere catturati e sterminati. In questo incrocio di cose si situa la vicenda dei bambini ebrei, vittime senza voce dei conflitti e delle guerre. I bambini appartenenti a famiglie ebraiche hanno dovuto spesso lasciare le loro famiglie per ragioni di sicurezza, disperdendosi per avere più possibilità di non essere individuati e catturati. È quello che capita alla bambina protagonista di questo libro”.
Si aspettava di essere selezionata tra la sestina del Premio Strega? Come ha vissuto questa esperienza?
“È stata una grande festa e una grande gioia fin dall’inizio. La selezione nei 12 è stata una soddisfazione enorme. Naturalmente uno spera sempre, ma quando succede è sempre una grande soddisfazione. Abbiamo fatto un lungo tour con gli altri membri della sestina e con gli autori degli altri libri selezionati. Abbiamo percorso quasi 15.000 km insieme, ed è stata un’esperienza umana bellissima e molto arricchente, al di là del premio”.